Categoria: amnesie
Gli Improbabili appuntamenti di Annabelle Bronstein #3 – Bucce di banana
Lost in Translation Amici Edition
N.B. La foto del Manzo in alto è puramente casuale, e non riguarda l’Amico di Maria di cui sopra.
Senza Titolo.
Le figure di merda di Annabelle Bronstein: il professore della commissione il giorno della Laurea.
L’importanza di avere un procuratore sessuale – Parte Seconda
Tornavo da una nottata di lavoro massacrante. Ero stanco. Ma non avevo sonno. Avevo solo una gran voglia di scopare. Avere dei sentimenti del genere di primo mattino dopo dieci ore di lavoro non sono affatto normali. Me ne rendo conto. Ma forse è anche per questo che faccio la differenze, diciamocelo. Torno a casa, accendo il pc, e su msn trovo l’invito del mio procuratore sessuale. “Alle 10 da me. Siamo in otto, se vieni anche tu. Ci sarà da divertirsi”. Rispondo che ci devo pensare, e che voglio solo sesso sicuro, vista la situazione. Mi risponde che se ci devo pensare per quel motivo allora non ci devo pensare e devo andare da lui. Ma che screanzato. Però rimango affascinato. Insomma avevo voglia. Eccome se ne avevo.
Però non era giusto mentire. Insomma quell’idea mi stuzzicava. Era sempre stata una mia fantasia. Ancora inappagata. Prendo tempo. Intanto mi doccio, e mentre mi fonavo il ciuffo decidevo concretamente di raggiungerli. Venti minuti più tardi, che in realtà mi sono sembrati molti di più visto che ho preso treno, metro e autobus arrivo sotto casa del mio procuratore. Entro in quest’appartamento enorme e finemente arredato, e trovo Arnaldo intento a bere un bicchiere d’acqua. Manda giù il sorso e rompe il silenzio: “Sei arrivato per primo. Vuoi mangiare qualcosa? Faccio un caffè?”.Mi sembra molto più carino e educato dell’ultima volta che lo visto. Comunque no, no, no e ancora no. Non mi va assolutamente niente.
Sono già eccitato e tutto si mischia ad un non so che di ansioso. Comincio a fare discorsi vaghi, lavoro, relazioni finite e mentre parlo la cucina si riempie. Siamo in sei. Gli altri “invitati” hanno tutti circa trent’anni e sono molto carini. Arnaldo interrompe un’interessantissima conversazione sul probabile terremoto che colpirà Roma l’undici maggio (è aprile ancora, ndr). Ci invita ad andare in salotto con una raccomandazione “Non mettetevi sul divano, è rotto. Rischiate di ritrovarmi con il culo a terra. Appoggiateci soltanto i vestiti!”. Mentre termina queste parole due sono già nudi, io mi sento un po’ fuori luogo a dire il vero. Ma quando ancora cercavo di comprendere come rompere il ghiaccio, questo si è rotto da solo.
Circondato da tre ragazzotti che mi agguantano a loro e intentiamo un’improbabile pomiciata a quattro. Con esiti positivi. Pazzeschi direi. E non mi è affatto dispiaciuto: lingue che si cibavano di me, insaziabili, a malapena mi lasciavano respirare. Ero circondato da mani che mi si aggrovigliano alla vita e mi tiravano verso di loro. Ero basito. In un secondo in due si sono messi a spogliarmi e a baciarmi ovunque. Poi hanno suonato alla porta. Ci siamo fermati tutti, di colpo, come se qualcuno avesse tolto la corrente. Ho potuto sentire i loro respiri agitati quasi all’unisono. Il procuratore è andato a fare gli onori di casa e altri cinque invitati si sono uniti a questo inusuale party. Di li a poco i movimenti si sono dimezzati quasi del tutto.
Ovunque mi girassi ero circondato da mani, lingue, braccia, gambe e altri arnesi di varia grandezza. Erano tutti tremendamente sexy, buttati uno sull’altro quasi. Si sono formate coppie, diventate poi troppie e anche quartetti. Ero avvolto dal calore dei loro corpi che cominciava a darmi una certa sicurezza nei movimenti da compiere, che diventavano sempre più fluidi nonostante il caos che manco al concerto di Lady GaGa. Ovviamente io avevo il mio preferito, Fabio. La mia stessa età e l’aspetto da bear ma non troppo. Con un bel fisico, e un giusto equilibrio nelle proporzioni. Mi baciava e si stringeva a me forte. Ero accoccolato su di lui e ci bisbigliavamo negli orecchi. Aveva un’aria dolce. Ma il campanello disturbava ancora quell’incontro.
Di nuovo tutti immobili come marionette. Arnaldo ha raggiunto il portone e poco dopo ci ha raggiunti di nuovo con un altro ragazzo. Bono da morì. Rasato, fisicato, pieno zeppo di tatuaggi, bono da strizzare le mutande dopo quattro nanosecondi. Si è unito anche lui. La cosa è durata per circa due ore. Senza freni. Ognuno ha dato libero sfogo alle proprie fantasie, con tutte le precauzioni e accortezze possibili. Fino a che non abbiamo raggiunto l’orgasmo. Quasi tutti insieme. Bè non scendo nei dettagli, ma la situazione era umidiccia. Molto. Di li a poco il fuoco si sarebbe spento, e lentamente ci saremmo iniziati a ricomporre. Io sono fuggito quasi subito e dietro di me ci è venuto anche quel Fabio lì.
Mi ha accompagnato persino alla metropolitana. Ci siamo ripromessi di vederci ancora. Non è ancora successo, e forse non accadrà mai. Dopo quella volta il mio procuratore mi ha invitato altre volte, ed ho sempre declinato gli inviti. Diciamo che per una volta mi è sembrato un po’ troppo. Sono dell’idea che bisogna fare quel che si vuole e che si debba poter provare tutto. Ma le esagerazioni estreme non vanno mai bene. Tutt’ora Arnaldo mi propone cose. Sempre stuzzicanti, si, ma non riesco ancora ad accettare. Insomma forse non è detto che io debba aver bisogno proprio di questo, non ancora per lo meno. Non vi sembra?
L’importanza di avere un procuratore sessuale – Parte Prima
Credo di avere un procuratore sessuale. Si. Dunque partiamo dal principio. Quando ero una ragazza di Prati, ovvero due anni fa oramai, ho conosciuto questo tipo al bar di Piazzale Clodio. Io avevo preso un caffè. Lui mi fissava. E poi ammiccava. Pelato, bel fisico, leggermente oltre i trentacinque un po’ più basso di me, ma in definitiva non male. Ma ero in un bar, ed erano le 10:30 del mattino, dettagli che non mi davano, ancora, alcun sensore di quello che sarebbe successo. Quella mattina andavo anche abbastanza di fretta poiché avevo ben tre case in zona da vedere. Per cui finito il caffè l’ho lasciato in quel bar. Ma quasi immediatamente mi sono reso conto che il tipo mi stava seguendo.
Ho ovviamente fatto il vago. Volevo vedere fino a che punto. E il punto lo ha messo egli stesso dopo circa venti minuti in cui mi seguiva per strada. Mi ha fermato con una sigaretta tra le dita: “Scusa, avresti da accendere?”. “Si certo” rispondo sempre più vago, ma in men che non si dica mi sono sentito in dovere di puntualizzare che se c’era una stalker, sicuramente, ero io: “Certo che a quanto a fantasia siam messi proprio bene, è da almeno tre ore che mi segui, non hai avuto modo di elaborare niente di meglio? Suppongo che hai qualche curiosità?”. Si. Ho letto il panico nei suoi occhi. Panico e sgomento. Sicuramente non si aspettava una risposta del genere. E infatti si è fatto subito rosso in faccia, e una testa pelata tutta rossa è sicuramente più appariscente di un normale imbarazzo.
Dopo qualche secondo per capire dov’era e cosa stava facendo ha rotto ogni indugio: “Bè se la metti su questo piano, dal momento che ti ho visto mi è venuto duro, e pensavo ad una scusa per invitarti da me, visto che abito qui nei paraggi”. Apperò. Al Principe è caduta la corona. Ma come è possibile che esistono persone che ti abbordano così. Insomma offrimi un succo di frutta alla banana con un cubetto di ghiaccio e un’idea di latte (il mio preferito) e fammi fare quattro risate. Fammi capire che ti piaccio in un modo più carino e poi forse un giro di svalalalasss ce lo facciamo pure. Ma fine a che punto siamo arrivati? E come ci siamo arrivati, soprattutto? Avevo deciso di tirarmela, e non poco. Perché mi rodeva il culo.
Perché ancora trovavo una casa sufficientemente economica e decente. Per cui, avevo deciso, che lui avrebbe pagato per tutti gli altri: “Ti ringrazio per l’invito ma oggi ho troppo da fare, magari un’altra volta, con un invito diverso anche, ovvio che mi fa piacere se ti è venuto duro, però ecco avevo in mente qualcos’altro…”. Ottimo. Si. Equilibrato ma non acido. Il giusto compromesso. E lui: “Bè, ho capito, forse sono stato un po’ inopportuno. Posso chiederti il numero, magari ci sentiamo con più calma?”. Solo un po’ inopportuno? Io direi tanto. Ma non è questo il punto. “No guarda non credo sia il caso, poi, ecco, ultimamente mi sento con una persona e non mi va. Semplicemente”. Bè sono stato anche fin troppo diplomatico, penso. Ma lui insiste.
“Ah e che problema c’è? Io anche sono fidanzato!”. Senza vergogna. Ero quasi pronto a una mega venduta di pesce per strada. Pronto a far girare i pedoni e a far fermare le macchine. Pronto a cantargliene quattro sul come si sia permesso di rompermi le palle, e sul “piccolo” dettaglio che riguardava il suo fidanzato. Quando lui mi interrompe, di nuovo, con una domanda a trabocchetto: “Dammi almeno il tuo contatto msn, e facciamo due chiacchiere lì, così tanto per conoscerci”. Decido, per cui, di volermelo togliere di mezzo con il contatto e fuggire nella direzione opposta per seminarlo definitivamente. Ripromettendomi di non accettarlo mai tra i miei contatti per nulla al mondo. Lo saluto e mi congedo. Addio.
Sei mesi dopo. Una caldissima domenica di agosto, mentre mi infilavo ghiaccio nelle mutande per sopravvivere al caldo tropicale della capitale ricevo una notifica su msn: “Arnaldo (nome di fantasia inventato per l’occasione) vuole aggiungerti ai suoi contatti”. E chi straminchia è, adesso, Arnaldo??? Vabbè accetto. Comincio a parlare del più e del meno con tale Arnaldo, che mi dice di amare gli animale e di avere un cucciolo di fox terrier, che abita a Prati e fa il commesso in un negozio di animali. Che dolce, penso, ama gli animali. Gli chiedo dove abbiamo scambiato il contatto, e mi racconta di una giornata fredda ma soleggiata di metà febbraio, in cui in un bar di Piazzale Clodio gli è venuto duro mentre mi guardava bere un caffè. E figuriamoci se avessi preso un cappuccino!
Immediatamente il cervello mi ha fatto clac. Ed ho ricollegato l’essere in questione. Ma da quel giorno afoso ci sono state solo chiacchiere. Fino a quando capita l’antifona ha cominciato a introdurmi ai suoi amici. Bè ottimi amici, direi. I migliori. Una serie di toroni ignoranti che ne avevano davvero di bendonde. Personaggi rupestri, e dediti alla palestra e al rimorchio. E mentre io accettavo contatti su msn, lui poco a poco diveniva, senza che io lo volessi a dire il vero, una sorta di procuratore sessuale. Il tempo poi è volato, e in quasi due anni di planning organizzati per vederci alla fine l’ho sempre solato. Fino a quando lo scorso aprile, complice la mia solita isteria per un interesse non corrisposto, ho mollato la presa. Gli ho finalmente accordato un incontro.
Tutto il resto però ve lo racconto nel prossimo post, solo ed esclusivamente perché devo cominciare a scrivere post più brevi, e forse, è proprio il caso che io cominci proprio oggi, si si si! 😉
28! E non sono mica cm.
Il dramma dei ventotto. Avere ventotto anni e non sentirseli. Parole, dettagli, che a cavallo del cambio di età mi assalgono e mi devastano. Insomma a chi non è già successo alzi la mano. Ma a sentire quelli che mi stanno intorno, che di solito hanno un’età media molto più alta questo non dovrebbe essere un problema. No, infatti e perché dovrebbe. D’altro canto ho appena ventotto anni. Ventotto. A diciotto, la mia vita è cominciata, per tutto quello che significa, a ventotto di certo non finisce, faccio le corna, sicuramente ho tanto altro da fare, e dire, ma perché io mi sento un fallito comunque? Quando cominci a crescere, e inizi a vivere in maniera autonoma, magari lontano dalla famiglia ti rendi conto che la vita è fatta di altro, e che inizi ad avere bisogno finalmente di una figura affianco.
Ecco. E’ questo il punto, perché io la necessità di avere una persona affianco la sento, e anche da diverso tempo, ma sono arrivato al punto che accanirsi nei confronti di questa necessità diviene inutile. Fuori luogo. Certo è che il mio atteggiamento, molto libertino se me lo permettete, sicuramente non aiuta. Non che io lo sbandieri a chiunque incontro, però devo ammettere che sinceramente parlando forse sono io stesso a non riuscire ad andare oltre una scopata. Perché se uno si incontra e scopa salta, inevitabilmente, tutti quegli step obbligati quando si incontra qualcuno. Ma poi, qualcuno lo abbiamo mai incontrato? MMmmm. Quanti di voi hanno incontrato colui che poi è diventato il vostro ragazzo? Che so. In libreria. Al bar. In palestra. Oppure all’università, al lavoro.
Si inizia con gli sguardi. Un saluto. Una parola. Per poi passare alle chiacchiere vaghe. Ai sorrisi. E infine il vero e proprio primo appuntamento. Quando mai qualcuno di voi ha vissuto una cosa del genere? Cioè se vi è successo scrivetemelo perché io non ci credo che esistano coppie che si conoscono ancora in questo modo. Sarò strano io. E non ci piove. Ma si può arrivare alla conclusione che non esiste una metà solo per me là fuori. E so che state pensando: più ci pensi e più tarda ad arrivare. Ma si può vivere con l’assoluta certezza che non debba farmene un problema, quando invece a mio avviso questo è un serio problema. Riflettiamo: se non lo trovo ora, che sono ancora giovane (permettetemelo) cosa accadrà tra una decina di anni?
Ma non è tutto. Perchè quando una volta entravo in un locale, o in un qualsiasi luogo di aggregazione gaio le persone si giravano. E non perché facevo necessariamente una pessima figura delle mie. Ma perché le persone ti guardavano perché erano interessate. Adesso no. Adesso se vai in un locale stanno tutti con gli occhi sul melafono a controllare Grindr. Come se parlare attraverso un’ applicazione fosse più stimolante che parlare faccia a faccia davanti a una bibita. Cose dell’altro mondo. Ma un’ultima riflessione mi sconvolge. Forse. E sottolineo forse. Non è che desideriamo troppo? Ma, in altro modo, sarebbe corretto accontentarsi? Voglio dire, è corretto passare sopra a quelli che sono i punti cardine d’interesse in una persona per non rimanere soli?
E’ giusto accontentarsi? E’ giusto passare oltre su una cosa così intima e personale. Andiamo dobbiamo sacrificarci in tutto nella nostra vita, dobbiamo farlo anche in questo? Io non voglio. Io so che cosa vuol dire in qualche modo innamorarsi. Sentire quella strana sensazione nello stomaco. E voglio riviverla. Ma in cos’altro sbaglierò non me lo spiego. Eppure molti, molti mostri si incontrano e girano liberi di sbandierarci il loro amore in faccia come se niente fosse. Ecco allora che forse diviene indispensabile accontentarsi. E’ probabile. Ma è probabile anche il contrario. Ovvero che aspetterò fino a quando avrò la voglia di aspettarlo. Mi sembra più che giusto. Voi cosa fareste al posto mio? Ve la dareste una chance? Intanto, proprio ora, io compio 28 anni.
Il gay emancipato, ovvero un post ingarbugliato
Quando si parla con un gay, è facile notare come questo si ponga nei confronti dello stesso mondo omosessuale. Di solito si presenta sempre come un anticonformista, che non giudica se non conosce, che non concepisce la discriminazione perché rispetta tutti. Che fa la raccolta differenziata. Legge tantissimo. Va al cinema. Ha tanti amici. Che vuole trovarsi casa da solo per non pesare sulle spalle della famiglia. Che sta bene così, che non si sente solo, perché ha tanti amici e che non vuole storie. Che deve capire prima se stesso e dove sta andando. Adesso, pensateci un attimo. Ditemi che non conoscete qualcuno che si descrive così. Addirittura potreste essere persino voi stessi.
Ma non posso prendermela. Affatto. Mentre tanti gay parlano di queste cose, io invece le ho fatte tutte. Mi sono trasferito, mi sono trovato un lavoro, ho la mia indipendenza e blablabla. Primo dettaglio importante. Diffidare da gente che esordisce con io qui, io sto bene come sto, io su, io giù. Louise di St. Louise ci ha insegnato che se siamo qui, è perché siamo alla ricerca dell’amore. O del sesso. O di qualsiasi cosa che gli possa vagamente somigliare. E che forse è ora di finirla di dire balle a cui non crede più nessuno. Ora, perdonate la premessa, ma andava fatta. E poi capirete anche il perché. Dopo ben quattro sole, ricevute da il Coetaneo Assente dei Castelli io ci avevo già messo una pietra sopra.
Quando una sera di inizio ottobre, lui, sorprendendomi al quanto, è riemerso dal dimenticatoio del mio msn. Un posto dove trasferisco tutti i contatti quando credo e suppongo si sia esaurita la loro permanenza nella mia vita. Credevo male. Non avevo fatto i conti con il suo essere aperto al pensiero positivo e al dare sempre nuove possibilità. Eccheculo. Ma lui esordisce sempre con il solito “Ciao, come stai?”. E io ho ricominciato a rispondergli, prima con molta vaghezza, poi rendendolo partecipe sempre di più del mio quotidiano, guardandomi bene, però, dal proporgli un’uscita. Onde evitare la quinta sola. Visto che, ecco, mi era parso di capire che erano molto simili ai drammi. Sempre dietro l’angolo.
Per tutto il mese ci siamo sentiti. Mi cercava, mi diceva di lui, sempre e comunque sottolineando di essere super impegnato con le amiche, gli amici, di non avere mai un attimo per respirare. Ha sostenuto ogni volta di avere una routine frenetica che io, secondo lui, non potevo capire. L’ho fatto cuocere nel suo brodo per tutto il mese. E siccome, prima di essere Annabelle Bronstein, sono pur sempre un emerito stronzo, ho giocato ad armi pari. Con la sola differenza che io, cose da fare, le avevo davvero. Impegni, uscite con gli amici e incontrare ragazzi da una botta e via erano tutta roba che ho continuato ad avere, perché, in realtà, sapevo dentro di me che da parte sua non c’era sincerità.
E lo sapevano molto bene anche Guy, Ga, la Burina, Tata, Ciù Ciù e il Signor Wilson, che erano quasi tutti unanimi nel dirmi di non farmelo piacere troppo. Perché anche loro avevano il dubbio che poteva essere tutto un fuoco di paglia. Arrivata la partenza per il concerto di Lady GaGa però, devo ammettere che io, beh, non potevo definirmi non coinvolto. Insomma, a me il Coetaneo Assente dei Castelli piaceva. E non potevo far finta del contrario. Per cui, nonostante io non volessi, ero lì che in qualche modo ci ero già dentro fino al collo. Con Guy soprattutto cercavo di tornare con i piedi a terra. Ma questa volta le cose erano diverse. Lui mi chiamava, mi messaggiava, mi teneva informato di tutto ciò che gli accadeva.
E anche Guy, in qualche modo, ha creduto che fosse sincero. Fino a che, un bel giorno, il Coetaneo Assente mi chiede i programmi del weekend perché, forse, era arrivato il momento di vedersi. Giubilo in tutto il regno. Per la prima volta ero riuscito a rendermi talmente interessante che qualcuno finalmente mi aveva chiesto di vederci. E non io. Lui. Per cui, un po’ per non far vedere che stavo solo ad aspettare un suo cenno, ho deciso di inventarmi un impegno per il venerdì sera, e la libertà assoluta il sabato. La domenica lavoravo mentre il lunedì ero di nuovo off. Proprio mentre pensavo di avercelo in pugno, il primo coltello raggiungeva la colonna all’altezza di L1-L2. Lo so dettagli inutili.
Venerdì non c’era, sabato nemmeno, per non parlare del lunedì. Era libero solo domenica. Merda. Merda. Merda. Vabbè, non è una sola. Siamo persone impegnate e mature. Aspetterò che mi proponga un altro giorno. Penso. Passa un’altra settimana, durante la quale ci sentiamo, in maniera sempre non troppo opprimente, e rimandiamo al sabato successivo. Il venerdì sera però, mi dice che non riesce proprio, perché ha da fare con la madre, e che sarebbe meglio rimandare a lunedì. Provo a insistere e gli dico che se vuole lo raggiungo io ai Castelli dopo cena. Ma lui preferisce di no, piove. Cosa? Ti dico che da Roma Nord me ne vengo ai Castelli e tu rifiuti perché PIOVE? Seguo ancora una volta il consiglio di Guy, freddo e distaccato. Ed evito le polemiche.
Rimaniamo per il martedì successivo, da confermare, anche se so che dovrò lavorare, ma evito di dirglielo. Ho voglia di vederlo. Ho voglia di baciarlo. Ho voglia di stringermi a lui. Il martedì arriva, e lui si ricorda che il giorno dopo parte per la Sardegna per quattro giorni e che martedì deve assolutamente finire di sistemare le valigie e tutto quello che si deve portare. Che poi, che cazzo vai a fare in Sardegna a novembre? Boh. Nonostante io abbia quasi voglia di aprire il forno, accenderlo al massimo e ficcarci la testa dentro, mi rassegno e decido di attendere senza fare pressioni. Decido di essere presente, ma solo il minimo consentito e di aspettare il suo prossimo passo. Paradossalmente mi stupisce.
Durante la sua permanenza in Sardegna, ogni giorno si fa sentire via messaggio. Mi racconta le sue giornate, della bellezza di quel posto e del brutto tempo. Un po’ sorrido. Insomma chi di voi non gli avrebbe augurato almeno un po’ di pioggia? Al suo rientro, finalmente i tempi sono maturi. Mercoledì primo dicembre sente finalmente il bisogno di suggellare la nostra conoscenza con un incontro. Io non rifletto sulla data e dico di sì. Lui propone un cinese e di vedere assieme l’ultima puntata di Glee. Io ci sto. Anche se ero sicuro che avrei dovuto fare qualcos’altro il primo. Poco male, penso. Andremo a cena insieme e poi vedremo Glee. Un pazzescherrimo, dignitoso, primo appuntamento.
Continuiamo a sentirci nei giorni successivi, aggiungendo dettagli alla serata. Decido anche l’outfit. Insomma tutto è perfetto e preciso. Ma il dramma è sempre dietro l’angolo. Sempre. E solo il giorno prima ricordo, come se vivessi un incubo, che il primo in realtà io ho la fottuta cena di lavoro, con tutti i miei boss, alla quale non posso mancare visto che si sta seriamente parlando per una mia promozione. Merda. E adesso? Cosa straminchia faccio? Decido di essere sincero e gli dico che avevo dimenticato questo dettaglio. E che non posso rifiutare. Lui appare dispiaciuto, ma comprensivo. Anche se sottolinea che si tratta del quinto appuntamento che salta. Io gli faccio notare che è il primo che salta a causa mia. E che non mi scassase il cazzo. No?
Lui però, decide che ci vedremo lo stesso, il giorno successivo. Il giovedì. Che a me, penso, può comunque andar bene. Il primo dicembre arriva, e io vado alla fottuta cena di lavoro. Quando rientro a casa accendo il pc e lo trovo in linea. Lui mi dice che ha passato la serata a casa a fare la maglia. A me sembra strano. Penso subito che sia un modo di dire. Invece insiste, e dice che è stato tutta la sera a lavorare ai ferri ed ha quasi finito un maglione. Insomma, non posso crederci. Penso che sia tutto molto ironico, ma ciò nonostante non ci trovo nulla da ridere. Lui accende la cam e me lo trovo lì, con i ferri e il gomitolo alle prese davvero con una maglia. Sono senza parole. Può un ragazzo di ventisette anni passare una serata a fare la maglia?
Decido di sorvolare anche su questo dettaglio, e immagino un maglione con una renna ricamata da lui in persona come regalo di Natale. Penso che non sia il caso di soffermarmi troppo su questo dettaglio. E stanco lo saluto rimandandolo all’incontro del giorno successivo. “Ah si per domani sera forse salta tutto, non riesco ad incastrarti”. Cosa? Ma cosa dice? “Incastrarmi tra cosa?” chiedo fingendo poco interesse. Lui mi dice che il pomeriggio deve vedersi con il ragazzo di una sua amica per organizzarle una festa a sorpresa, e che poi andrà a cena dalla sorella per organizzare il compleanno del nipote di cinque anni. “Cosa sei una Birthday-Planner adesso???” penso tra me e me.
Ma non glielo dico. Insomma mi viene immediatamente la voglia di prenderlo a calci in culo. Gli chiedo come mai non me ne avesse parlato il giorno prima, visto che, ecco, sicuramente ne era al corrente. E gli chiedo se ci sia qualcosa che non va, visto che rimanda ogni sorta di appuntamento. Lui si sente in dovere di dirmi che beh, è colpa mia se non ci siamo visti perché avevo una cena di lavoro. E che lui si era lasciato tutto il giorno per me, e infatti era a casa a fare la maglia. Avvampo per i nervi con la voglia di strozzarlo con la sua stessa cazzo di lana. Dico che lui mi ha solato molte più volte, e che non mi sembrava giusto ora rinfacciarmi una cosa del genere visto che si trattava di lavoro.
Lui allora, avverte la necessità di sottolineare che non vuole giustificarsi con me. Che non ne ha bisogno, né la situazione lo prevede. Che mi può stare anche bene. Ma io gli faccio notare che non voglio giustificazioni, ma solo che ecco, poteva anche dirmelo che ora la sua occupazione preferita era organizzare compleanni. Da lì ne nasce una discussione che lui smorza con commenti tipo “non posso farci nulla”, “faremo un’altra volta” e “non mi sento di dirti altro”. Io passo allo sbrocco e gli dico immediatamente che per me può bastare così, e che non ho intenzione di perdere altro tempo con lui. E il Coetano Assente fa subito la mossa che avrebbe dovuto evitare. Acconsente senza battere ciglio.
Io, preso da istinti omicidi, decido di rendergli noto che la sua era tutta una finta, che mi aveva presa in giro e che non volevo più saperne nulla. Lui conviene con me, dice che secondo lui siamo incompatibili caratterialmente (non capisco come faccia a dirlo, visto che praticamente non mi conosce), e passo ad offline. Bene. Cazzo. Vaffanculo. Mi sento forte ed ho bisogno di affermare a gran voce la mia dignità. E lo faccio, mi prometto di sfancularlo. E forse è già accaduto. Mentre mi convinco di aver fatto la cosa migliore che potessi, per me stesso soprattutto, il giorno dopo lui riappare e ricomincia il gioco. “Ciao come stai?”
Devo andare avanti? No. Non credo ci sia bisogno. Vorrei solo capire però il senso di tutto ciò. E’ per questo che ora vi invito a rileggere la premessa, e a convenire con me che è difficile essere sinceri con gente che si comporta così. E che io, ciò nonostante, lo sono sempre stato. Ma il punto è un altro, ovvero che sostanzialmente il Coetaneo Assente dei Castelli è una persona sola. Tanto sola. Ma il fatto di solarmi, lo fa sentire meno solo. Perdendo di vista che in realtà le regole le fa da solo, e gioca pure da solo. Ovvero il cane che si morde la coda. Per cui, l’ho lasciato lì, a giocare da solo. E sì, ho fatto assolutissimamente bene. Lo so.
Ah, detto ciò, non so se ve ne siete accorti, ma è quasi Natale, e anche Annabelle si è vestita a festa. Enjoy 😉
Dolcetto o poracciaggine???
Avete presente questo spigolo? E’ lo spigolo del mio letto Ikea. Troppo basso e troppo in mezzo ai piedi per non sbatterci gli spizzelli ogni giorno. Quasi ogni giorno. Perché ci sono giorni in cui lo spigolo lo vorrei prendere a testate. Giorni in cui non riesco a dare una sequenza logica ai miei pensieri. Giorni in cui mi sono chiesto realmente quali siano le mie necessità. E sono sicuro, che in qualche modo, finalmente io le abbia chiarite. A me stesso, ad Annabelle Bronstein e a chi di solito mi ascolta delirare. Ma il delirio è solo una costante che accompagna le mie giornate. Che si palesa nel momento in cui io, non riesco a comprendere davvero perché alcune persone siano così dannatamente irreali.
Andiamo per ordine. Ho finalmente capito che il Signor Bollore ha un amante. Un amante troppo figo per competervi. Questo non vuol dire che io non mi senta figo. Affatto. Io sono molto figo per quel che mi riguarda. Ma ahimè non sono un Mister Gay Italia, e non ho alcuna fascia che mi cinge il petto. Non ho neanche un muscolo tonico. Ma questo non fa di me un mister qualcosa. Di tonico e allenato spero sempre di avere il cervello. E forse è proprio grazie a questo cervello che ho capito come stavano le cose. E’ servito un altro venerdì sera al Mucca per capirlo. Era palese davanti ai miei occhi, e a quelli di tutta la sala commerciale. Ma non dispero. Forse ho dato ancora una volta importanza a chi non se lo merita.
Però complimenti, fanno proprio una bella coppia. Per fortuna che sono una persona sportiva. Nell’animo. Perché nonostante i miei buoni proposito la mia dieta non decolla. Anzi. Proprio non la sto facendo. E’ forse questo è un altro motivo per cui io non mi voglio bene. Un altro dettaglio degli ultimi venti giorni riguarda il coetaneo assente dei Castelli. Dopo le sue ultime sole avevo deciso di non sentirlo più. Poi però mi sono lasciato convincere dalla Barbara D’Urso che è in me è gli ho dato un’altra possibilità. Abbiamo ripreso a sentirci al telefono. A scambiarci messaggi. Anche questa volta io gli stavo credendo. Ero lì quasi quasi per affezionarmi alla sua voce. Alle sue battute. Alla sua intelligenza.
Ma il lupo perde il pelo. E infatti il vizio di solare era lì, dietro l’angolo, come i drammi. Così siamo passati da un aperitivo che non si è più fatto. Un film, che non abbiamo mai visto. E una cena che nessuno ha mai cucinato. Quando si prevedeva la quarta sola, ho deciso di darci io un taglio, con un sms. Lo so, non si fa. Ma non mi si danno neanche 18457 sole in una settimana. Ed eccolo solo per voi, dopo un giorno di latitanza da parte sua: “Mi avrebbe fatto piacere sentirti e vederti. Ovviamente non è accaduto. E non voglio sapere neanche perché. Volevo dirtelo però”. Secondo voi mi ha risposto? Ovvio che no. Silenzio. E il silenzio di solito è più eloquente e chiaro di ogni altro bel discorso. Però, ve lo dico, lo apprezzato. Molto molto.
E poi veniamo al sesso. Questo mese ho fatto tanto sesso. Ho visto tante persone. Ho rimorchiato molto su Grindr. Su Gayromeo e anche su Bear. Alla grandissima. Avrò visto almeno cinque persone. Tutti e cinque carini. Che si sono descritti come attivi o versatili. E che appena arrivati, bè, erano evidentemente molto più passivi di me. Questo va benissimo, perché praticamente questo mese io sono diventato attivo. Almeno mia madre sarà soddisfatta di questo. Ma tra i tanti incontri deludenti, uno e solo uno è stato esaltante. Il Prof. quello della troppia si è preso un caffè con me. O meglio caffè sta per facciamoci una scopata. Io ovviamente non ho detto di no.
Grazie al cielo, anche la Troppia è finita. Dopo due mesi si sono accorti che non era una cosa tanto fattibile. Ah però. Una buona notizia finalmente. Diciamo che non me ne poteva fregar di meno. Perché ecco con Il Prof. è sempre molto bello fare solo una cosa. Lui ci sa fare probabilmente solo in quello. Ma vabbè cavalla golosa e soddisfatta ad Halloween, la festa di mostri, quindi la mia festa, sono andato al Muccassassina. Adesso io farò in modo che qualcuno del Mucca legga questo post. Perché vorrei fargli delle domande e porre delle questioni che a mio avviso sono molto importanti.
Capisco bene che c’è un Europride da organizzare e ci vogliono li pippi. Ma perché al Mucca devono entrare gli etero? Perché chi ha una fottuta tessera del Mario Mieli deve fare un’oceanica fila di un’ora e mezza al limite della sopravvivenza e vedersi passare davanti una marea di etero arapatissimi, una marea di frociarole parioline, e una marea di trans? Tutti poi che ci passano davanti. Che passano davanti ai tesserati. Questo è sempre stato un mistero per me. E poi perché fa riempire un locale all’inverosimile? Sono tutti quesiti che mi pongo, e che hanno solo una fottutissima risposta. Soldi. Money. Pippi. Dindi. Manderò una mail alla Praitano. Sono curioso, di sentire la sua risposta, se mai ci sarà.
Per il resto, finalmente ad Halloween la sala del secondo piano del Mucca ci ha regalato delle soddisfazioni. La musica era finalmente godibile e ballabile con annesse movenze dannatamente pop che hanno commosso tutti i presenti. Insomma finalmente eravamo tutti: io, Ga, Guy, Ciù Ciù e marito e Mauri. Eravamo del mood giusto. Ma appena arrivato sul quel dancefloor. Appena ho iniziato a scatenarmi, io ho fiutato la Sua presenza. Non ci avevo pensato minimamente che poteva esserci anche lui. Lo avevo talmente dimenticato, che in maniera del tutto sorprendente si era palesato. Sto parlando della Polpetta.
Che per noi, d’ora in poi sarà l’Innominabile. Era lì, più bello di sempre che si scatenava felice con i suoi amici. Qui lo dico e qui lo nego. Era bellissimo. In un secondo mi si è bloccato tutto. Le movenze sono andate a farsi fottere (almeno loro), e il mio cervello si è fissato su di lui. L’unico che a oggi, dopo anni, riesce ancora a darmi un senso. Si perché un senso credo proprio di averlo perso ultimamente. Ritornato in me, come se nulla fosse ho ripreso a ballare. Ho ripreso a fare finta di niente. Anzi. Ho cominciato a fare la stupidah. Si perché quando un animo ferito come il mio, si rende conto che non c’è n’è e soprattutto di aver torto marcio, in quell’istante per sopravvivere alla vergogna devi fare la stupidah.
Insomma in qualche modo si dovrà pur salvare la faccia e andare avanti. Ho far finta di, almeno. Ho cercato di ignorare, ma non riesco proprio a ignorarlo. Insomma a me piace. E forse mi piacerà per sempre. Ma il punto è che il vero schifo l’ho fatto dopo. Uscito da quel posto troppo pieno di gente troppo fuori di testa. Per l’ennesima volta ho buttato dal finestrino della macchina quel minimo di dignità che avevo. Accompagnato a casa Guy, mentre tornavo a casa mia, ho tagliato per il quartiere dell’Innominabile. Come sempre. Il punto è che ho acceso Grindr e lui era lì on line. Pallino verde. Mentre superavamo i semafori la distanza tra di noi diminuiva. 4 km… 2 km… 1 km… Zero. Alla vista di quello zero ho messo le quattro frecce ed ho accostato.
Mi sono acceso una sigaretta, e spento la macchina. Ho abbassato la musica e ho fumato con calma. Con il telefono tra le mani, invaso da una speranza inverosimile fissavo il pallino verde sperando che vedendomi lì, vicino a lui, mi scrivesse. Ho pensato che avrebbe potuto farlo. Ho pensato che ci saremmo potuti fare una chiacchierata rivelatrice e chiarificatrice. Ho pensato che forse avrei potuto rimettere a poste le cose, scusarmi e magari ricominciare da zero. Purtroppo dopo 5 minuti mi sembrava chiaro che tutto ero inutile. Quello che stavo facendo non aveva molto senso. E soprattutto stavo solo sognando ad occhi aperti. Perché lui, non c’era per me. Evidentemente.
Chiariti questi dettagli, questa mattina andare a sbattere contro lo spigolo del letto ha un non so che di giusto. Credo di averlo fatto quasi volutamente. Sono cocciuto. Però ecco, credo di aver segnato un nuovo limite di poracciagine con me stesso. Un nuovo mese è iniziato. Ed ora devo fare in modo che un nuovo me cominci a vivere. In maniera diversa. Insomma, c’è ne davvero bisogno. Soprattutto per me stesso. Non Annabelle Bronstein, lei no, quello vero intendo. Lei domani starà sicuramente meglio. Spigoli del letto permettendo.