Il mio ex.

Naturalmente quando parlo di mio ex non mi riferisco di certo al tizio in foto. Ovviamente. In realtà c’è la foto del tizio perché proprio oggi anche lui ha annunciato di essersi lasciato, di comune accordo, con il proprio compagno. Ecco questo mi ha fatto sentire terribilmente vicino a Ricky. Per questo lo invito ufficialmente a condividere il suo dolore con me. Magari riusciremmo a condividere anche qualcos’altro, volesse il cielo. In realtà io voglio condividere con voi, miei fedelissimi lettori (#credeghe) la fine della mia storia. Se così si può definire.
#grindr
Era una calda serata di ottobre. Una classica ottobrata di metà mese. In cui le luci dell’imbrunire sono terribilmente instagrammabili ed hai solo voglia di Mcflurry con i brownies. Io ero in giro per Termini, ed in un momento di noia mentre facevo la fila al bancomat delle Poste ho avuto la fantastica idea di connettermi a grindr. Il male di questa nostra società – grindr, ma anche un po’ le poste volendo. Ricky non mi perdonerà mai per questo, e proprio in quel momento c’è stato l’inizio della fine. Ho iniziato a scrivermi con questo ragazzo carino. Pugliese, ventiduenne, trasferitosi da meno di un anno a Roma. 
Apro una parentesi. (A me i ventiduenni non hanno mai detto granché, però questo era molto carino. Inutile negarlo). Abbiamo cominciato una solita ed inutile conversazione, senza troppo pensarci su, e poi fin da subito abbiamo deciso di passare all’azione pianificando un incontro. Non in giornata, ovviamente, ma nei giorni a seguire. Una normale e inespressiva conversazione da grindr sottolineerei. Qualche giorno dopo ci siamo risentiti, ed abbiamo deciso di comune accordo di vederci la sera successiva. Detto fatto. 
Ricky, avresti provato dell’invidio subito. Ci diamo appuntamento a San Giovanni, e da li abbiamo iniziato una passeggiata-chiacchierata molto intensa. Un tipo simpatico ed educato, che non te lo aspetteresti essere uscito da grindr. Uno che riesce a coniugare i verbi e che per la prima volta mi è sembrato abbastanza genuino. Però, in me cresceva dello scetticismo. Insomma davanti a me avevo un ventiduenne. A me i ventiduenni non hanno mai stimolato niente di niente. Scetticismo e non solo, iniziavo ad essere molto confuso.
#thedramaisalwaysoverthecorner
Pausa riposaculo al Coming Out, e il primo momento drammatico. Mi appare davanti lo Gnoffolo. Lo Gnoffolo è un nuovo protagonista del mio blog, di cui presto vi racconterò in maniera più dettagliata. Non ci vedevamo da un millennio, ed io ero incredulo. Ero lì a far incontri al buio quando lo avrei limonato molto volentieri. Lui però si accompagnavo con il suo fidanzato. O almeno quello che, io penso che sia, il suo fidanzato. Saluti di rito e arrivederci ASAP. Riprendiamo a parlare e a conoscerci. Scopro che studia Teologia (!) ma non per far il prete. Vuole diventare avvocato della Sacra Rota. 
Sono davvero incredulo. Ma inizio a sentirmi a mio agio. Io, ovviamente, gli parlo senza peli sulla lingua, d’altronde ho una certa età per permettermelo. Gli spiego che mi piacerebbe innamorarmi, che non disdegno il sesso ben fatto, e che comunque mi piace molto fare sesso. Lui è d’accordo, un rapporto senza sesso, muore sul nascere. Lui ci tiene a sottolineare che è un tipo molto religioso. Ma è open, è tutti possono avere i proprio svaghi e passatempi. Lui vuole che io capisca che ha bisogno di frequentare la Chiesa. Io lo ignoro e penso solo al momento io cui glielo prenderò in bocca. Per intenderci.
Ci fermiamo davanti il Carcere Mamertino. Mi racconta di San Pietro carcerato, della sua caduta mentre scende nel carcere, e siamo vicini, mi prende la mano, e iniziamo a guardarci negli occhi. Dritto dritto. Veniamo interrotti da un gruppo di americani che alle 22 passate sta in giro per monumenti. Poco dopo rimaniamo di nuovo soli, e li, inevitabilmente scatta un mega limone. Devastante. Pieno di lingue. Pieno di dolcezza. E soprattutto, valalalasss se ci sapeva fare. Io già mediamente innamorata.
#unasettimanadopo
Vabbè, vi risparmio tutta la melanzosa settimana seguente. In ordine sparso abbiamo fatto tutte le cose che normalmente odio che facciano le coppie: shopping insieme tenendosi mano nella mano, comprare regalini stupidi per lui, comprare cover per l’iphone con cuori, presentarlo ai miei coinquilini, presentarlo ai miei amici, portarlo alla Popslut night con me, pomiciare davanti a chiunque alla Popslut night (per la serie pensavate tutti che ero una sfigata orrenda e invece ho un toy boy e voi no, levatevi asap), parlare come se ci conoscessimo da una vita, dormire insieme, pranzare insieme, cenare insieme quasi sempre. 
Lo so. Abbiamo bruciato tutte le tappe in una solo settimana. Il primo vero drammatico momento c’è stato al decimo giorno quando è partito per la sua terra natia per le celebrazioni della festa del patrono. (#piena). Anche se ci siamo sentiti davvero spessissimo che quasi non ne ho sentita la mancanza. Ritorna e non riusciamo a vederci, per diversi motivi che oggi manco mi ricordo, ma si prepara un dramma epocale. Devastante. Di epiche proporzioni che mai e poi mai avrei immaginato.
Mi arriva a mezzo What’s App uno screenshot di lui, il mio +1 non ancora accreditato del tutto, connesso su grindr. Maledizione. Inevitabilmente, il colmo per Annabelle Bronstein. Avere una sorta di fidanzato che fa ciccipucci dalla mattina alla sera e poi si fa beccare su grindr. Ero già nella posizione di dover rinunciare al mio happy ending? Ci ho dormito su una notte intera, ed il giorno dopo, mentre lui era di ritorno a Roma io senza mezzi termini gli ho inoltrato quello scatto. Ebbene non ha avuto un moto di vergogna, nient’affatto. Non ha pensato di scusarsi. Nient’affatto. Non ha neanche pensato di trovare una scusa vagamente plausibile. Nulla di tutto ciò. Voleva solo sapere chi me lo avesse detto. 
Ovviamente io non ho mandato giù la cosa. Devo essere sincero, non tanto per grindr. In fin dei conti non eravamo affatto fidanzati. Ci poteva stare, e probabilmente lo avrei anche capito e sarei andato oltre. Ma c’era qualcosa che non mi convinceva nel suo atteggiamento. Che fino al giorno prima era di una persona davvero coinvolta. Purtroppo però è ripartito ancora, per le terre natie. Sapete altre feste di santi e/o patroni di cui non mi ricordo davvero un cazzo. Abbiamo continuato a sentirci ma di meno. E l’incontro prima che partisse, da cui mi aspettavo delle scuse almeno, non ha prodotto che altre pippe mentali.
Pippe che mi sono fato per giorni e giorni. E dopo un’altra settimana ancora ci siamo rivisti. Finalmente. Era carino. Molto. Abbiamo riso e scherzato un po’, quando poi ho ripreso il discorso spiegandogli il mio disappunto nel non avere alcuna spiegazione per quanto riguardava l’Affair grindr, lui mi ha detto che potevo stare tranquillo, che in realtà aveva aperto grindr per scriversi con alcuni amici di giù di cui non ha il numero, ma solo il contatto gridr. Eppure c’era qualcosa che non mi tornava. Avevo l’impressione che non era tutto. Mi viene in mente di aprire il mio grindr, non so per quale motivo non lo avevo aperto più dal giorno che ci siamo incontrati.
Gli dico di connettersi su grindr, volevo vedere se gli arrivavano dei messaggi e se riuscivo a vederlo connesso, avevo il dubbio che mi avesse cancellato. Prima usa la scusa della batteria scarica, poi finalmente lo accende, e mi accorgo dell’orrore. Mi aveva cancellato. Ecco, in quel momento esatto nella mia testa è partita Goodbye, ed ho chiuso definitivamente tutto. Cancellato all’istante. Appurato che mi aveva bloccato, era chiaro che aveva ben altro da nascondere. Io invece non avrei tollerato abbastanza. Lo salutai, in maniera del tutto indifferente.
E chiuso. Ovviamente non si è fatto più sentire. Fino al giorno di Santo Stefano, dove lo ignorato fino a che ho potuto, ma ho dovuto assolutamente rispondere. Perché ovviamente si, ero piena. Ebbene, è evidente che adesso io e Ricky Martin possiamo dimenticare le nostre storie e finalmente farne di ben donde insieme o anche solo rifarci una vita. Io naturalmente sono qui in attesa di un suo invito, e sono sempre più certo che non esiste un fidanzato per me. Certissimo. 

Wenig Anleitung Annabelle Bronstein


Non sono impazzita. O meglio. Non del tutto. Ho
sempre il mio povero, piccolo neurone impaurito che solitario vive nel mio cervelletto. Nonostante io l’abbia portato a prendere aria nella terra del wurstel, non si è ripreso affatto. Anzi. Questo è il mio post dedicato a Berlino. In cui ho passato una simpatica settimana con Guy e Ga. Non aspettatevi di certo una guida dettagliata della città. Per quello ci sono le innumerevoli guide per viaggiatori. Questo, invece, è un mio personalissimo resoconto sulla Berlino che ho visto e vissuto, e che mi ha stupito, entusiasmato e anche fatto riflettere. Con l’assoluta convinzione, che ciò che succede a Berlino, rimane a Berlino. E soprattutto non accade a Roma.


I tedeschi.

I tedeschi non sono freddi. Non sono antipatici. Non sono poco ospitali. No. Sono solo un tantinello stronzi. E non offendetevi, miei cari cugini tedeschi. Ammettete invece che lo siete. A noi, il mandolino, la pasta e la pizza. A voi la stronzaggine. E diciamocela una volta per tutte. Esempio 1. Arrivo all’aeroporto di Berlino, distrutto e quasi ridotto ai minimi termini per il lungo viaggio, al desk delle informazioni sui trasporti ci sono due ragazze italiane che amabilmente conversano in inglese con la tizia. Penso, che culo, ci metteremo un attimo a fare l’abbonamento per i trasporti. Quando arriva il mio turno, sfoggio il mio inglese migliore, e rispettoso, e mi sento rispondere dalla stessa tizia che lei non parla affatto l’inglese.


Insomma, due secondi prima era la cugina di Margaret Tatcher, due secondi dopo era la cugina stronza di Heidi. Se mai Heidi fosse tedesca. Ma vabbè, ci siamo intesi. Esempio 2 La signora kazaka del tabacchino/supermercato/internet point/copisteria sotto casa non aveva la più vaga idea dell’esistenza della lingua inglese. Qualsiasi idioma tu le avresti parlato lei avrebbe risposto in tedesco. Argomentando la sua chiusura mentale. E risultando ogni volta sempre più antipatica. Solo quando in italiano le ho detto tipo 8754 insulti d’ogni genere lei mi ha sorriso. Questo vuol dire che l’italiano, nonostante tutto, ha un suono dolce, e simpatico. Nonostante tutto.


Esempio 3. Immaginate che è tardi, che state perdendo l’aereo, che venite dalla metropolitana, e che nonostante la stazione del treno sia sotto il vostro naso, no, non la riuscite a vedere. Immaginate che di fronte a voi si materializzi un bonone alto due metri che tra le altre cose lavora nel favoloso mondo dei trasporti berlinese. Vi viene in mente così di azzardarvi a chiedergli, in maniera molto cortese, se per caso sa dove straminchia sta la stazione. La sua risposta? Con un tono alquanto minaccioso? “I HATE TOURISTTTTTTTTTTT”. Ecco, gelati, i tre cuori impavidi, hanno solo abbassato lo sguardo e fatto finta di nulla. Per lo meno conosceva l’inglese. Per lo meno.


Il senso della misura

In Germania non c’è il senso della misura. Perché fare un pacchetto di 19 sigarette? Perché non mettercene venti? E poi vabbè ce lo vendete a 4.70 euro? Oppure perché fare una bottiglia di Coca-cola da 125 cl? E non 150? Che senso ha? Nessuno. Io per lo meno non lo capisco. Andiamo ci hanno tolto un bicchiere? Bo? E poi che senso ha vendere il caffè da consumare al tavolo di più? Voglio dire, lo sparecchio io il tavolo, e non è che me lo metti nel bicchiere di vetro? Insomma me lo metti in plastica, che ti frega se mi siedo giusto due minuti a consumarlo, tanto il bicchiere lo butto io? No? No. Perciò il caffè lo paghi di più. Domande che non hanno trovato una risposta davvero plausibile. Ma forse sono io.



Vita gay

Va premesso che a Berlino circa l’80% degli essere viventi è frocio. Il sindaco per esempio. Ma anche tutti gli altri miliardi di persone che ho incontrato. Pensate che se camminate per strada, almeno le tre persone più vicine a voi sono gay. Questo è un dato importante. Soprattutto perché avete mai sentito un gay picchiato a Berlino? Forse è perché so tutti froci. Ma forse no. La zona gaia è Schonenberg, che ovviamente non si scrive così. Ma almeno si pronuncerà così. Due vie di una zona molto borghese piene zeppe di cruising e negozi a tema. Devo ammettere che noi non ci siamo molto trovati con quello spirito. Insomma erano tutti abbastanza stagionati per i nostri gusti.


Kreuzeberg, la zona dove noi abbiamo preso casa, invece offriva diversi posti friendly. Per esempio il Primo Maggio, il ristorante italiano sotto casa. Oppure il Roses. Una simpatica rivisitazione del nostro Coming Out al limite del kitch. Parete di peluches, discoballs e luci soffuse creano un ambiente accogliente e divertente. Insomma c’è chi se la parla, chi se la canta e anche chi se la balla. Ovviamente, anche chi se la limona alla grande. Noi abbiamo conosciuto ragazzi americani, brasiliani e anche spagnoli. Con i quali poi ci siamo organizzati per andare a ballare. Insomma, una roba che qui te la puoi scordare. E infatti dopo il Roses la serata si può trasferire tranquillamente allo Schurrrz.


O anche qualcosa di molto simile. Noi ci siamo andati addirittura due sere. La serata Telepopmusik, ovviamente, dove mi hanno rifilato Robyn e una Britney d’annata. Insomma roba che scotta. E che scoatta, anche. E anche movenze pop a go go. Certo il caldo era troppo, il sudore non ne parliamo, ma gliel’abbiam fatto vedere noi come ce la si balla. Il bello di questi posti è però che tutti avevano limoni e valalalasss da fare, tranne la sottoscritta. Ebbene si. Tutti eh. Nessuno escluso. I tedeschi poi sono difficili da approcciare. Ti guardano. Sorridono. E poi non ti cagano più. Voi li riguardate ma nulla. Loro sembra che facciano finta di nulla. E infatti io a bocca asciutta.


L’unica nota negativa dei locali è la sigaretta. Nelle discoteche si può fumare tranquillamente, e io sinceramente ho cominciato a provare un po’ di fastidio, visto che ecco non ero più abituato. Come non ero più abituato alla puzza di fumo dei miei vestiti. Insomma se appena arrivato ho gioito di questo dettaglio, poco dopo mi sono dovuto ricredere perché è effettivamente fastidioso. Hanno gli aspiratori, ma a mio avviso sono del tutto inutili se non hai l’aria condizionata. Ed ecco spiegato perché i tedeschi avevo l’aria di puzzare tutti. Erano tutti visibilmente sudati. Ed era ovvio anche il motivo. Insomma se schiumava che era una bellezza.


Berlino è Berlino

In tutto questo, mentre io ero indaffarato a fare fotografie e video di ogni genere, le mie amiche, Guy e Ga si sono dati totalmente da fare. Limoni, pubbliche relazioni, baci e abbracci. Insomma. Un valalalas dopo l’altro. Le foto che vedete in questo post alcune arrivano dal mio iphone e altre le ha fatte Ga. Ma c’è una foto sulla quale sicuramente vi sarà capitato di poggiare l’occhio. Lo so. C’è una vocina dentro di voi che vi chiede insistentemente chi straminchia sia Gaetano. E soprattutto perché qualcuno lo ha richiesto così a gran voce su una lavagna da menù di un ristorante di Berlino. Di questi e altri dettagli, vi parlerò molto presto. Anzi. Prestissimo.




E’ arrivato il Gay Village. E non solo





E’ importante sottolineare che la ricerca di un +1 non è una cosa così semplice, come a dirsi. Anzi. Poi se a cercarlo sono io, bè la cosa si complica. Se il week end scorso avevo in testa Totò e pensavo a come conquistarlo, come un provetto ispettore di C.S.I. mi sono dovuto rimettere a studiare tutta la situazione. Se l’espediente faccialibro era naufragato senza risultati interessanti, le chiacchiere al Coming non lo hanno minimamente smosso, ho deciso di cercare di capire se c’era una vaga e remota possibilità di interessargli. Certo vederlo passare tutta la serata a parlare con il Damerino non ha di certo aiutato la mia autostima.





Il Damerino, come dice il nome stesso, oltre ad essere un damerino, è anche un bel topolaus che oltre ad avere un titolo di studio, un fisico scolpito, e sempre l’argomento giusto di cui discutere, però non pareva affatto avere lo stesso interesse che invece Totò palesemente dimostrava di avere per lui. Immaginate io che parlo a Totò, lui che non mi caga affatto, sorride annuisce e si rimette a parlare con Damerino. Mmmm. No. E io a fare da tappezzeria alle fratte del Village proprio non ci tengo. Così la mia unica ed ultima possibilità era quella di darci giù di movenza pop. Dannatamente. Ma poco dopo anche quella è fallita.





Insomma mi era chiaro che a Totò non gliene poteva sbattere una ceppa-leppa del sottoscritto. Accusato il colpo, ma non troppo, però le mie amiche mi facevano notare che Damerino, invece, faceva il provolo e non poco proprio con il Signor Wilson, e che forse anche a lui non ne era del tutto indifferente. Anzi. Insomma, una gran casotto. Intrighi, complotti e movimenti che neanche in una puntata della Signora in Giallo. Così, compresa la situazione ho fatto spallucce e me ne sono tornato su quel dancefloor, a trovare il modo di fare stare zitta la vocalist, che senza un minimo di vergogna continuava a disturbare la nostra serata.





E su quel stra-maledetto dancefloor, ancora una volta, ho convenuto che A il dramma è sempre dietro l’angolo, B sono perseguitato da una jella che manco Rachel Berry e C mio cugino, notoriamente eterosessuale, dall’Abruzzo era davanti a me che se la scoattava con una banda di lesbiche. Non che c’era da preoccuparmi. Voglio dire, si vede che sono frocio. Però non avevo le forze di fare ciance in quel contesto. Proprio no. Così mi sono abbassato e buttato in ginocchio. Giusto all’altezza del pacco de il Signor Wilson. Ma insomma mi ci vedete sul dancefloor del Village che mimo rapporti orali mentre cerco di non farmi vedere da mio cugino?





Le mie amiche però, ancora una volta, mi fanno notare che forse non è così etero. Insomma ha fissato un tipo muscoloso per tipo tre ore e mezza. E mi viene in mente che forse poteva anche starci. In testa mi ritornano le estati a casa sua, con filmini e giornaletti porno. E noi che giocavamo con Federica la mano amica, e qualche volta andavamo oltre. Ma è così semplice? Insomma nella mia famiglia, dal lato di mia madre ho già un cugino gay che vive in Australia però, (anzi convive con il suo fidanzato con il quale ha comprato casa) mentre dal lato di mio padre, non c’era ancora stato nessun’altro oltre a me ad avere interesse per la ceppa. Ma poteva essere gay anche lui?


Con questo atroce dubbio siamo fuggiti. A gambe levate verso casa. Ma prima ci mancava la conclusione degna. Ovvero il Signor Wilson che chiede il numero del Damerino a Totò. E Totò che gli fa brutto. Lì. In diretta. Senza aspettare la pausa pubblicitaria. In quel momento, ho capito, ancora più velocemente che non era più il caso. Non era affatto cosa interessarsi a uno come Totò che non ha la più vaga idea di chi possa essere io. E soprattutto manco gliene frega. Con il Signor Wilson scosso, ancora, per l’infelice uscita, abbiamo ripreso la macchina. E abbiamo convenuto che la notte, ci avrebbe dovuto portare consiglio. O per lo meno un piccolo suggerimento. No?



No.

Proprio nella notte mi sono trovato a pensare alla oramai strapresentatainateprima sigla del Village. E poi anche allo spot del RomaPride2010. Adesso andiamo per ordine. Sia il pride che il village sono organizzati dalla stessa associazione. Dalla stessa persona. Adesso non sto a dirvi quanto io mi possa sentire offeso, e non rappresentato dallo spot del RomaPride2010. Questo non vuol dire che io non segua Amici o Will and Grace. Affatto. Il punto non è questo. Mi potrei dilungare per ore a dirne di ogni a riguardo. Ma vi pongo in essere solo un piccolo tarlo. Si possono spendere milioni di euro per lo spot del Village, e tipo 7 euro per quello di un pride? E poi, la miglior risposta me l’ha data la mia amica Tata. “Questo è quello che succede quando si lascia spazio alle lesbiche. Vi siete fatti ridicolizzare. E non fate nulla. Niente. Ma se non ci pensate voi ai vostri diritti, chi ci deve pensà?”. Parole sagge. Troppo. Che non lasciano spazio a nessun’altro tipo di commento. Io comunque, al RomaPride2010 non ci sarò.

N.b. Perdotane ma lo spot del Village, è così esclusivo che non è su youtube, l’unica cosa che ho trovato è il video dell’anteprima, che be ecco, fa abbastanza cagare. Ma era giusto per rendere l’idea. Ecco. Si.


La saggezza di mia Nonna





Nell’ultimo mese diverse volte ho pensato che avrei ucciso Annabelle Bronstein. Ma credo di essere arrivato a un buon compromesso. Lo solo torturata per quasi tre mesi. Istigata. E cercata disperatamente dentro di me perché l’avevo persa. Oramai credo che si tratti di marzo. Ogni anno a marzo c’è sempre qualcosa che in qualche modo mi fa stare nervoso o in tensione. E anche questo marzo non è stato da meno. Escludendo le mie performance teatrali che sono andate benissimo, da dopo l’ultimo spettacolo vivo come se io non controllassi più nulla di ciò che mi è a attorno. Ascolto le persone che mi parlano ma le parole non mi entrano in testa.



Tutto rimane sospeso. Vedo qualsiasi cosa materializzarsi e rimanere fuori di me. E non capisco il perché. Ho passato venti giorno ha torturarmi le meningi a chiedermi cosa fosse che mi mancava. Cos’era quella cosa che un attimo prima c’era e un attimo dopo puff, sparita. Non riuscivo a materializzarlo. Era Annabelle Bronstein, probabilmente. O meglio, il mio mood migliore. Quello sempre brillante, come dico io. Il lato più allegro e scanzonato. Quello fatto di movenze pop, e di Valalas. Purtroppo se n’era andata. E nonostante io organizzassi aperitivi in centro e serate in disco per ritrovarla, lei non tornava.



Ho pensato anche di mettere un annuncio tipo su Porta Portese, “Cercasi Annabelle Bronstein disperatamente”. Ma poi ho lasciato perdere. Dovevo capire da me perché se n’era andata e come dovevo fare per farla tornare. E mentre ci pensavo e mi aggrovigliavo il fegato per capire, ecco materializzarsi la risposta davanti ai miei occhi. Il computer. O meglio, quello che c’è dentro. Ancora meglio. Msn. E una barra rossa su un contatto. Quella barra rossa aveva escluso una persona, ma anche Annabelle. Il non sentire più quella persona mi aveva messo addosso un’ansia e un’insicurezza assurda. E avevo promesso a me stesso di lasciarla lì.



Non potevo tornare indietro. Quel contatto doveva rimanere lì, ma bloccato. In maniera del tutto voluta mi sono imposto di non parlarci più né tanto meno rispondere ai suoi commenti inutili e senza senso su faccialibro. E me lo sono imposto perché dietro quel contatto, per me, una persona non c’era e non c’è mai stata. Mai. Neanche la volta che ci siamo visti l’ho sentito presente. E questo perché mentre io mi preoccupavo di riposizionare l’asse del mio universo verso di lui, lui posizionava il suo verso quello di un caro amico, creando scompiglio e amarezza. E quanta amarezza non potete neanche immaginarlo.



E’ stata così tanta che Annabelle è scomparsa. E io non sono riuscito più a trovarla. Credetemi ho provato di tutto. Il sesso usa e getta, lo shopping compulsivo, il trucco pesante e le passeggiate in centro alla ricerca di qualche bonone. Nulla. Annabelle non c’era. Il problema era accettare la perdita e provare in qualche modo a vedere se Annabelle voleva scendere a patti. Ed ho patteggiato con lei. Le ho promesso di lasciar perdere quel ragazzo lì, e di ripartire da capo, ancora una volta. In fin dei conti cos’era per me? Valeva più lui che lei? Valeva più lui che io? Valeva più lui e i miei amici? No. No. No. E ancora un sonoro no. Ho deciso di mandarlo a cagare.



Ma non potevo farlo se fossi rimasto ancora a Roma e davanti quel fottuto e maledetto computer. Così giovedì ho fatto la valigia, ho messo la benza e sono partito con direzione casa. Abruzzo. Chieti. Teate. Lo so, ho avuto fegato. Ero partito con l’assoluta certezza di fare una sorpresa ai miei e di pensare e riflettere. In macchina mentre guidavo pensavo anche a come poter dire a mia padre e mio padre del mio interesse verso il sesso maschile. E giuro che per quasi 95 km ero convinto. Ma arrivato a casa, mi sono reso conto che non ero ancora pronto. Che non potevo esplodere, dire quel che ero e poi ritornarmene a Roma.

E poi il fatto che mio padre abbia già avuto tre infarti e diverse operazioni al cuore, mi ha subito fatto pensare allo Scamarcio di Mine Vaganti e mi è venuto il cagotto alla sola idea che il quarto infarto lo avessi potuto provocare io. Per cui niente. Ho lasciato perdere. Ma non ho lasciato perdere affatto la voglia di dimenticare quel ragazzo di cui sopra. Dovevo assolutamente trovare il modo di eliminarlo, così ho fatto un bel respiro e sono andato da mia nonna. Lei è l’unica che pensa sempre a me. E io con lei ho sempre parlato di tutto. Mia nonna è talmente saggia, che lei nelle orecchie ha saggezza e non cerume.



Così appena arrivato da lei, mi ha subito fatto sedere e mi ha dato il succo di frutta che fa lei, e mi ha guardato. Io ho cominciato a piangere e lei incredula e spaventata si è avvicinata e mi ha abbracciato e baciato. Mi ha stretto forte e mi ha chiesto se avevo combinato qualche danno. Io le ho sorriso e ho fatto spallucce e le ho detto che ero triste per una persona che non mi cacava neanche di striscio. Lei mi ha guardato, ha aggrottato il sopracciglio e ha preso un bel respiro. Poi ha detto quasi tutto d’un fiato in un dialetto comprensibile a tratti: “C’è bisogno che piangi per qualcuno? E poi, hai visto lo specchio?”. E io penso, oddio mo che c’entra qui lo specchio????



Lei mi prende e mi porta in corridoio davanti lo specchio. “Li vedi i miei occhi?”. E io, certo che li vedo, sono lì. “Lì vedi? Sono occhi arzilli perché sono felici di vederti. Li vedi i tuoi? I tuoi sono tristi. E se hai gli occhi tristi nessuno si innamora di te. Quando ti piace qualcuno, devi far vedere gli occhi allegri e poi non devi mai dimenticarti di quello che sei. Se no, solo rimani! E ridi. Che quando ridi, sei bello. Poi questa persona non ti fila? Bè il peggio è tutto suo. Pensa soltanto che non saprà mai quello che si è perso”. Ovviamente il tutto è stato tradotto per una perfetta comprensione.



In quel momento, esatto, le parole più ovvie mi sono entrate in testa e si sono rese comprensibili. Tutti i problemi di comprensione che avevo si sono immediatamente risolti e mi hanno fatto vedere la cosa per quello che è. Ovvero una gran perdita di tempo stare a struggersi per uno che non ti caca. Ecco cos’è. Mia nonna con quattro semplici parole in una lingua sconosciuta aveva chiarito ogni mio dubbio e mi aveva rifatto vedere per la prima volta in tre mesi quasi il bicchiere mezzo pieno. E il bicchiere stavolta era davvero mezzo pieno. Ritornato l’indomani a Roma ho ricominciato a nutrire Annabelle che giaceva lì nella mia stanza quasi in fin di vita.



Ed eccola finalmente, riprendersi il posto che le competeva. Annabelle si era di nuovo impossessata di me, e aveva ripreso a farmi sorridere. E seduto di nuovo davanti il pc non ho avuto paura, non ho avuto remore ed ho sbloccato il contatto per lasciarlo libero di non potermi più trarre in tentazione. Non l’ho cancellato, e credo che io non lo farò mai, ma non ho più nessun problema a vederlo in linea e a riuscire a non scrivergli nulla. Niente. E senza sentirmi depresso da divorare tre Kinder Pinguì, una busta di patate Le Contadine alla Paprika, una lattina di Coca Zero, una mozzarella e un etto e mezzo di prosciutto crudo. Tutto di seguito. NO.



Finalmente ero forte, forte di poter mandare a cagare quel contatto e impedirgli di entrare di nuovo nella mia testa. Per questo mi sono sentito una mina vagante. Per questo per venti giorni non ho scritto nulla. Per questo ho evitato di aprire questo duro capitolo. Perché mi faceva male. Ma la cosa assurda è che ho passato tutto l’inverno a pensare che lui potesse essere davvero una persona importante per me senza averne mai avuto la reale e tangibile percezione. E quando me ne sono reso conto intanto si era fatta primavera. E con questo che voglio ricominciare. Adesso è primavera e Annabelle è finalmente tornata. A farne di bendonde. Ovviamente.

Il mio nuovo Mito.

Ieri sera al Coming Out mi lagnavo con gli altri di essere a corto di argomenti da trattare sul mio blog. Sapete i primi di settembre sono sempre giorni strani. Quei ragazzi carini che mi fanno battere il cuore ancora riprendono le solite attività mondane. La Polpetta sembra essere sparito o in ben altre faccende affacendato, e mi dedica solo la sua indifferenza. Nel marasma di cambio casa e indecisioni vari tra le parti io mi sento solo sotto pressione. Nervoso. In più cè un maniaco telefonico che mi perseguita. E non vi ho detto ancora nulla, ma scriverò presto di lui; e finalmente ho un fan. Uno di quei fan che escono dall’armadio e urlano. Mi sta dando il tormento. Mi sento braccato, quasi. Vuole con tutte le sue forze sapere chi è Annabelle Bronstein. Ma io faccio il vago.FOTO RIMOSSA SU ORDINE DEL PROPRIETARIO. 

Comunque. Questa mattina mi sono svegliato e mentre Miss Cheriè e Little Miss Sunchine erano intenti a preparare valigie e outfit per i prossimi eventi sbuca un biglietto da visita. “Divertimento Gratis. Per Muscoloso o Militare o Nero Africano“. “Ma che cavolo è?” chiedo con stupore. E Miss Cheriè mi narra. Ieri sera mentre era fermo a un semaforo a Piramide, un ragazzo su uno scooter l’ho guardava. Anzi lo fissava. Proprio un secondo prima che scattasse il verde quello dallo scooter gli ha allungato questo biglietto da visita ed è fuggito. Lui lo ha letto, ed incredulo non ha potuto credere che accadano cose del genere a Roma. Ma stamane sono arrivato io, ed ho aperto il sito e sono rimasto senza parole. Daniela La Puledra è una travestita un pò esibizionista che pubblica sul suo sito tutte le sue innumerevoli avventure sessuali. Per esempio AEREO NATICA, BOIA, SALA FITNESS, GIURATA, POLIZIOTTA, per passare a LA TRUPPA 1 e 2, IDRAULICO per finire con TROMB RAIDER (si scritto così!), TAURUS e CALCIATRICE. Insomma già dal 2005 c’era una che aveva le stesse mie manie. Ovvero le divise e gli uomini rudi. La cosa simpatica è che lei mette tutte le prove dei suoi incontri, con foto e video che però sono visibili solo con una password di sette lettere. A saperle.
Ma non solo perchè Daniela La Puledra ha anche un favoloso blog dal quale ci racconta quanto sia impegnata nel lavoro. Anche se non è molto aggiornato. Ma Daniela La Puledra è una impegnata anche nel sociale. Lei ha persino acceso una candela per i caduti di Nassyria. E non solo perchè cè una sezione dove ci spiega tutto sulle malattie sessualmente trasmissibili. Insomma Daniela La Puledra ha vinto. La cosa assurda di tutta questa storia è che Daniela è palesemente un lui, e in nelle fotografie sembra invece una lei con diversi accorgimenti tecnici e fotografici. Ma quello che io mi chiedo è un dubbio che mi devasta dalla punta dei piedi fino alla punta dei capelli. I miei capelli da lesbica. Ovvero con quale cazzo di faccia “questa” Daniela gira per Roma con dei biglietti da visita? Non lo capisco proprio come nell’era di internet una cosa del genere sia fattibile. Il bello è che Daniela ha una vita sessuale molto più intensa di quello che ci si può aspettare e forse più di me. Ma dico, come si fa? Io avevo pensato ad una forma di promozione del mio blog simile, ma magari con adesivi messi un pò in giro per la città. Ma questo forse non è troppo?
E poi mi torturo ancora. Ok ci sta l’esibizionismo, ci sta che ti vuoi travestire, perchè figurati se mi metto a giudicarti male, ma mettere le foto di te con una parrucca che succhi e giochi con uccelli di ogni taglia non è un tantino troppo? La scritta nella welcome page è chiara, sito per adulti, ma questo non deve giustificarti. NO. Io non capisco. Mi sento indignato, ma anche sorpreso e ci vorrei soltanto ridere un pochetto su, ma in definitiva mi sento solo di chiedermi fino a che punto siamo potuti arrivare. Andiamo. Secondo voi è possibile andare in giro a fare volantinaggio per riempirsi il culo? Io credo che sia troppo. Anche io cedo alle chat, a gayromeno e simili, e vado a giorni alterni. Ma perchè bisogna esagerare così? Certo Daniela La Puledra la penserà sicuramente in maniera diversa, avrà sicuramente milioni di storie da raccontarci, perchè ne avrà fatte di bendonde, ma a volte mi viene il dubbio se siamo un tantino esagerati.
La corsa all’ultimo capo di moda, all’ultimo modello di cellulare, la necessità di sapere sempre tutto di tutti. Rubare il ragazzo a un amico. Insomma siamo solo ed esclusivamente questo? Un’involucro che va riempito con sesso, moda e gossip? Io non posso credere che sia solo questo. Poi ci lamentiamo che ci menano, ci discriminano e ci lanciano le bombe. Ma può essere che tutto alla fine deve per forza girare intorno al sesso. Bè nostro malgrado la risposta è si. E che non me ne voglia troppo Daniela La Puledra. Lei è comunque una che la sa lunga. Spero solo di ritrovare lo spirito adatto. Per ora mi affido a due care vecchie amiche. Si chiamano Prosecco e Movenze Pop. Anzi. Dannatamente!

Il senso di protesta per i gay

Nella giornata di oggi, qualsiasi commento sul fatto spiacevole di ieri sera è stato quasi da tutti i mezzi di comunicazioni riportato con l’intervista a Fabrizio Marazzo (presidente di Arcigay Roma) che parla dello sgomento, del panico e del terrore durante il lancio delle bombe carta. E ci sta. Lo stesso invita tutti a partecipare alla fiaccolata che sarebbe partita dalla Gay Street. Adesso, non è che io sia pazzo. O al massimo. Lo sono. Ma ci sento. Ma vabbè. In realtà la “fiaccolata”, o “sit-in”, “protesta”, o quello che cazzo vi pare a voi a me non sembra esserci stato. No. Mi chiedo io come mai? Praticamente il tutto si è ridotto ad aspettare mezz’ora, a dare la parola a Vladimir Luxuria per dieci minuti e subito dopo far partire la solita musica tunz-tunz con dj già pronto e gente che era lì per ballare. Bello. Intelligente.

Quando accadono queste cose io penso immediatamente a quello che potrebbero dire i miei genitori se mi vedessero lì in quel momento. A parte, “maguardaquantèfrociotuofiglio”, ma soprattutto si farebbero una domanda lecita, ovvero “Che senso ha?”. Nulla. Niente. Nada. Nisba. io mi chiedo come mai ci facciamo rode il culo perchè non abbiamo diritti, ma solo doveri; perchè ci troviamo a dover rischiare la vita per essere noi stessi e quando finalmente ci sta l’occasione per manifestare il tutto viene archiviato e si va a finire a fare la sagra del frocio al Colosseo? Non ha molto senso, ve ne renderete conto anche da soli. E allora ripenso ancora di più al bagno mediatico che si è fatto Fabrizio Marazzo oggi per promuovere questa cazzo di protesta. Ragazzi è stato tutto inutile. E’ tutto inutile andare in strada se poi lo si deve fare per due sculettate e quattro movenzedannatamentepop. Non è possibile. Ci lamentiamo delle offesse che ci vengono riportare e poi ci comportiamo in questo modo superficiale? Non ha senso. No, no, no. E più ci rifletto e più mi rendo conto che è così.

Trovo giustissimo e preciso il post di Spettegules, che dice le cose come stanno. E le condivido tutte in pieno. Ma come si fa a parlare di avere rispetto da chi non conosce il mondo gay, se poi quello che passa è che una protesta si riduce solo ed esclusivamente a sculettare su musica disco? Insomma io rimango allibito e sconvolto se questo è protestare per i gay. Ma non me la prendo con loro in toto. No. Ci sono le associazioni. Questa sera tutto è stato organizzato dall’Arci Gay Roma, DiGay Projoect e Circolo Mario Mieli. E che cosa hanno organizzato? La discoteca sotto le stelle? Questo è sbagliato. Profondamente sbagliato. Non ho mai creduto nelle associazioni gay. Mai. Sono associato all’Arci solo ed esclusivamente perchè a 19 anni per entrare nell’unica discoteca gay di Pescara (tra l’altro dall’orrore indiscutibile) l’accesso era consentito solo ai possessori di quella stramaledetta tessera Arci. E poi noi ci vogliamo lamentare? Finalmente c’era stato un pò di interesse, c’era la stampa, le tv e chi più ne ha ne metta, e la nostra protesta era discoteca all’aria aperta. Questo è stato. Una serata disgustosa. Una di quelle serate che ti incazzi e basta. Il senso ovviamente non cè stato. Noi gay però non siamo stupidi, in molti hanno lasciato la Gay Street quasi subito, appena si sono resi conto della solita baracconata.

In molti si sono trovati a discutere sul senso di manifestare in questo modo, e non eravamo solo io e i miei amici ha pensarla così. Spero che la prossima fiaccolata, quella delle NON associazioni, ovvero del gruppo spontaneo “I Have A Dream” che ci sarà domani sera a partire dalle 22 sempre da Via San Giovanni in Laterano abbia un pò più di dignità, e che sia soprattutto una vera e propria manifestazione per far comprendere che noi non ci stiamo, e che vogliamo essere tutelati e rispettati da chiunque!

Diari Estivi: Quando le decisioni sono impossibili da prendere.

Quando vedo Guy mi sento già meglio. Un pochino. Solo un pochino ma mi sento molto meglio. Nella vita abbiamo tutti qualcuno che in qualche modo ci calma. Ci rilassa. Se Roma è deserta è non c’è anima viva tranne che turisti ubriachi, il Coming diventa il punto nevralgico di incontri e facce che non vorresti mai vedere. Ma io e Guy dovevamo prima parlare. E abbiamo parlato. Abbiamo capito, che ci sono cose che devono essere assolutamente cambiate. Dobbiamo evolverci, passare a uno stato successivo. Capire dove dobbiamo andare e come. Ma anche con chi. Ed io ho fatto solo quello che avrei dovuto fare. Esserci. Non fare domande. E offrire tutta la mia comprensione. E l’ho fatto. Ritrovato lo smalto, il sorriso e Annabelle Bronstein abbiamo deciso che era tornato il sereno. A volte basta poco. Ma eravamo al Coming. E al Coming, si sa, il dramma è sempre dietro l’angolo.
Buttati sul solito scalino a conversare del suo weekend montano in cui tra cavalli, fieno e alberi di ogni fattezza Guy si è sentito molto Hanna Montana, giro lo sguardo e tutto il mio nuovo equilibrio ritrovato va a farsi fottere. Così in 5 secondi netti. Guy smette di parlare, e mi guarda, ha già capito che l’iceberg sta per colpire il Titanic. Laddove Titanic sta per la mia nuova taglia di pantalone. La Polpetta è lì, a suo agio in una nuova ritrovata forma fisica, che ride e passeggia con un tipo dalla dubbia bellezza. Io mi giro. E non parlo. Le certezze poco prima ritrovate mi abbandonano. Il sorriso mi si spegne in una smorfia amara. E penso ai miei capelli. Alla mia mise, pensata all’ultimo minuto e oggettivamente discutibile. Sono una lesbica. Ecco cosa sono. Una lesbica, vestita male, con dei capelli improponibili e milioni di particelle di alcool che passeggiano nelle vene. E sudo. Comincio a sudare schifosamente. Manco fossi una camionista. Lesbica, ovviamente.
Decido che non posso rimanere lì, a far finta di nulla. Penso che dovrei comprare una mega borsa e provvederla di un mega foulard nero da poter utilizzare in occasioni come queste. Giusto per non passare inosservato. Ma io e Guy decidiamo che è il caso di passeggiare. E in me scatta la solita reazione del cazzo quando vedo la Polpetta. Analizzo ancora una volta cos’è stato per me. Guy non usa giri di parole. Una scopata. Una scopata come tante altre. Nulla di più. Nulla di meno. Una scopata alla quale io ho dato troppa importanza. In realtà forse nessuno sa che la Polpetta è stato il mio primo vero rapporto sessuale completo. Il primo. Neanche con il mio ex avevo fatto tutto. E invece con lui ho fatto tutto. E lui questo non lo sa. Io invece si. Ecco perché non riesco a togliermi dalla testa questa persona. Non riesco a cancellare la sua dolcezza, il modo con cui mi ha accarezzato, mi ha abbracciato. Nella mia testa mi pongo sempre la solita domanda. Quello cha abbiamo fatto era amore oppure banale sesso? Io la risposta non l’ho mai trovata. A quasi due anni di distanza prepotentemente quel dubbio mi assale. Di nuovo. Ma penso che sia solo colpa dell’alcool. Guy non risponde. Ma lo so che pensa. Pensa che io mi sia fissato. Pensa che in realtà è solo un passatempo pensare queste cose. Io non mi capacito di come dopo tutto questo tempo la sua solo presenza possa ancora scatenarmi reazioni del genere. In definitiva lui è stato lì, con questo tipo, che rideva e scherzava come nel migliore dei primi appuntamenti. Che tristezza. Guy mi ha dato l’ennesimo motivo per lasciar stare. Ma io non riesco a lasciar perdere. Non riesco a cancellarlo. Lui sarà sempre la Polpetta. E io continuerò ad essere quello che sono, con i miei alti e bassi e con tutte le mie fragilità. E non me le voglio togliere, nessuna. E quella Polpetta non la voglio assolutamente cancellare. Non così. Prima o poi troverò il coraggio di prenderlo e sbatterlo contro il primo muro e dirgli tutto quello che penso. Ma ora no. Non ce la faccio.
Per fortuna l’arrivo di Ga, Ciù Ciù, Tata, Chicco e la Du Barry mi hanno un attimo fatto rilassare e tornare in me. Abbiamo davvero convenuto che il Coming quest’estate ci ha deluso. Non cè stato un personaggio, un nuovo incontro, un bono devastante da venerare. Nulla di tutto ciò. Ci chiediamo che fine abbia fatto Asess, con i suoi stornelli e le sue poesie. Che fine hanno fatto quei ragazzi straniere che l’estate scorsa facevamo ubriacare e ci riportavamo a casa. Dove sono tutti quegli amici con i quali tiravamo tardi, o con i quali organizzavamo spaghettate alle 5 del mattino. Nulla. Niente di tutto ciò. E forse abbiamo perso lo smalto. Abbiamo dimenticato come si fa a sorridere. Come bastava poco per divertirci. O forse lo abbiamo sommerso dentro di noi. Sotto le gelosie, i litigi e tutti i nostri insuccessi e fallimenti. E lì che abbiamo fatto finire la nostra voglia di sorridere con poco. Ma io ho deciso che farò ritornare tutto a galla. Per me e i miei amici. Per celebrare questo pensiero, decidiamo di concludere degnamente da Gigi, con il suo fantasmagorico cappuccino. Io scelgo quello al caramello. E sembra che vada un po’ meglio. Decido che voglio dimenticare la Polpetta, voglio ricominciare da capo e farlo nel migliore dei modi. Perché questa volta si fa sul serio. E come mi ha detto Rob, un amico, bisogna solo aspettare ed essere se stessi, e se l’amore non c’è, arriverà prima o poi, per ora per sentirci meno soli abbiamo gli amici, e quelli ci bastano a farci sorridere.

Diari Estivi: Riflessioni

Sono diversi giorni che mi interrogo su cosa ci sia di giusto e sbagliato nel mio quotidiano. Sono tante le domande che mi sono fatto e che purtroppo non hanno trovato una risposta. Il perché certi rapporti si guastino dopo tanto tempo. Il perché ci siano persone che hanno come solo obbiettivo rovinarti la vita. Il perché nonostante io sia in ferie non sia stato in vacanza come tutti gli esseri umani. Chi sono i buoni? Chi sono i cattivi? Non lo so. Non lo capisco. So soltanto che in questo periodo in cui devo cambiare casa, trovarne una nuova e ricominciare tutto da zero, ho soltanto voglia di cancellare tutto e riavviare il sistema da capo. Ecco questo è quello che voglio fare. Per questo durante la cena mi sono abbandonato alla tentazione del vinello bianco in frigo. E’ lì, che mi chiama, mi cerca. Ed io non ho resistito. Poi ho preso carta e penna e ho dato una riordinata alla mia vita. Ho tracciato una linea verticale al centro e mi sono chiesto le cose che ho e quelle che non ho, ma che vorrei. Ho un lavoro che mi fa vivere bene, in alto a sinistra. A destra invece ho segnato che vorrei avere un lavoro che mi dia maggiori soddisfazioni. Qual è il modo per raggiungerlo? Avere un titolo in più oltre alla laurea. Ok, lo sto già facendo. Sto frequentando un master e quando finirò a febbraio 2010 riconsegnerò il mio cv pure ai sampietrini. Seconda riga, scrivo diretto Amici. Mmmmm. Per quanto riguarda gli amici, scrivo solo la lista degli amici si e quelli no. E mi rendo conto che a settembre molte mele marce saranno finalmente fatte fuori.
Traccio una linea, la terza, e scrivo AMORE: NO. L’amore non c’è. Per quanto ne so per l’amore è solo un’infinita staffetta nella quale arrivo ultimo, oppure non classificato. Oppure cado e mi incollo gli ostacoli. Solo questo è l’amore per me. Per cui traccio una linea e mi rendo conto di quanto la mia vita vada tutta da un’altra parte. Questo metodo me lo ha suggerito un amico psichiatra, secondo lui mettere nero su bianco i problemi oppure le cose che non vanno di noi serve a focalizzare le soluzioni migliori. Io soluzioni non ne trovo. Per lo meno non in maniera così immediata, per cui decido di berci su. Ed ho bevuto tutto quel vinello di cui sopra, che oltre a tentarmi ha mandato in discoteca il mio unico neurone rendendolo stupido e fuori di testa. Più di quello che io avevo previsto. Così, dopo essermi concesso una partita alla play station e alla ds, mi sono reso conto che ero in assoluto ritardo. Troppo tardi. Guy, di ritorno dalla montagna mi stava già aspettando da almeno un quarto d’ora. Io ero ancora lì, davanti a quel foglietto, a cercare risposte inesistenti e parole che non trovano una senso una con l’altra. Metto la prima cosa che capita, lavo i denti e prendo l’ipod, lascio la macchina davanti casa e mi avvio con Celebration nelle orecchie verso la metro. Sto arrivando. Sto arrivando.

Se lallero!

Secondo voi questa giornata ha un senso? A mio avviso no. Mi sono svegliato. Sono andato a lavoro. Sono tornato. Mi sono docciato e sono andato al Coming con Guy e Ga. Vabbè diverse decine di muscles si erano dati appuntamenti nella famosa Gay Street un pò per umiliarci e un pò per farci salire l’ormone alle stelle. Nonostante sia Guy che Ga stanno dedicando tanto tempo alla corsa nei parchi e anche allo smaltimento dei grassi in eccesso, io no. Assolutamente. Per questo mi sono mangiato nell’ordine due mega porzioni di insalata di riso a cena, un ghiacciolo all’arancia, un cremino, un cappuccino di crema al cioccolato (da Gigi ovviamente) e ben due fagottini al cioccolato. Ottimo. Ma tutto sto abbuffaggio a uffa non ci ha distolto dal discorso del giorno. Ovvero sesso solo fine a se stesso, oppure sesso ad uso e consumo di un amore con la A maiuscola? Io sono per il sesso se mi va visto che l’amore al momento non si vede. Anzi. Direi che proprio non ce nè. La cosa che mi delude delle argomentazioni di cui sopra è che se fai solo sesso ad uso e consumo dei tuoi ormoni passi inevitabilmente per una persona vuota e porcella che ne ha di bendonde solo quando succhia un uccello. Anzi passi proprio per una puttanella. Si scusate il francesismo. E questo perchè una scopata del genere si conclude sempre e comunque con un maledetto ciao (citazione lesbica!). Ma io sono così. Per passare sopra a tutte le insicurezze che quotidianamente mi affligono mi accontento anche e soprattutto di una scopata touch&go, senza conseguenze, lallero, per l’appunto. Guy non è d’accordo. No no no. Lui dice l’esatto contrario, che abbiamo interessi, siamo intelligenti carini e simpatici e che è troppo riduttivo accontentarsi di un touch&go, insomma svenderci ai saldi manco fossimo sciarpette a righe della stagione passata alla Upim. Ecco anche perchè è da un pò che Guy non si dedica alla pratica più antica del mondo. Ma allora dove sta la ragione? Secondo Ga nel mezzo. Lui ha un ottimo rimedio per farsi passare la voglia. Guarda i boni e succhia un ghiacciolo come se stesse succhiando ben altro. Ne ha di bendonde. Ma a parte questo è più verso Guy, pensa che sia giusto far capira all’altra persona che si è qualcuno, che oltre al sesso si può dare di più. E bisogna conoscersi e parlare. E proprio in questo mega e aggrovigliatissimo discorso si insinua la solita conclusione che tutto ciò è creato dal mondo internet. Chat, faccialibro, myspace e tutti i cazzo di network dove te la scopi con un clic. E fin qui può essere. Ma Guy è fomentatissimo. Lui dice anche che se i ragazzi non si avvicinano più è perchè non ricordano più la cara e vecchia comunicazione verbale. Io ci metto anche quella non verbale che fa sempre sonocoltoenehodibendondeanchesetirodeammetterlo.Se,lallero. Però un pochetto è vero. A me non mi si avvicina mai nessuno. E questo dovrebbe farmi riflettere. Ma anche riflettere al contrario, che forse il problema è generazionale, e non è detto che sia solo ed esclusivamente colpa mia. Se no che senso ha incontrare uno che su faccialibro ti scrive mail su mail e poi dal vivo non ti saluta. E io ovviamente, che sono Annabelle Bronstein di certo sto ad aspettare che tu mi saluti. Per cui lallero. Comunque, ritornato a casa alle 2 passate, dopo tutto sto abbuffo di cibarie varie, e discorsi che ancora mi frullano in testa, apro il maledetto mezzo internet di cui sopra perchè non ho sonno. E su messengere mi vede tale Attivo83, che oltre a stimare per la fantasia nella scelta del nick, mi stupisce perchè mi telefona seduta stante. Io rispondo. Cominciamo una simpaticissima conversazione sull’argomento di cui sopra. E non so neanche io perchè. Se, lallero. E dopo tipo un ora al telefono me lo ritrovo dentro casa. Lui un pò come Ga, crede che la verità stia nel mezzo, ma al posto di leccare un ghiacciolo, bè ecco brucia l’ormone pensando bene di leccare qualcos’altro. Se, lallero. Vabbè, ci siamo dati al sesso quello più spinto. Un pò ovunque. Sul divano, sul mio letto, in bagno. Per terra in camera. Sul ballatoio. Na cosa da circa due orediseguitoininterrottamentesenzarespirareneanche. E proprio lì, mentre mi facevo strombazzare che lui mi sconvolge un attimo, cambiando il gioco. Passa la mano e dall’attivo che era diventa passivo. Per cui io attiveggio. Se, lallero. E l’attività mi sorprende. Mi piace. Godo. Ed è praticamente la prima volta che lo faccio con risposta positiva. E capisco. Capisco il concetto di Guy e Ga in una nano secondo. Io me lo sono scopato ed ho goduto molto di più che se fosse stato, come al solito, il contrario. Questo oltre a gettarmi nella più imbarazzante e sconvolgente riflessione su me stesso, perchè fino ad oggi io sono stato sempre passivo e anche molto convinto di esserlo, mi fa sentire diverso. Che casino. Già sono diverso. Nella mia diversità, si conclama un’altra diversità. Adesso tutto è cambiato. Mi sento maschio. Mi sento soddisfatto, come poche altre pochissime volte in passato. E forse entro in una nuova fase della mia esistenza. Io scopo da Dio. Anzi me lo scopo per essere preciso. Lo devasto. E mi devasto anche un pochetto io. E poi quando finiamo e ci dedichiamo a simpatici giochi acquatici sotto la doccia lui mi fa una domanda. Che in passato avrei fatto io quando una scopata va alla grande. Ma che poi io non ho mai fatto perchè sono insicuro e perchè una risposta negativa mi farebbe cancellare anche la migliore delle scopate. Mi chiede se mai ci sarà una seconda o una terza volta. Anzi ci tiene a sottolineare che lui di solito non fa scopate touch&go, anzi ha solo trombamici. Si è per questo che alle tre di notte ti sei presentato a casa mia. E io rispondo, freddo, distaccato mentre mi asciugo un secco e sonoro “NO”. E motivo: “Non credo proprio che ci possa essere un’altra volta. Sono uno che ormai si è un pò stufato di far finta che queste cose vadano bene. Io voglio innamorarmi. Voglio potermi fidare di una persona. Voglio potermi sbrodolare col gelato. Ed essere sicuro. Sicuro che quello che sono io va bene a lui. E lui lo stesso di me. E tu non mi sembri il mio tipo giusto in questo. Senza offesa, ovviamente.” Lui sorpreso. Sorride. Sorride amaro, purtroppo. Mi saluta. Mi chiede di accompagnarlo all’uscita, manco abitassi in un palazzo di quattro piani, e lo congedo con una buona notte. Anche se la notte è quasi finita. E mi chiedo se per la prima volta sono stato me stesso, oppure sono stato solo molto cattivo. Alla fine Attivo83(anchesediattivohagiustoilnickname), non mi aveva fatto nulla. In tutto questo mi doccio, faccio un caffè doppio e metto nero su bianco questi miei pensieri. Adesso vi comunico ufficialmente che esco e vado a lavorare. E ne avrò comunque di bendonde. Se, lallero!

Oh cielo mio marito!

Ieri sera finalmente ho avuto un appuntamento con quello che sarà mio marito. Devo essere sincero ci sono dei dettagli che vanno ben studiati. Ma io sono fiducioso. Per quanto riguarda la lingua, bè io non ho problemi. Parlo un buon inglese. L’ho sempre detto a mio padre che prima o poi mi sarebbe ritornato utile. La distanza non mi fa paura. Il mio obiettivo nella vita è anche viaggiare il più possibile. E so come si porta avanti una storia a distanza. Poi con internet tutto è molto più semplice. E io adoro i bambini, per cui non avrei problemi a prendermi cura dei suoi cinque figli. Ha persino due gemelli. Ed io ho sempre sognato avere due gemelli da vestire uguali ma con colori diversi oppure complementari. E che proprio non so come neutralizzare la moglie. Però io non sono geloso. E lui in definitiva può permettersi un’amante. MMMMMMmmm. Non lo so. Comunque è una cosa che risolverò.
Vabbè tutta sta introduzione serve solo a comunicare al mondo che ieri con Guy ho visto dal vivo il mio amore. Ovvero Justin Chambers. Abitare a Roma oltre che farti eusarire per la ricerca di un parcheggio, ti fa esaurire per trovare un ragazzo. Ma noi ragazze della porta accanto di certo non ci spaventiamo di così poco. E così che troviamo soddisfazione delle serie americane come Gray’s Anatomy. E in ragazzoni eccitanti come Justin, di cui sopra, dove evidenzio il mio stato assoluto di degenerazione mentale. Ieri pomeriggio mi sono organizzato e sono andato a prendere il biglietto per la serata per vedere la prima puntata della quinta serie al Roma Fiction Fest, presso il cinema Adriano. Io e Guy arriviamo giusto cinque minuti prima dell’inizio della proiezione e già veniamo pervasi da una gran voglia di ficcare la lingua nella bocca di chiunque. Boni devastanti pass muniti, ci passano vicini e ci lanciano i loro ferormoni. E noi non resistiamo. Ci innamoriamo ogni 4 secondi. E sono tutti oggettivamente interessanti. Anche se la nostra attenzione quasi subito viene disturbata dalla sosia di Eva Grimaldi che per scrivere un sms si ficca il cellulare quasi nel naso, visto la sua improbabile cecità. Vabbè fumata una sigaretta comincia il dramma. Ovvero raggiungiamo l’entrata per la sala quattro e ci viene comunicato che la sala è piena e non cè più posto. Io mi infervoro, e mi chiedo ad alta voce il senso della cosa. Che vuol dire? Noi abbiamo il biglietto e lo agito nervosamente. Ma come stracazzo è? No io devo riuscire ad entrare e incontrare mio marito. Andiamo lui è qui solo per incontrarmi. Quasi in 5 secondi le circa 756 persone che ci circondano si allontanano. Ma io conosco questi mezzucci da quattro soldi per ridurre le resse. Io sono Annabelle Bronstein e ancor prima sono una organizzatrice di eventi che sa come evitare i problemi delle fan urlanti. Per cui dico a Guy che non ci dobbiamo muovere da lì, tanto tutt’al più li vediamo arrivare. E così di fatti, Justin Chambers e Eric Dane con sua moglie Antonia di Beverly Hills 90210 arrivano sull’orange carpet. Io rimango sconvolto. Ma siamo troppo lontani per poter fare delle foto decenti. Macheccazzo. Non è assolutamente giusto. Poi il miracolo. La stronza di prima chiama solo chi ha il biglietto per Gray’s Anatomy. In meno di un minuto sono al piano di sopra e fotografo Justin. Mamma quanto è bello. Prendo anche l’eventualità di buttarmi dal piano di sotto direttamente nelle braccia di Justin. Sarà si e no un metro e mezzo. Tò al massimo due. Chevuoichemisucceda? Poi i ferormoni dell’accreditato stampa al mio fianco mi fanno tornare alla realtà e decido che sia il caso di andarsi a proccaciare un posto in prima fila in sala. Recupero Guy anche lui imbambolato peggio di me davanti a quelle due visioni ed entriamo in sala. Faccio una micromovenzapop per festeggiare i tanti posti vuoti che vedo, ma rimango di sasso quando raggiunti i sedili li scopro riservati. Porcazozza. Ma non demordo. No. No. No. Trovo due posti in terza fila nella parte più esterna. Sticazzi. Basta essere vicini. Poco dopo una simpatica shampista prende la parola al microfono e ci dice che ci dobbiamo sedere altrimenti non si inizia. Ovviamente suona antipatica, stronza e acida. Noi le lanciamo una maledizione. Ovvero le emorroidi al culo. Lo so, siamo cattivi, ma credetemi, se le meritava tutte. E si faceva pure la svelta, sta stronza. Indecisi se regalarle un corso di congiuntivo della lingua italiana oppure no finalmente arrivano Justin ed Eric. BONISSIMI. Fanno una breve intervista che raggiunge il suo apice quando quella cogliona della presentatrice dice che cè una ragazza che ha aspettato ben sette ore per vederli (e questo mi porta a chiedermi se ci fa o ci è, perchè io e Guy ci abbiamo messo davvero pochissimo, mah???) e perciò si è guadagnata la possibilità di fare una domanda. Ovviamente non sapeva cosa stracazzo chiedere per cui si è finta imbarazzatissima e ha passato la mano. Justin si avvicina e le fa il baciamano (!!!!). MACCCHHHEEEEEEEEDOLLLLCCCCCEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!! Mamma che invidia per quella stronza della moglie. Comunque dopo altre domande simpaticissime e interessanti (“da quale personaggio della serie vi fareste operare?” chiede la Veronica Maya dei poveri con un’insopportabile cantilena!) i due vengono congedati, salutano e ringraziano ancora e vengono invitati a uscire. Ma è qui che il dramma mi coinvolge. Quando Justin passa vicino a me gli urlo un mega “Ciaoooooooooo Justinnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnn”, e lui risponde sorridendo ed alzando la mano sinistra. “CIAOOOOOOOOOOOOOO”. Mamma mia. Mi ha anche risalutato. E poi scompare dietro una porta. Mamma che bello. Che dolce. Checcccarriiinnnnnoooo. Ed è anche terribilmente simpatico. Nel giro di cinque secondi sia Justin che Eric sono fuggiti. Io ringrazio di averli visto da molto vicino e mi accontento. Ma la gioia lentamente si attenua mentre parte la puntata di Gray’s. Sempre avvincente come al solito. Ma non vi dirò nulla per non rovinarvi. Finita la proiezione io e Guy ci spariamo un mega-kebab buonissimo e raggiungiamo casa mia per prendere la macchina. E così provati da quell’incontro con Guy decidiamo che la nostra destinazione è il Coming Out dove tutto quello che i nostri occhi vedono è imparagonabile a quello che abbiamo visto prima. Abbiamo finalmente deciso che ci dobbiamo trasferire a Los Angeles. E averne anche lì di bendonde.