Storicamente tutto quello che accade ad una persona nel corso della sua vita serve a creare, in qualche modo, il carattere, a formarsi e perché no a scappare davanti quelle situazioni in cui si mette in pericolo il cuore. Figuriamoci poi, se si tratta di me. Uno che nelle situazioni difficili ci si butta a capofitto. Senza mai pensare alle conseguenze. Senza mai pensare se quello che si sta facendo abbia senso o meno. Ritrovandosi poi male. Anzi come dici il mio amico Piergiorgio “Male male“. Perché rafforzare rende meglio l’idea. Così, dopo aver chiarito a tutti di essere uno zero, adesso penso di aver raggiunto un nuovo stato. Il niente.
Si perché se una settimana fa eravamo stretti a baciarci e a farne di ogni, oggi, invece è difficile comunicare. Oggi mi per me è rimasto un piccolo spazio che si consuma con qualche messaggio privo di ogni senso. Certo sono sicuramente io che pretendo da chi forse non c’è niente da pretendere, ci sono, ma è davvero difficile fare una telefonata? E’ davvero impossibile ritagliare uno spazio che sia solo mio. Per me? Evidentemente si. Evidentemente quelle quattro inutili cazzate scritte per messaggio, per lui hanno più senso scritte che dette. Per quanto sempre cazzate siano. Quando in realtà neanche mi interessano. E forse neanche a lui interessano dirle. Ma non so per quale vago motivo invece me le dice.
In realtà io sono in un punto di non ritorno totale. Non ho più interesse nel prossimo. Nessuno. Non mi va neanche più di parlare. Ed intorno a me mi guardano tutti come se fossi impazzito di colpo. Come se non fosse successo niente. Come se lui, andatosene via a 400 km da qui con il suo ragazzo abbia fatto la cosa più giusta del mondo. Forse è così. È il suo ragazzo è anche un altro aspetto importante. So cose di lui che a ripeterle mi vergogno. Ed io sono notoriamente uno che non si vergogna di niente. E mi sono state raccontate da un fidanzato stanco di tutto. Di certo non me le sono inventate.
Delle cose che non mi sognerei mai di ripetere. Dei dettagli di cui lui stesso mi ha messo a conoscenza, ovviamente. Dettagli che oggi sembrano avere un valore solo per me. Dettagli che in chiunque precluderebbero un futuro. In lui no. In lui addirittura sono stati utili a motivare un trasferimento. Perché lui di Roma si è rotto. Lui che di Roma non conosce niente. A lui è bastato solo parlarci con la sua dolce metà per sistemare tutto. Pensa quanto era semplice. Invece che finire sotto le lenzuola del mio letto bastava semplicemente parlare. A me ovviamente questa possibilità è stata negata. Per me non c’è stata alternativa. Io devo pensare ad altro. Io devo fare qualcosa. Come se non facessi niente dalla mattina alla sera.
Neanche l’ultima sera è stata come io la volevo. No. Perché lui aveva già deciso che avremmo fatto chiacchiere e ci saremmo divertiti, che nel suo idioma vuol dire vengo, ma non mi ti avvicino neanche se mi implori. E quindi arriviamo a venerdì sera. Quando se n’è andato via, dopo che mi ha dato l’ultimo contentino, un caffè dopo cena. Dopo una giornata pesantissima. Dopo una giornata che io non posso neanche immaginare. Io che mi alzo all’alba ogni giorno, che devo far filare tutto liscio finché non striscio il cartellino. Che devo riuscire a gestire tutto e far finta che vada tutto bene. Perché il mio tentennare seppur minimo crea tensioni, fraintendimenti e cose che neanche capisco più. E devo tenermi un messaggino di merda, che non sa di niente. Che non ha alcun valore.
Una fotina di lui che sorride che serve a sdrammatizzare quando io gli dico che per me è come se fosse morto, perché non posso sentirlo. Non posso telefonargli perché non mi risponde. Anzi risponde con un altro messaggio. “Non posso parlare, ci sentiamo dopo”. Il dopo non esiste naturalmente. Il mio dopo non c’è mai. E forse mi viene da dire solo che lo stupido sono io. Che non c’è altro da aggiungere a questa storia che non è storia, che è stata un po’ sesso, un po’ odio, e poi un po’ di niente. Che dovrebbe lasciarci amici. Amici che non si possono sentire per un motivo che non esiste tra gli amici veri. Io che, se avesse bisogno, sarei capace a stare da lui in un paio d’ore. Ma sarebbe comunque tutto inutile.

Perché mi sono messo il giubbetto con la bomba e gli ho consegnato il telecomando con il detonatore. È così devo accettare anche la presa in giro. Lo sguardo di commiserazione di chi mi sta intorno perché non capisce quello che provo, e l’ironia di chi mi sente piangere e non se lo spiega. Mentre lui, ha accesso anche ai miei pensieri, perché li legge qui, su una zona franca. Che non consola più nessuno. Specialmente me. Sono rimasto come Carrie, quando va in chiesa pazzesca per sposarsi e Big non arriva. Big poi l’ha capita. Tutti lo hanno capito. Tranne io. Ma almeno Carrie gli ha sfracassato i fiori in faccia. Io non ho potuto.
E adesso ciò che resta di me è solo delusione e stanchezza. Lo scrivo oggi, perché pure oggi ha un significato, oggi sarebbero stati sette mesi dalla prima volta che siamo usciti. Perché per me queste sono le cose da ricordare: le date, gli abbracci e gli scazzi. Tutto. Sette mesi che ho vissuto intensamente, di cui non mi pento di niente e che soprattutto rifarei solo in maniera meno concitata è più rilassata. Ma le cose le capisci solo dopo. Solo quando tutto è finito. Per cui la pianto qui, con questo post. Ci metto un punto e vado a capo. Perché in fondo piangere non ha poi molto senso. Anche se non riesco a smettere. “D’altronde abbiamo giocato” mi sembra che dica. E devo vivere con la certezza che lui ci sarà e c’è. Ed è proprio questo che mi da fastidio, perché non è assolutamente vero. Resterà solo un altro di quei ragazzi carini che è passato e di cui non ricorderò il nome né il compleanno. O almeno tento di convincermene.
Io non riesco ad abituarmi a quest’idea. Per lui non è affatto un problema. Lui preferisce condividere uno status su facebook piuttosto che con me. Mi auguro non si stanchi mai della sua nuova vita, perché mi pare più che l’abbia fatto perché non sapeva che altro fare. E così finisce un altro ciclo. E anche se io non avrei mai voluto mi ritrovo ancora qui, senza altro di dire e con un mood nerissimo. Quel mood che tanto ci ho messo a ritrovare è svanito in un secondo. E forse mi viene da pensare che lo avevo ritrovato perché lui era entrato nella mia vita. E seppur in tutto ciò Spiderman non c’entra niente, fidatevi che ci sta tutto. Perchè Spiderman è uno che non si arrende mai, E’ uno che pure mezzo morente va avanti per il suo obiettivo. Fa l’eroe. E lui, era il mio eroe. Era venuto e mi aveva restituito il sorriso che avevo perso, per poi portarselo via di nuovo.
Sono certo che il finale è un po’ incomprensibile, ma credetemi, un senso ce l’ha. Molto più di me. E questo forse è l’ultimo regalo che gli ho fatto. E adesso non scriverò più di lui, perché posso essere scemo, ma non sono cretino. Non più per lo meno. E pure Spiderman non c’è l’ha fatta, davanti alla pochezza degli esseri umani.
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