Gli Improbabili Appuntamenti di Annabelle Bronstein – Il Giornalista telefonico e il non-primo-appuntamento

Quando si esce da una storia la prima cosa di cui hai bisogno è di affermare di nuovo te stesso. E’ un processo comune a tutti. Avviene nei modi più diversi: shopping o taglio di capelli o rimorchiarsi chiunque capiti a tiro. Ovviamente si possono fare una di queste cose singolarmente o addirittura tutte. In tempi diversi.  L’importante è farle però. Io dopo la rottura con il mio toy boy non ho potuto fare altro che provarci con chiunque, che, come tutti sapete, è una cosa che non faccio.

Tra questi mi sono ritrovato su una delle solite app gay, Bender mi sembra, a scambiare intense conversazioni con questo tizio. Trentaduenne pugliese trapiantato a Roma, giornalista, amante del cinema e dell’arte. Io ero anche abbastanza eccitato, a dire il vero per tutti questi interessi. E già ero li che mi immaginavo un devastante lieto fine. Abbiamo iniziato con la solita chattata di rito. Dopo tre giorni di chiacchiere via app siamo passati a telefonarci.
Al settimo giorno di telefonate frequenti e dettagliaterrime, abbiamo avuto la nostra prima telefonata con amplesso telefonico. Non me lo aspettavo. Non pensavo che dal parlare di quello che avevo fatto il pomeriggio a regalarmi un solitario condiviso al telefono il passo poteva essere così breve. Mi sembrava logico e scontato fissare un incontro. Insomma, cos’altro dovevamo aspettare? Il mio giornalista di cinema e cultura però tergiversava e sonoramente. Non mi tornavano i conti. 
Non mi tornavano soprattutto perchè aveva un livello di dolcezza inaudito e spropositato. Ogni volta mi tirava fuori una filippica di dieci minuti su quanto gli sarebbe piaciuto abbracciarmi, baciarmi, leccarmi ovunque. Su quanto gli piaceva fare l’amore. E ci teneva a sottolineare che lui faceva l’amore. Non faceva sesso. Il sesso era freddo, allontanava e per lui perdeva tutto di significato se non si usava la parola AMORE. Lui aveva avuto solo fidanzati. E quando sentiva che l’amore diventava sesso per lui era finita. Non c’era niente che lo faceva tornare indietro. 
L’ottavo giorno ero assolutamente deciso ad andare a segno. Ci sentiamo a pranzo e la telefonata assume dei toni surreali.

“Hey ciao come stai?” mi dice sensuale.
“Bene… Sono al lavoro… E’ una giornata pesante qui!” dico serio.
“Io sono a pranzo con un mio amico. Nicolas… (Pausa, molto lunga)”
“E?” incalzo io.
“Nicolas Vaporidis, lo conosci?” dice lui.
“NO! Il nome non mi è nuovo, ma non so di chi parli… Dovrei conoscerlo???” (naturalmente sapevo assolutamente di chi stava parlando. Figuriamoci, ma non volevo dargli alcuna minima soddisfazione. D’altronde mica solo lui conosce gente che conta. Io conosco Fabry, e pure il Signor Ponza. Tiè)
“No, figurati è solo un amico. Comunque sai cosa farei adesso? Adesso…” e riparte con dettagli scabrosi.
“Ehm. No scusa. Sono al lavoro. Mi dispiace ma quando sono al lavoro queste cose non si possono fare” dico fermo e irremovibile.
“Ok. Dai sentiamoci più tardi allora” chiude lui.

Io inevitabilmente ci ho visto del malato. Dopo otto giorni di assidue telefonate e what’sappate ad ogni ora non potevo assolutamente sopportare che ancora ci eravamo visti.Soprattutto perchè mi condiva il pomeriggio anche con dettagli del suo corpo. Interessanterrimi, per carità. Insomma, che senso aveva. Tanto più che abitavamo a pochissima distanza. Ma la prova del nove l’avrei avuta in serata. Io avevo deciso che in qualche modo ci saremmo visti, i dettagli gli avrei decisi al momento. Random. 
Dopo cena quella sera ci siamo sentiti. Dopo le chiacchiere di routine il giornalista è inevitabilmente andato a finire su quello che gli piace di più fare, ovvero lo sporcaccione telefonico. Io ragazzi, ho sbadigliato. Sapete com’è, tutte le mattine mi sveglio alle 5:50 e dopo una giornata devastante uno sbadiglio se lo potrà permettere. EINVECE il dramma si era celato dietro l’angolo. Fino a quel momento. Mi è arrivato uno sbrocco devastante peggio di una doccia fredda: “Scusa ma io ti sto dicendo di quanto ti vorrei vicino, di quanto vorrei abbracciarti, e di tutte le fantasie che vorrei condividere e tu mi sbadigli in faccia? Ma io non penso che sia possibile una cosa del genere” tuona lui tutto incazzato.
Io, che tento di minimizzare in modalità LEVATISUPERASAP. “Scusami, hai ragione, sono stato inopportuno e ineducato. Solo che a quest’ora mi viene un sonno devastante. Sai essendomi alzato praticamente all’albUUUAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHH.” SBADIGLIO. Ancora una volta. Ancora di più. Panico. “Oddio scusa, mi è uscito ancora” dico vergognandomi come un cane. Manco avessi ammazzato qualcuno. Parte lo sbrocco. Quello vero. “Ma che davero???!!!??? Ma io dico si fa una cosa del genere? Senti se non ti interessa niente forse è il caso di smetterla qui. A me le persone che si comportano in questa maniera non mi piacciono proprio.” Sbluff. E chiude la conversazione.
Così. Neanche Il tempo di capirci qualcosa che lui mi aveva richiuso il telefono e probabilmente aveva già cancellato il mio numero. Per uno sbadiglio. Ho passato tre giorni a cercare di capire come mai mi aveva trattato in quella maniera barbara. Poi ho capito. Si trattava di un semplice maniaco telefonico. In questo caso giornalista edition. Ovvero uno a cui piace masturbarsi per telefono. La cosa più assurda è che qualche giorno dopo, sempre su Bender mi ha scritto un tipo, senza foto ma alla sua stessa distanza. E così nella mia testa mi si è insinuato il tarlo che era lui che mi stava mettendo alla prova.
Che cerchi? – mi scrive.
L’amore. L’amore vero. Quello con la A maiuscola. E una persona con cui condividerlo. Che non abbia paura del sesso. E che non si masturbi al telefono. 
Ovviamente dall’altro lato non mi ha risposto più nessuno. Tana per te!

Il mio ex.

Naturalmente quando parlo di mio ex non mi riferisco di certo al tizio in foto. Ovviamente. In realtà c’è la foto del tizio perché proprio oggi anche lui ha annunciato di essersi lasciato, di comune accordo, con il proprio compagno. Ecco questo mi ha fatto sentire terribilmente vicino a Ricky. Per questo lo invito ufficialmente a condividere il suo dolore con me. Magari riusciremmo a condividere anche qualcos’altro, volesse il cielo. In realtà io voglio condividere con voi, miei fedelissimi lettori (#credeghe) la fine della mia storia. Se così si può definire.
#grindr
Era una calda serata di ottobre. Una classica ottobrata di metà mese. In cui le luci dell’imbrunire sono terribilmente instagrammabili ed hai solo voglia di Mcflurry con i brownies. Io ero in giro per Termini, ed in un momento di noia mentre facevo la fila al bancomat delle Poste ho avuto la fantastica idea di connettermi a grindr. Il male di questa nostra società – grindr, ma anche un po’ le poste volendo. Ricky non mi perdonerà mai per questo, e proprio in quel momento c’è stato l’inizio della fine. Ho iniziato a scrivermi con questo ragazzo carino. Pugliese, ventiduenne, trasferitosi da meno di un anno a Roma. 
Apro una parentesi. (A me i ventiduenni non hanno mai detto granché, però questo era molto carino. Inutile negarlo). Abbiamo cominciato una solita ed inutile conversazione, senza troppo pensarci su, e poi fin da subito abbiamo deciso di passare all’azione pianificando un incontro. Non in giornata, ovviamente, ma nei giorni a seguire. Una normale e inespressiva conversazione da grindr sottolineerei. Qualche giorno dopo ci siamo risentiti, ed abbiamo deciso di comune accordo di vederci la sera successiva. Detto fatto. 
Ricky, avresti provato dell’invidio subito. Ci diamo appuntamento a San Giovanni, e da li abbiamo iniziato una passeggiata-chiacchierata molto intensa. Un tipo simpatico ed educato, che non te lo aspetteresti essere uscito da grindr. Uno che riesce a coniugare i verbi e che per la prima volta mi è sembrato abbastanza genuino. Però, in me cresceva dello scetticismo. Insomma davanti a me avevo un ventiduenne. A me i ventiduenni non hanno mai stimolato niente di niente. Scetticismo e non solo, iniziavo ad essere molto confuso.
#thedramaisalwaysoverthecorner
Pausa riposaculo al Coming Out, e il primo momento drammatico. Mi appare davanti lo Gnoffolo. Lo Gnoffolo è un nuovo protagonista del mio blog, di cui presto vi racconterò in maniera più dettagliata. Non ci vedevamo da un millennio, ed io ero incredulo. Ero lì a far incontri al buio quando lo avrei limonato molto volentieri. Lui però si accompagnavo con il suo fidanzato. O almeno quello che, io penso che sia, il suo fidanzato. Saluti di rito e arrivederci ASAP. Riprendiamo a parlare e a conoscerci. Scopro che studia Teologia (!) ma non per far il prete. Vuole diventare avvocato della Sacra Rota. 
Sono davvero incredulo. Ma inizio a sentirmi a mio agio. Io, ovviamente, gli parlo senza peli sulla lingua, d’altronde ho una certa età per permettermelo. Gli spiego che mi piacerebbe innamorarmi, che non disdegno il sesso ben fatto, e che comunque mi piace molto fare sesso. Lui è d’accordo, un rapporto senza sesso, muore sul nascere. Lui ci tiene a sottolineare che è un tipo molto religioso. Ma è open, è tutti possono avere i proprio svaghi e passatempi. Lui vuole che io capisca che ha bisogno di frequentare la Chiesa. Io lo ignoro e penso solo al momento io cui glielo prenderò in bocca. Per intenderci.
Ci fermiamo davanti il Carcere Mamertino. Mi racconta di San Pietro carcerato, della sua caduta mentre scende nel carcere, e siamo vicini, mi prende la mano, e iniziamo a guardarci negli occhi. Dritto dritto. Veniamo interrotti da un gruppo di americani che alle 22 passate sta in giro per monumenti. Poco dopo rimaniamo di nuovo soli, e li, inevitabilmente scatta un mega limone. Devastante. Pieno di lingue. Pieno di dolcezza. E soprattutto, valalalasss se ci sapeva fare. Io già mediamente innamorata.
#unasettimanadopo
Vabbè, vi risparmio tutta la melanzosa settimana seguente. In ordine sparso abbiamo fatto tutte le cose che normalmente odio che facciano le coppie: shopping insieme tenendosi mano nella mano, comprare regalini stupidi per lui, comprare cover per l’iphone con cuori, presentarlo ai miei coinquilini, presentarlo ai miei amici, portarlo alla Popslut night con me, pomiciare davanti a chiunque alla Popslut night (per la serie pensavate tutti che ero una sfigata orrenda e invece ho un toy boy e voi no, levatevi asap), parlare come se ci conoscessimo da una vita, dormire insieme, pranzare insieme, cenare insieme quasi sempre. 
Lo so. Abbiamo bruciato tutte le tappe in una solo settimana. Il primo vero drammatico momento c’è stato al decimo giorno quando è partito per la sua terra natia per le celebrazioni della festa del patrono. (#piena). Anche se ci siamo sentiti davvero spessissimo che quasi non ne ho sentita la mancanza. Ritorna e non riusciamo a vederci, per diversi motivi che oggi manco mi ricordo, ma si prepara un dramma epocale. Devastante. Di epiche proporzioni che mai e poi mai avrei immaginato.
Mi arriva a mezzo What’s App uno screenshot di lui, il mio +1 non ancora accreditato del tutto, connesso su grindr. Maledizione. Inevitabilmente, il colmo per Annabelle Bronstein. Avere una sorta di fidanzato che fa ciccipucci dalla mattina alla sera e poi si fa beccare su grindr. Ero già nella posizione di dover rinunciare al mio happy ending? Ci ho dormito su una notte intera, ed il giorno dopo, mentre lui era di ritorno a Roma io senza mezzi termini gli ho inoltrato quello scatto. Ebbene non ha avuto un moto di vergogna, nient’affatto. Non ha pensato di scusarsi. Nient’affatto. Non ha neanche pensato di trovare una scusa vagamente plausibile. Nulla di tutto ciò. Voleva solo sapere chi me lo avesse detto. 
Ovviamente io non ho mandato giù la cosa. Devo essere sincero, non tanto per grindr. In fin dei conti non eravamo affatto fidanzati. Ci poteva stare, e probabilmente lo avrei anche capito e sarei andato oltre. Ma c’era qualcosa che non mi convinceva nel suo atteggiamento. Che fino al giorno prima era di una persona davvero coinvolta. Purtroppo però è ripartito ancora, per le terre natie. Sapete altre feste di santi e/o patroni di cui non mi ricordo davvero un cazzo. Abbiamo continuato a sentirci ma di meno. E l’incontro prima che partisse, da cui mi aspettavo delle scuse almeno, non ha prodotto che altre pippe mentali.
Pippe che mi sono fato per giorni e giorni. E dopo un’altra settimana ancora ci siamo rivisti. Finalmente. Era carino. Molto. Abbiamo riso e scherzato un po’, quando poi ho ripreso il discorso spiegandogli il mio disappunto nel non avere alcuna spiegazione per quanto riguardava l’Affair grindr, lui mi ha detto che potevo stare tranquillo, che in realtà aveva aperto grindr per scriversi con alcuni amici di giù di cui non ha il numero, ma solo il contatto gridr. Eppure c’era qualcosa che non mi tornava. Avevo l’impressione che non era tutto. Mi viene in mente di aprire il mio grindr, non so per quale motivo non lo avevo aperto più dal giorno che ci siamo incontrati.
Gli dico di connettersi su grindr, volevo vedere se gli arrivavano dei messaggi e se riuscivo a vederlo connesso, avevo il dubbio che mi avesse cancellato. Prima usa la scusa della batteria scarica, poi finalmente lo accende, e mi accorgo dell’orrore. Mi aveva cancellato. Ecco, in quel momento esatto nella mia testa è partita Goodbye, ed ho chiuso definitivamente tutto. Cancellato all’istante. Appurato che mi aveva bloccato, era chiaro che aveva ben altro da nascondere. Io invece non avrei tollerato abbastanza. Lo salutai, in maniera del tutto indifferente.
E chiuso. Ovviamente non si è fatto più sentire. Fino al giorno di Santo Stefano, dove lo ignorato fino a che ho potuto, ma ho dovuto assolutamente rispondere. Perché ovviamente si, ero piena. Ebbene, è evidente che adesso io e Ricky Martin possiamo dimenticare le nostre storie e finalmente farne di ben donde insieme o anche solo rifarci una vita. Io naturalmente sono qui in attesa di un suo invito, e sono sempre più certo che non esiste un fidanzato per me. Certissimo. 

#2014

E’ sempre abbastanza difficoltoso riprendere le file di questo discorso. Ma lo riprendo, ed anche volentieri. D’altronde fare il blogger è il mio passatempo preferito. Proprio per questo motivo inauguro il primo post del 2014 con una serie di paragrafi. Così ci facciamo un’idea generale. Ovviamente in hashtag, perché ci piace così.
#nonhounfidanzato
E’ evidente che sono single. Anzi, come dico sempre io vivo la mia singletudine, che è una tacca peggio. Nel senso che ho tutti i requisiti per avere una dolce metà ma gli eventi mi vengono contro. Sempre. E sempre peggio. E se il mood costante della mia vita è “il dramma è sempre dietro l’angolo”, quest’anno ci aggiungo un tassello in più. Ma ve lo svelerò a breve.
#friendshipneverends
E’ ufficiale, le amicizie resistono alle peggiori tempeste. Alcune sono resistite anche al duemilatredici. Signori cari il duemilatredici è stato l’anno della devastazione. Si sono lasciati tutti. Tutti quelli intorno a me hanno sfanculato il proprio partner, e lo hanno fatto tutti nel peggiori dei modi. Quando si dice l’amore. Ma a questo punto meglio soli, con degli amici pazzeschi, che fidanzati con un coglione. Dato di fatto.
#buonipropositi? #unodiquestigiorni
Questione buoni propositi. Devo essere sincero. Ogni anno mi auguro di trovare un fidanzato, pubblicare il mio libro, avere un programma su Real Time ed un fisico semipresentabile. Ecco, nel 2014 non faccio e non voglio fare buoni propositi. Io sono la classica persona che quando soffia le candelina il giorno del compleanno poi le spezza ed esprime un desiderio. Sono sette anni che esprimo sempre lo stesso. E per ora non c’è neanche una remota possibilità che quel desiderio si avveri. Ma zero proprio. Ho deciso di puntare su ciò che ho. Ebbene ho un manoscritto pronto per la stampa (chiunque sia interessato, attendo proposte!!!), una voglia devastante di cambiare lavoro (ma ahimè!), la necessità di dividere la mia esistenza con un uomo. A 360°. Non ho detto a 90. Anche se sarebbe stata una battuta davvero efficace. Ad ogni modo sono del parere che non ha più senso sperare che le cose accadano e si realizzano. Bisogna passare all’azione. #bringtheaction
#chefinehafattoilprincipeazzuro?
Ovviamente tocca prendere coscienza della situazione in cui viviamo. A cena non si parla più, si controllano gli status su facebook e chi è online su Grindr. E’ un dato di fatto. Questo, inevitabilmente distrugge qualsiasi tipo di comunicazione. Non si riesce a parlare e ad avere una conversazione interessante. Addirittura si parla per hastag. Come me in questo post. Ma io lo faccio per essere super cool. C’è chi lo fa perché non ha più niente da dire, o perché ha perso interesse nel dirlo. E  tutto si ripercuoto nelle relazioni. E il principe azzuro si è dato, definitivamente.
#superasap
Ho deciso che questo sarà l’anno della mia soddisfazione. Inteso che sarò io l’artefice della mia felicità. Direi che a questo proposito niente è più appropriato di #Levatevi #SUPERASAP
Spero che questo post vi sia piaciuto. E’ un collage di tweet mai tweettati e appunti sparsi tratti dalle note del mio iphone. Per ovvi motivi la grammatica sé andata a far benedire. Non che in passato io abbia mai scritto bene. Ah, e per rendere più piccante e stuzzicante il post in realtà ci ho inserito il titolo del mio romanzo. Non lo capirà nessuno. Detto questo vi auguro uno splendente 2014. E vista la situazione, #staytuned

Gli Improbabili appuntamenti di Annabelle Bronstein #3 – Bucce di banana

















Qualche sera fa ero in quel di San Lorenzo con gli amici per un aperitivo. Il classico aperitivo dove si sparla degli assenti, di cazzi di ogni tipo e di sesso. Evidentemente ignaro della piega che avrebbe poi preso la mia serata. In un momento di pausa tra le solite chiacchiere, ho acceso Grindr (as usual) per fare un piccolo atto di stalking. Ovviamente non andato a buon fine, e mai lo avessi fatto, perché mi sono irrimediabilmente imbattuto in una conversazione.
Mi scrive questo trentacinquenne, alto più di 190 cm, leggera pancetta e barbetta. Fatte le solite introduzioni del caso, mi chiede quali fossero i miei programmi per la serata. Gli spiego che ero con le mie amiche a fare l’aperitivo, ma che visto che non ci stava soddisfacendo, probabilmente di li a poco mi sarei liberato. Ancora prima del previsto in realtà è arrivata la pioggia a guastare il mood. Detto fatto. Riprendo la macchina e mi dirigo verso piazza Vittorio sotto casa del tipo. Sale in macchina e decidiamo di cercare parcheggio.
Saliamo da lui, e in ascensore ha il tempo di raccontarmi che è architetto, ed è disoccupato. Roma, un luogo affollato di architetti, che non lavorano. Per il momento va avanti lavoricchiando come può e continua a fare corsi. E’ molto spigliato e simpatico. Entriamo in casa e mi presenta al suo coinquilino. Dettaglio necessario e fondamentale: il dramma è sempre dietro l’angolo. “Ma noi già ci conosciamo, aspetta tu sei il coinquilino di Miss Dior!”. Mi sento dire da il suo coinquilino. E si, sono proprio io. Ma Miss Dior oramai è il mio ex coinquilino.
Sorrido q.b. (quanto basta). In fondo questo tizio mi ha fatto fare la pipì nello stesso bagno in cui l’ha fatta Victoria Beckham. Gli sarò riconoscente per sempre a prescindere. “Il mondo è piccolo. A Roma ancor di più”. Sottolinea l’Architetto. Leggo dell’astio nella sua uscita, ma lo ignoro. In fondo io ho solo voglia di scartare il pacco e trovare la sorpresa. E se quel pantalone non mente, la sorpresa c’è. Ed è enorme. Intanto però c’è la conversiamo come due sciure la domenica mattina a fare il brunch.
E le conversazioni diventano oceaniche. Parliamo di lavoro, amore, da ciò che ci si aspetta dall’amore, da quanto si abbia voglia di innamorarsi ma da quanto poi la realtà riesca a rendere tutto grigio. Da quanto Grindr sia diventato un mezzo detestabile nella vita di ogni omosessuale. Di quanto si ha voglia di abbracci, baci e carezze. Uh, è pronto il caffè; dimenticavo che l’Architetto lo aveva messo su mentre facevamo i dovuti saluti al suo coinquilino.
Insomma, se avessi avuto una parrucca fucsia in testa, probabilmente già sarebbe andata a fuoco per la gioia di vivere del momento. Il mio neurone chiedeva pietà, mentre lui, finalmente, appoggiava le tazzine del caffè sul suo tavolino Lack e si preparava a zuccherare. Dopo il caffè abbiamo parlato delle nostre origini. Della famiglia, e dei luoghi in cui siamo nati e cresciuti. Una puntata de “La Domenica del Villaggio” con Davide Mengacci. Sono certo che Eva, la mia vicina di casa in Abruzzo sarebbe stata interessatissima.
Proprio mentre pensavo di aver perso totalmente il mio sex-appeal ecco che l’incantesimo si è esaudito e ci siamo ritrovati a farne di ben donde. Adesso, non vorrei entrare nei dettagli, ma devo assolutamente per ovvi motivi di cronaca. Ci siamo dedicati per almeno una quarantina di minuti a dei limoni devastanti che l’uomo del Monte sta ancora a piangere in un angolo. Fino a che, ho scartato quel pacco di cui sopra, ma che sorprendentemente mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca. Non ne la maniera che tutti state pensando.
Il suo era un pisello non scappellato. Insomma aveva la sciarpa. Era coperto. Mata Hari. Ed io non avevo le forze. Nonostante fosse enorme era imbambuccato e già pronto per la prima neve. Questo escludeva ogni possibilità di penetrazione, perché ecco, lui aveva molta sensibilità e per giunta dolore. Per cui mettendo il preservativo era ancora peggio. Questo non me lo ha detto, ovviamente, ma me lo ha fatto capire perché il preservativo non l’ha preso. Moltobbene, penso, ecco un’altra sola.
Ignoravo, come al mio solito che il dramma è sempre dietro l’angolo, (e so due), e che non c’è mai fine alla fantasia umana. O al peggio, fate un po’ voi. Da adesso in poi questo post diventa inesorabilmente assurdo e imprevedibile. Preparatevi. Lui mi propone una sua fantasia, ovvero mi chiede se può darci di lingua. Rimming. Evviva penso. Mentre comincia però, ha una richiesta. “Ti andrebbe di fare come Miley Cyrus?”. Una coreografia dannatamente pop, penso tra me e me. Lo guardo e chiedo “In che senso?”.
Mai fare domande simili a richieste strane. Mai. Segnatevelo per il futuro. “Dai fai twerking, mentre facciamo rimming”, mi dice ansimante. Ricapitoliamo: sono in piedi su un letto a novanta mentre un tizio mi lecca ed io dovrei twerkare con le chiappe, come se non ci fosse un domani. Sorrido, anche se mi verrebbe voglia di urlare, e penso a mia madre e alla faccia che farebbe se solo mi vedesse. Io non sono ovviamente capace di twerkare, e nonostante abbia un culo che fa provincia (perché la carne è tanta oltre che debole) sapevo che il risultato finale sarebbe stato osceno.
Almeno potevo provarci. E così ho fatto. Naturalmente il risultato è stato pressoché imbarazzante. Non ero capace, e quel movimento che mi usciva fuori era di un orrore devastante. Mi sono anche guardato intorno, casomai avesse mai messo una telecamera nascosta, non si è mai sicuri di niente a questo mondo. Intanto che twerkavo, e lo spettacolo era orrendo, per cui per mantenere un livello ottimale di sensualità era pressoché impossibile, ho iniziato ad ansimare, ma con moderazione. E a bassa voce, soprattutto. In realtà mi iniziava a fare male le schiena, e le ginocchia facevano fatica a reggere.
Ma come sopra (il dramma è sempre dietro l’angolo NdA,) succede l’impensabile e l’impossibile allo stesso tempo. Mi viene un mega crampo al polpaccio destro. Sento il muscolo torcersi ed arricciarsi su stesso, ed un conseguente dolore devastante. Il piede sul bordo del letto, perde il controllo ed inizio a barcollare. Faccio una sorta di movenza pop per ritrovare l’equilibrio perduto, ma è tutto inutile, il dolore è talmente tanto che cado su me stesso per terra, e la mia corsa viene interrotta dal tavolino Lack. Lo urto violentemente, e un dramma, ancora più dramma, si consuma sotto gli occhi dei presenti.

La caffettiera che era sul tavolino con dentro una parte di caffè avanzato, finisce inesorabilmente sulla mia faccia. Passano alcuni secondi in cui mi sento Steve Urkel, e mi viene da dire “Sono stato io a fare questo???”. Ma non lo dico, il mio architetto si rialza, mi raggiunge e mi tira la gamba, anche se il crampo è passato. Io decido di chiudermi in un silenzio agghiacciante. Mi rivesto e me ne vado. Mentre torno in macchina impazza il diluvio e inizio a pensare che Grindr deve morire Asap. ASAP.

Lost in Translation Amici Edition

Dove sono finito? Non lo nemmeno io. Ad essere sincero forse mi era passata la voglia. O forse ero solo troppo depresso perché dovevo rendermi conto che avrei dovuto festeggiare trent’anni. Lo so che uno è giovane ancora a trent’anniMa ne ho lette talmente tante sui trenta che l’ansia mi è venuta per davvero. Ho letto che ti si riduce il pisello, che i capelli si fanno più radi e che inizia a mancare addirittura il desiderio sessuale. Tutte cose che poi in realtà, per quanto mi riguarda non sono avvenute. Anzi. Ma non bisogna mai sottovalutare le situazioni. Perché i drammi, sono sempre dietro l’angolo.

Aprile e maggio sono stati mesi strani, non mi sono reso conto bene di quello che avevo in testa e di come mi sentivo. In realtà sono andato in giro, con mio cugino dell’Australia. Mi sono ritagliato spazio nei week end e lo portato in Toscana, a Venezia e dai parenti in Abruzzo. Mi rendo conto che ve ne importa tantissimo, ma quello che voglio raccontarvi è accaduto qualche giorno prima che lui ripartisse. Per tutta la sua permanenza qui a Roma il suo Grindr ha trillato più del mio telefono. E tra gli altri un’ex amico di Maria lo ha pesantemente tampinato. Fino a che un venerdì mattina, mentre io ero a lavoro ne hanno fatto di ben donde.
La mia devastante voglia di cazzo ha superato le barriere linguistiche e quelle delle decenza. Perché intorno alle 14 mio cugino mi manda questo messaggio:  “What time are u home? Can we make it 3?”. Adesso io parlo un discreto inglese. Neanche ve lo sto a dire che cosa sia successo nel mio cervello. Quel piccolo, inutile e dannatamente arrapato di un neurone che mi ritrovo non ci ha pensato due volte ed è partito lo stachetto di “3”di Britney. E tutto ciò che ne consegue. Che volevate capirci in questo messaggio se non vieni che ne facciamo di bendonde a tre?
Io ero ancora a lavoro. Nel giro di dieci minuti dieci ho sbrigato tutto quello che non avevo fatto in una mattinata intera, ho preso le mie cose, strisciato il budge e sono fuggito verso casa. Erano appena le 14:30, ed avevo ufficiosamente intuito che qualcosa non andava. Insomma mio cugino si era chiuso dentro e nessuno mi apriva. Rileggo il messaggio. Insomma magari ho capito male io. No. Mi ha chiaramente detto che lo vogliono fare a tre. Figuriamoci se io mi lascio scappare un threesome con incesto familiare annesso.

Passano dieci minuti. E’ evidente che c’è qualcosa che non va. Deduco coscienzioso. Telefono a mio cugino. Risponde e gli intimo di aprire la porta ASAP. Lui viene, visibilmente imbarazzato e in inglese mi sottolinea stizzito che mi aveva chiesto di tornare dopo le tre. Bè anche meno. Eppure a casa mia “We can make it 3” significa che lo avremmo fatto a tre. Ma nessuno mi ha ancora detto il contrario, per cui entro e faccio la gnorri fino alla fine. Insomma mi trovo già nel bel mezzo di una mega figura di merda, tanto vale che la concludo degnamente. No?
L’Amico di Maria, piuttosto che di Maria mi sembra amico di un qualche CIM. Leggermente imbarazzato anche lui, è disorientato spazio tempo al punto che biascica qualche incomprensibile vocabolo. A questo punto prendo mio cugino e gli dico chiaramente che cosa dobbiamo fare, insomma io non sono mica una locandiera affitta camera ad ore. Ho gli ormoni in subbuglio e sono piena da morire. Lui mi guarda come se avessi deciso di portarlo alla benedizione domenicale del Papa e sorridendo dice che io non ho capito una beneamata ceppa.
Ottimo. Sorrido ed invito l’amico di Maria a prendere un caffè con noi altre paze dell’entroterra abruzzese e australiano. Di lì, a poco l’Amico di Maria è praticamente diventato anche Amico mio. Pensa che culo. Mio cugino lo aveva abbondantemente ragguagliato su tutti i cazzi miei: cioè che ho un blog, che scrivo, che faccio questo e quell’altro. Ma il dramma è sempre dietro l’angolo. E dopo aver fatto le amiche del sabato pomeriggio lui esce e manda un sms a mio cugino chiedendogli di raggiungerlo al bar di fronte casa per parlare altri cinque minuti.
I minuti diventano venti, e quando mio cugino torna mi racconta che l’Amico di Maria lo ha implorato di rimanere in Italia. Di trasferirsi e di andare a vivere insieme. Di essere profondamente innamorato e non riuscire già a vivere senza di lui. Figuriamoci se potrà mai vivere col pensiero di lui a 16000 km di distanza. Ovviamente mio cugino non ci ha pensato neanche trenta secondi e lo ha invitato ad andarlo a trovare a Sidney. Ma si #credegheagliufoeaicangurivolanti. Detto ciò sapete qual è la morale di questa simpatica avventura?
1. Devo ridefinire il mio concetto di buona comprensione della lingua inglese che ho scritto sul Curriculum Vitae
2. Il dramma è sempre dietro l’angolo.
3. Mai fidarsi di ciò che dice mio cugino.
Ma non è finita qui. Perché l’epilogo drammatico di questa serie di eventi incomprensibili si conclude il lunedì successivo. Dopo aver accompagnato mio cugino in aeroporto, rientro in casa e prendo possesso della mia residenza rimettendo in ordine e facendo centordici lavatrici e sbram, davanti a me si palesa un asciugamano smerdaterrimo. E qui adesso si apre il dubbio amletico: Chi vuoi che sia stato??? Non lo sapremo mai. M.A.I. Oppure si, io già lo so, ma non ve lo dico.

N.B. La foto del Manzo in alto è puramente casuale, e non riguarda l’Amico di Maria di cui sopra. 

 IL PUNTO del SIGNOR PONZA

La doverosa premessa è che quando Annabelle Bronstein mi ha chiesto di scrivere per il giovedì random mi sono sentito felice e onorato al tempo stesso. Spero che la mia scenata isterica alla Loretta Goggi non abbia influito eccessivamente sulla scelta. Negli istanti successivi, tuttavia, ho iniziato un po’ a sentire il peso della responsabilità di scrivere su un blog che seguo e ammiro da tanti anni e che, soprattutto, è così apprezzato. In poche parole, mi son cagato addosso. Il compito che mi è stato affidato, infatti, è quello di parlare di attualità e politica. Quindi la mia grossa preoccupazione è quella di cercare di non annoiare, anche perché fondamentalmente resto pur sempre un cazzone di prima categoria.
Per facilitarmi in questo compito e inaugurare questo spazio, ho deciso quindi di parlare di politica partendo da uno che era nato facendo il comico, cioè facendo ridere la gente: Beppe Grillo.
Il comico genovese è molto in voga in questi ultimi mesi, manco stesse facendo un tour mondiale BPP GRLL, prendendo per il culo Lady Gaga e scapezzolando sul palco come fosse una Belen Rodriguez qualsiasi. No, molto peggio. Tante persone hanno votato alle ultime elezioni amministrative il Movimento 5 Stelle, da lui promosso e sponsorizzato, al punto che a Parma, comune di circa 188.000 abitanti, è stato eletto il primo sindaco “grillino”. Ma su questo ci torniamo a breve.
Prima vorrei spendere due parole su Beppe Grillo. Beppe Grillo è tornato alla ribalta negli ultimi anni per essersi promosso come paladino delle nuove tecnologie e, soprattutto, grazie al successo del suo blog. A proposito, voi avete mai aperto il blog di Grillo recentemente? E’ talmente incasinato che era più facile navigare e trovare contenuti nei vecchi Windows Live Spaces scritti dalle bimbeminkia e piene di scritte glitterate e animazioni di Hello Kitty che provocavano attacchi epilettici ripetuti. E’ importante inoltre non dimenticare che, una decina di anni fa, durante i suoi spettacoli, Grillo spaccava i computer sul palco come nemmeno il peggior luddista. Diceva anche di voler distruggere i partiti e oggi praticamente ne ha fondato uno.
Non mi si fraintenda, non ho nulla in contrario a chi cambia idea. Io stesso lo faccio più o meno un migliaio di volte al giorno. Quello che più mi spaventa è che Grillo ha tirato su un carrozzone che, sfruttando l’ondata di antipolitica, si trova a fare i conti con la delicatezza e la responsabilità che il ruolo di governo della Cosa Pubblica impongono. L’elezione a sindaco di Pizzarotti a Parma ne è un esempio. Il Movimento 5 Stelle si è trovato catapultato alla guida di una città di medie dimensioni, con un debito di bilancio stimato tra i 900 milioni di euro e il miliardo e due. Ancora non hanno formato la Giunta (solo un assessore è stato annunciato. Per carità, via youtube, bellissimo, ma solo uno) e hanno deciso di scegliere il city manager (il Direttore Generale), esaminando i curriculum che arriveranno via internet. Il tutto per quanto? Pare per circa 38.000 euro lordi (non ho trovato conferme, anche perché sul blog di Grillo, come vi dicevo, non si capisce un cazzo). Cioè più o meno lo stipendio che un Signor Ponza qualsiasi potrebbe guadagnare. tra un paio d’anni. Ma 1 miliardo di euro di debiti di un Comune non si risana con l’antipolitica e gli slogan, né tantomeno con qualcuno che “assumi” via internet per quelle cifre lì.
Si sarà intuito che il mio giudizio nei confronti di Beppe Grillo e del suo movimento è decisamente negativo. E allora gli altri sono meglio? Direi di no, il panorama non offre molto. Forse Gerry Scotti arriverà a salvarci e a benedirci tutti quanti, ma questa, se non vi ho martellato troppe le palle con questo post, potrebbe essere materia di approfondimento dei prossimi giovedì random.
Se anche tu sei rimasto totalmente convinto e appassionato dal punto di vista del Signor Ponza, leggilo su Così è (se vi pare) e non perdere l’occasione di metterti in discussione!!!!

Un nuovissimo appuntamento  con il Giovedì Random di Annabelle Bronstein! Questa settimana, un featuring davvero inaspettato e sorprendente con uno dei  blogger che ho più amato dai primi post, Upclose, ovvero il Blog di cui potevamo fare a meno. In realtà il cinismo, la simpatia e il genio di questo ominide pazzesco sono a mio avviso indiscutibili. Se volete sapere di più basta cliccare qui. Se invece non non avete letto ancora il Sextastic #3 basta cliccare qui, ma ora fuggo e vi lascio a questo nuovo imperdibile  giovedì!
Ok. Ascoltami. Metti caso che un mio amico esce con un tizio. Un tizio che dice di avere 38 anni. In realtà potrebbe dimostrarne anche qualcuno di più. Ma non è questo il punto. I due escono. Escono per andare a bere una cosa e conoscersi. E fare quattro chiacchiere. La serata va benissimo. Parlano di tutto. Di cose serie. E di cose meno serie. Si divertono. Hanno anche tanto in comune, nonostante la differenza d’età sia effettivamente enorme. Parlano fitto fitto. Bevono coca-cola e sorridono quando gli scappa a entrambi un ruttino. Poi si sa come vanno queste cose. A un certo punto si sente la voglia di andare oltre. Di un gesto. Di una carezza. Di un bacio. Il mio amico accetta l’invito e vanno a casa sua. Ma quando arrivano a casa succede qualcosa di inaspettato. Entrano, si lasciano andare ad un bacio liberatorio. Che cercavano e volevano da almeno un paio d’ore. Con la penombra della sala da pranzo, e il riverbero di una lampada i due si avvicinano. Si baciano. Si accarezzano. Ma accade l’impensabile. Di colpo si accende la luce. E irrompe un terzo. Un altro uomo. Molto carino. Anzi, potremmo dire bono. Un fascio di muscoli. Anche lui sulla quarantina. Con l’accento irlandese. “Ciao, come va?”. Il mio amico, paonazzo, non sa che dire. Si sente in un mega imbarazzo e vorrebbe buttarsi dalla finestra. Trova un filo di voce, ed esordisce “Bene. Tutto ok. Ma… Ma… Ma tu chi sei?”. E come è ben noto da queste parti, il dramma è dietro l’angolo. In realtà era giusto nella stanza affianco. “Io sono il suo ragazzo.” Silenzio. Panico. Vergogna. E l’altro: “Senti. So che è una cosa strana, suppongo che non sia neanche troppo normale come cosa. Ma io sono uscito con te, in pieno accordo col mio ragazzo, perché volevamo conoscere una terza persona. E bè… Insomma”. STOP. Adesso. Il mio amico, ma come penso anche io se fossi stato in lui, si sarebbe alzato e avrebbe cominciato ad urlare, come se non ci fosse un vicinato, e a buttare la qual si voglia a terra. E invece ha semplicemente detto: “Bè. A me sembra una cazzata, però…” Detto fatto. Di li a poco sarebbero finiti a farne di ogni nella stanza di cui sopra. Adesso. Il mio amico è single e fa quello che vuole. Loro sono una coppia, e se di comune accordo, possono fare comunque quello che meglio credono. Il problema sta che il mio amico ci è stato solo ed esclusivamente perché il fidanzato irlandese è tipo bono da svenire. E a questo punto preferiva sicuramente di più l’irlandese che il suo ragazzo. Ovvio che ne hanno fatte di bendonde. E, insomma, si sono anche divertiti parecchio. Ma secondo te, questa cosa può avere un futuro? Ma più che futuro, può avere un qualche senso? Insomma si può passare da single a Troppia?
Bè forse mi sono anche dilungato. Ovviamente quello citato non è un mio amico. Ma sono io. E soprattutto è tutto vero. E tu devi assolutamente dirmi qualcosa. Ora.
Caro Annabelle, amicoh,
questa è una situazione assai delicata, e per affrontarla sarò costretto a trasformarmi nel sessuologo con la voce flebile da eunuco di loveline, che presentava Camilla dal cognome impronunciabile che non rimembro. Dunque. Direi che ti trovi nella classica situazione del pendolo. Ricordiamo tutti che per Schopenhauer la vita era un pendolo che oscillava tra la noia e il dolore. Riadattando il concetto, mi pare chiaro che tu sei il pendolo, e oscilli tra un cazzo e un cazzo. Questo oscillare, che, sono sicuro, è per certi versi piacevole e soddisfacente, ti lascia però il tempo, fra un cazzo e l’altro, di riflettere. Ed è qui che vengono alla luce domande scomode che esulano dalla bella scopata selvaggia che è stata.
Svisceriamo dunque il problema e cerchiamo di fare chiarezza.
Loro, ovvero il tizio 38enne o probabilmente più grande e l’irlandese bono. Ecco. Sono probabilmente una coppia frustrata che cerca di superare una crisi assecondando la suprema voglia di cazzo che magari una vita monogama ha per anni inibito. Lungi dal giudicarli (io non lo farei mai perché se il mio ragazzo se ne esce di inserire un altro elemento nel rapporto mando a fare in culo per sempre sia lui che l’altro elemento, ma io sono un tipo venale), diciamo che loro pur di salvare il loro rapporto hanno trovato questo escamotage, e assumiamo il tutto come decisione lodevole dell’amoreh.
Tu, ovvero il terzo elemento. Innanzitutto se rimane come un evento fortuito occasionale, prendila semplicemente come un’esperienza da mettere nel CV sessuale, che spero tutti noi possediamo (il mio ad esempio è molto più ricco del CV che spedisco per cercare lavoro). In caso contrario, se loro ti cercano ancora, se il tutto tende a ripetersi puntualmente, se il tutto comincia ad assumere le connotazioni di una malata relazione, allora veniamo al punto tre. Voi, ovvero tutti quanti insieme appassionatamente. Che dirvi. Loro hanno scelto così, e contenti loro, contenti tutti. Tu, se ti piacciono, se trovi il sesso con loro soddisfacente, se la situazione ti intriga, se riesci ad escludere totalmente dalla cosa l’aspetto sentimentale, ti dirò, ma che cazzo ti frega? Non macchiarti di colpe adulterine che non ti competono, quelli che si tradiscono reciprocamente sotto i loro stessi occhi sono loro, tu sei single e rampante, libera come una fringuella nella foresta, nonché pazzescoh. E poi puoi sempre sfruttare la situazione a tuo piacimento: doppi regali, doppio pene, doppie cene offerte, tutto moltiplicato per due. Perché viviamo in un mondo materiale e noi siamo ragazze materiali. E trombare è bello. E a volte bisogna mettere da parte le riserve etiche del nostro cervello, soprattutto di fronte a persone che a quanto pare le hanno riposte in un pozzo profondo 100 metri.
Debutta oggi su queste pagina una nuova, pantagruelica ed emozionante rubrica. Il Giovedì Random di Annabelle Bronstein! Proposta in un’insolita e voluta visione anni 90 resa dall’ottimo Comic Sans sgranatissimo! Tutto voluto miei cari lettori affezionati, tutto esclusivamente per voi. Ma di cosa tratta questa nuova fantasmagorica rubrica? Bè, questo ancora non lo so. O meglio, importantissimi e segretissimi piani di marketing non mi permettono di rivelarvi questi succulenti dettagli. 

Ma si sa, io sono una gran pettegola oltre che una che ne ha di ben donde. Per questo posso svelarvi che ogni giovedì ci sarà un nuovo post. Ma ogni giovedì sarà un post diverso. Ovvero la rubrica cambierà ogni settimana. Insomma già vi immagino che non state più nei vostri slip Tezenis! Su queste pagine arriveranno interviste esclusive alle web-star più in voga del momento, collaborazioni esilaranti e pirotecniche e i post mai pubblicati della sottoscritta. Insomma un bel valalas della qual si voglia, come è nel mio stile.

E siccome saranno giorni di alti contenuti, non potevo non cominciare con dell’assoluto bono certificato allo sbando. Così, buttato nella mischia solo per il piacere dei nostri occhi. Il manzone in questione è Roger Monssores, brasiliano con la passione del pesce, nativo di Rio. Portato sulle pagine di DNA dall’obiettivo di Leo Castro. Per il servizio completo basta cliccare qui. Intanto però fatevi incantare da questa succulenta gallery. E colgo l’occasione per invitarvi ad andare sulle pagine del Signor Ponza per leggere la mia nuova rubrica (eh si, è la mesata delle rubriche questa!): Sextastic dedicata questa settimana alle fantasie sessuali. Insomma siete già avvantaggiati!!! 

Bene, vi lascio, avrete il vostro da fare… E vi attendo qui la prossima settimana per un nuovo rampante giovedì! Valalassss! 
  

Le figure di merda di Annabelle Bronstein: il professore della commissione il giorno della Laurea.

Eccomi qua. E direi anche finalmente. Se avevate avuto il sentore che la cialtrona che è in me si fosse suicidata, beh, dovrete ricredervi. Perché eccola riapparire. In maniera del tutto inaspettata. Ed è riapparsa proprio ieri durante un momento di assoluta drammaticità della mia esistenza. Ovvero ero perso in quel di San Giovanni tra Via Gallia e Via Magna Grecia alla ricerca della mia università privata. Ovviamente me l’hanno pagata, perché figuratevi se io me la potevo permettere. In ritardo di almeno venti minuti sono arrivato alla reception dove mi aspettava una tale che ripeteva come un’ossessa “Lei è Bronstein? E’ Lei? E’ Lei???”. Si cazzo sono io, e sono tremendamente in ritardo, sfigata orrenda che non sei altro.
Arrivo nell’aula dove le discussioni delle tesi erano già iniziate, e mi rendo conto immediatamente di essere una provinciale. Tutti avevano un’abbigliamento sul casual andante, ed io avevo optato per una simpatica camicia e giacca. Davvero, stavo benissimo, ma effettivamente ero talmente sudato che la macchia di sudore mi arrivava al colletto della camicia stessa. Seduto a un posto qualunque mi sono asciugato il sudore e mi sono soffermato per la prima volta ad analizzare chi erano coloro che mi avrebbero interrogato di lì a poco. All’estrema destra c’era un bono stratosferico, presumibilmente barese dall’accento, capelli corvini con frezze brizzolate e abbronzato da fare schifo. Fede al dito. Fanculo.
Il secondo mi dava di conosciuto. Ma sono passato subito al terzo alla sua sinistra. Vecchio, partenopeo, simpatico, vagamente dolce ma orrendo. Torno al secondo. E inizio a fare un viaggio nella mia testa che neanche Gian Maria dei Prozac + alla sua festa di compleanno sotto acidi. Dove straminchia ti ho già visto? Penso, ma non mi torna affatto in mente. Eppure io so di averlo già visto da qualche parte, so di aver incontrato in un’occasione il suo sguardo. Cerco di ricordare se ho mai seguito una sua lezione. Ma sono sicuro di no. Eppure io non mi sbaglio. Comunque, cerco di ripassare qualche nozione che potrebbe servirmi, insomma devo pur sempre discutere una tesi. Anche se parliamo di un master.
Finalmente tocca a me. Da prassi io sono l’ultimo. Sono sempre stato l’ultimo e lo sarò sempre. Mi siedo e il caso vuole che proprio il mio professore misterioso si prende cura di darmi la mano e prende la mia tesi e comincia a sfogliarla. Figuratevi se c’era quella emerita stronza della mia relatrice, ma parliamo sempre dell’università privata. A quelli interessano i pippi. Mi siedo, e più da vicino sono ancora più convinto che io questo tizio (sulla trentina, mezzo rossiccio, leggera barbetta, bel fisico) ho avuto modo di vederlo già in passato. Ma chi stracazzo sei? Penso e ripenso. Chi sei? Ma perchè sono una fottuta celebrolesa? Mentre penso lui rompe il ghiaccio: “Piacere sig. Bronstein, finalmente ci rivediamo!” e mi stringe la mano.
Ci rivediamo? Ma chi stracazzo seiiiiiii??? Quando in un guizzo di lucidità capisco senza ombra di dubbio chi ho di fronte. Signori e signore io con questo tizio ci ho scopato un mese e mezzo fa. E il panico si è ufficialmente palesato. Trasalisco. Sbianco. Lo guardo fisso e mi rendo conto che lui ha capito che io ho finalmente capito di chi stravalalalasss si tratta. Rimango tipo stoccafisso e imploro che un fulmine mi colpisca nell’immediato. Ma ci sono almeno quarantotto mila gradi fuori ed è assolutamente improbabile. Decido di fare la ragazza con la patata al sugo, laddove sugo sta per “quei giorni” e fuggo in bagno.
Mi lavo la faccia e mi asciugo con i tovaglioli. E mi ritrovo a riflettere su quanto sia figo questo cesso. Ma vabbè, in realtà avevo ben altro a cui pensare. Cosa stracazzo sto facendo in questo cesso pazzesco quando devo discutere una stracazzo di tesi di master? Eh? Ma sei cogliona? Levati va. Torno in me ed esco dal bagno e quando rientro nell’aula sembro tipo una bambina che ha visto la Santa. Con un’aria melodrammatica che manco Mariangela Melato, sento uscire dalla mia bocca in maniera del tutto inapettata: “Chiedo scusa, mi sono vestito troppo pesante e mi stava mancando l’aria. E’ tutto apposto, possiamo procedere, adesso”.
Comincio a discutere la tesi e, credetemi, non avevo minimamente idea di quello che stavo dicendo. La mia parlantina dei giorni migliore è venuta a salvarmi e mentre parlavo ci credevo davvero. Insomma ne avevo davvero di bendonde. Ma il dramma è sempre dietro l’angolo. E se aver sgamato che al professore avevo fatto una delle mie interviste approfondite vi sembra abbastanza, questo, inaspettatamente decide di interrompermi e farmi una domanda. Quella più temuta. Quella che più speravo non mi facessero. “Mi parli del bilancio d’esercizio”. Ahhhhh. Volevo urlare, fare una coreografia di Osvaldo Supino, strapparmi i capelli e farmeli ritrapiantare. Insomma, io davvero lo ignoravo con tutto me stesso.
E per la prima volta ho seguito il consiglio di mia madre. Ovvero ho detto la verità. “Professore, sinceramente non avevo previsto di approfondire la mia discussione sul bilancio, poiché si tratta di un’argomento talmente specifico e fuori dalle mie corde che è meglio non addrentarcisi. Però il bilancio si confà di tutti quei documenti che accertano la vita aziendale, lo stato patrimoniale, il conto economico e tutti i documenti che formano la nota integrativa. Rispettando i principi di chiarezza, verità…. E… E… E…. MMMMMMmmmmm. (Pezzo di merda aiutami, ne abbiamo anche già fatte di bendonde, aiutami, aiutamiii))))…”
“Vabbene, vabbene. E’ stato esaustivo. Si può accomodare”. E grazie al cielo, penso. Mi alzo e mi accomodo fuori e attendo che ci richiamino per consegnarci l’attestato. Finalmente. Finita la manfrina della consegna, saluto i presenti e guadagno l’uscita con una sigaretta già in bocca. Quando vengo raggiunto da una mano che mi afferra la spalla. Ed è proprio il mio professore. “Complimenti, hai scritto una bella tesi”. Io, quasi a morire di vergogna rispondo vagamente: “Grazie, ma non è merito solo mio, ho avuto tanti colleghi e persone che lavorano con me che mi hanno aiutato…” Pausa. Pausa. Pausa. Rompo il silenzio, e mi viene in mente di fare una domanda idioterrima: “Bè tu come stai, come va?” e lui con un sorriso a trecento denti “Bene, il mese prossimo mi sposo, con la mia ragazza!”.
Bene. Annabelle is back. E le sue perenni figure di merda. Anche il giorno della laurea. Secondo voi cosa potevo aggiungere a quell’affermazione? Nulla. Mi sono girato e sono fuggito. Come se non ci fosse un domani.

La figura di merda definitiva

Di solito penso una cosa e la faccio. Ma ieri il telefono è stato più veloce del mio pensiero. Dall’altra parte della città infatti, un mio conoscente, per tutti voi l’ingegnere Corelli, un ingegnere vagamente somigliante a Nicolas Cage con un gran bel mandolino, mi chiama e mi chiede quali programmi avessi per il pomeriggio. Il mio unico programma era fare sesso. Ovviamente non sapevo ancora con chi. Ma l’ingegnere Corelli poteva andarmi più che bene. Anche se non avrei dovuto accordargli un’incontro visto che sinceramente mi sarei aspettato un po’ più di considerazione da lui nell’ultimo periodo.

Ma è logico. Quando si è solo trombamici con incontri periodici è difficile superare il confine, ed andare oltre. Io non ho ancora capito come si fa a zompare questo gap. Ma sinceramente mi andava bene anche solo zompare e basta. E forse era quello che voleva anche lui. D’altronde perché doversi confrontare in una relazione quando ci si può solo vedersi e scopare. Comunque io al telefono mi sono tappato la bocca. La carne, oltre che tanta, è debole e la voglia oltre se me lo permettete è anche più fetente. Comunque non avevo voglia di fare tutti questi retro pensieri. Avevo solo voglia di fare sesso. Dell’ottimo sesso.

Dopo circa un oretta eccolo arrivare. E’ venuto persino con l’elmetto del cantiere in testa. Questa cosa mi ha fatto davvero molto ridere. L’ingegnere è famoso per farmi ogni volta una sorpresa diversa. Una volta si è messo uno slip commestibile. Si, giuro. E’ venuto con questo slippino rosa che sapeva di caramella gommosa alla fragola e il cambio per il post. Mi faceva ridere. E nonostante sapevo di andare incontro a un mal di pancia assicurato io me lo sono mangiato tutto lo slip. Insomma non solo. Ma l’ingegnere mi piace anche perché mi fa ridere. Mi prende in giro, con ironia. Riesce ad essere simpatico senza essere ridicolo facendomi ridere di gusto.

Una qualità che a me ha sempre colpito e interessato in uomo. Ogni volta che lo incontro poi mi rendo conto che si tratta di incontri unici. Dolci. Passionali. Insomma ci sa davvero fare. E anche ieri non è stato affatto da meno. Ci siamo dedicati per circa un’oretta ad assaggiarci. Mi piace quando lo fa. Oltre a baciarmi con passione. Mi mordicchia le labbra, le orecchie, il collo. Mi bacia. E poi passa a baciare tutto il resto. Io trovo che sia un modo estremamente dolce di approcciare. Perché se non ci si annusa prima come si fa a fare tutto il resto? Poi ovviamente questi bacini e morsetti mi fanno sentire sempre un brivido. E quando dico che lo fa dappertutto intendo davvero dappertutto.

Di li a poco siamo passati a fare anche tutto il resto. Insomma il menù, nonostante la fantasia e le intenzioni, è sempre quello. E dopo aver raggiunto entrambi la casa base abbiamo deciso di fare un bel bagno insieme. Nonostante lui sia altro un metro e novanta e a stento la mia vasca di bagno ci conteneva entrambi, siamo riusciti a mantenere questo rito. Che devo ammetterlo a me piace da morire. Tra l’altro quando facciamo il bagno insieme lui è sempre ricco e pieno di gesti carini verso il sottoscritto. Che so mi insapona. Mi massaggia. Mi bacia. Quanto mi piace. E con quelle enormi mani che si ritrova non ci vuole niente a passare da un massaggio a dell’ottimo sesso sotto la doccia.

Zac. E due. Insomma. Sfido chiunque a non rispondere al telefono quando vi chiama un tipo del genere. Dopo la seconda sotto la doccia, io ho fatto la buona padrona di casa. Come sempre. Anche se lui mi ha proibito di rivestirmi. “Mi piace vederti girare nudo.” Tra le varie e differenti richieste che mi fanno in passato questa mi è sembrata la più casta mai ricevuta. Detto, fatto. Insomma, in fondo gli piacevo. Per cui usciti dal bagno sono rimasto così com’ero. Nudo. Mi sono acceso una sigaretta e gli ho chiesto cosa volesse, se caffè o qualcosa di fresco. Lui ha scelto del the freddo al limone.

Abbiamo fatto quattro chiacchiere vaghe intervallate da baci e limoni pienamente soddisfacenti e poi si e congedato. Ha rimesso in testa l’elmetto giallo, preso le chiavi e lo accompagnato alla porta. Ciao, ciao. Il tempo di girarmi e fare per prendere le chiavi per chiudere la porta e suonano il campanello. “Avrà scordato qualcosa” dico tra me e me, e ancora nudo apro la porta. Proprio in quel preciso istante ho capito di essere incappato nella più grande figura di merda mai fatta prima. D’ora in poi tutte le altre figure che avevo fatto sarebbero state nulla pari a questa. Avevo creato un nuovo altissimo punteggio nella classifica delle figure di merda.

Se all’ingegnere piaceva che io girassi nudo per casa, avevo fatto anche di più. Ora ero nudo con la porta aperta, sul pianerottolo di casa, a piano terra. Ma davanti a me non c’era l’ingegnere che io credevo fosse tornato a prendere qualcosa che aveva scordato. Di fronte a me c’era un ragazzo sulla trentina non molto alto in giacca e cravatta, sudacchiato e con una borsa a tracolla. In una frazione di secondo durata una vita ho pensato tre cose: 1) Perché non hai usato lo spioncino, coglione! 2) E se arrivasse qualcuno e mi vedesse così oltre a lui? 3) Però, il mio pene sembra più grande di quello che è normalmente.

Pensieri spazzati via da lui che mi guarda, visibilmente sorpreso e sentenzia: “Ah però…”. Con il volto viola di vergogna e la necessità di porre a fine a quella clamorosa caduta di stile (!) chiudo la porta. Torno in camera da letto, ancora teatro del sesso con l’ingegnere e metto una canotta a strisce grigio e bianco e il di sotto del pigiama con le ancore che mi ha comprato mia madre (!!) e riapro la porta. Non chiedetemi per quale motivo io l’abbia fatto. Insomma forse ero meglio nudo. Con la testa bassa e la vergogna sulle gote ho farfugliato qualcosa. “Scusi, non pensavo fosse lei, insomma credevo fosse qualcun altro, altrimenti… Ecco… Non sono mica solito… Voglio dire, non apro mai la porta di casa nudo a chi non conosco… Cioè anche a chi conosco… Cioè… Ok. Mi dica”.

Forse era meglio stare zitti e ascoltare ciò che volevo. Si. Di gran lunga meglio. “Sono dell’Enel,” e sottolinea il cartellino appuntato sul petto con il dito medio, “cercavo l’intestatario dell’utenza. E’ lei?” No. Rispondo a gesti scuotendo la testa a destra e sinistra. “Suppongo che non viva qui con lei, vero?”. Rispondo di si. Senza emettere un suono. “Allora nulla. Non posso che ringraziarla e salutarla. Le auguro un buon pomeriggio e le consiglio di usare lo spioncino la prossima volta!”. Sorrido, amaro, ringrazio e saluto. Nonostante io chiuda la porta continua a sentirmi la faccia in fiamme per la vergogna. Si, credo di aver battuto il record delle figure di merda. E poi non ditemi che il dramma non è dietro l’angolo. O dietro le porte. Direi.