Gli improbabili appuntamenti di Annabelle Bronstein #1 – Il giornalista triste

Bene, devo ammettere che negli ultimi mesi di castigo sessuale che mi sono auto imposto, tra peripezie di ogni genere, per riabilitare la mia immagine agli occhi di me stesso, in primis, ho deciso di cedere a gli appuntamenti. Ed ho deciso che per tutta l’estate mi darò da fare a conoscere nuove persone. Persone con le quali scambio qualche messaggio sui vari siti e social d’interesse. Facciamola finita con la balla che uno va in discoteca o a fare l’aperitivo e incontra l’uomo della sua vita. Visto soprattutto che ci pregiamo tutti di un’intelligenza. O qualcosa di molto simile.

Ecco perché il mio primo appuntamento della stagione me lo sono ritagliato un pomeriggio di due settimane fa, circa. Lui mi aveva abbordato su Grindr qualche sera prima. Per essere più open e friendly quando torno a casa la sera tengo accesa la maleficaapplicazione. Così girando in macchina e passando per più quartieri mi auto costringo ad inflazionare il mio profilo. E inevitabilmente almeno tre o quattro persone rimangono folgorate (si è proprio il caso di dirlo) dalla prestanza del mio profilo. (#credeghe). In ogni modo mi scrive questo tale che noi chiameremo Enrico Mentana, visto che fa il giornalista free-lance.
Devo ammettere che nonostante l’ora tarda, (erano le due circa) è stato molto carino ed abbiamo conversato sul perché eravamo lì, in quel momento connessi a Grindr. Io ovviamente ho la tattica di non rivelare mai i miei veri intenti. Attendo sempre che l’altro si sconfessi per primo, per poi dire la cosa più giusta che si incastri meglio. Ed anche in questo caso non mi sono smentito. Lui cercava una persona da conoscere. Era stufo delle dinamiche Ciao, piacere, scopiamo, Addio. Ovviamente anche io sono stufo di queste dinamiche. E gli ho detto che non mi sarebbe dispiaciuto incontrarlo.
Mentana ha 38 anni, alto 190 cm, fisico importante ma non grasso. Rosso. Barba e testa rossa. Un dettaglio che nell’ultimo periodo ha sempre stuzzicato, e non poco la mia fantasia. Insomma a me, nella mia testa, dove c’è quel piccolo e solitario neurone vagabondo, un sexy sollazzo con un bear rosso, vestito di camice a quadri e jeans attillati non sarebbe affatto dispiaciuto. Ma noi (cioè io e Mentana per capirci) volevamo qualcosa di più. Quella cosa che ti fa venir voglia di andare oltre e conoscere in maniera esclusiva qualcun altro. La passione. I fuochi d’artificio. Mi spiego?
Ed infatti cinque giorni dopo, eccomi aggirarmi in quel di Monteverde Vecchio, alla ricerca della sua via. Finalmente arrivo. Abita in un palazzo vecchio ma carino, al  piano terra, che in realtà è un piano alto. Appena entro dentro lo trovo affaccendato al pc che scrive. Naturale, penso è un giornalista d’assalto del la capitale. Ma vengo invaso da una svampa devastante che mi addenta al naso. Mentana deve aver letto il disgusto sul mio volto e si affretta a scusarsi “Mi dispiace, purtroppo sono stato fuori per lavoro, e ho ritrovato casa inondata. C’è stata una perdita dall’appartamento di sopra ed è saltato l’impianto elettrico e c’è muffa ovunque. E’ un disastro”. Che tristezza.
Porello, a saperlo mi portavo dell’ossigeno portatile, così evitavo di estinguermi. Decido di soprassedere questa devastante puzza ed inizio a parlare del più e del meno. Mi racconto parlando di me, del mio lavoro, dei miei interessi. Perdiamo anche dieci minuti a parlare de La Grande Bellezza di Sorrentino, film che lui ha già visto e che rivedrà ancora con i suoi amici. Gli racconto delle mie storie passate, della mia passione per la scrittura, e per l’innata e sempre stimata voglia di cazzo. In maniera molto naturale a dire il vero, perché in fondo a una certa età bisogna pure diminuire i filtri, ed essere sinceri.
Ma i gay si stufano subito. Si stufano a tal punto che ti viene voglia di buttarti dalla finestra, nonostante sia un piano alto, e sai che non ti farai assolutamente male. I suoi lunghi silenzi ed il suo annuire e basta mi hanno fatto venir voglia di leccare la muffa dai muri e morire in una maniera molto strana come se fossi in CSI New York. Mentana, il giornalista, non si è scucito né mosso. Seduto sull’estremo più lontano del suo divano a tre posti mentre io annaspavo chiacchiere inutili e soporifere su di me. Sono riuscito a scuoterlo un attimo quando gli ho chiesto delle innumerevoli stampe appese ai muri. Finalmente un guizzo. Un luccichio in quei occhi tristi ed annoiati.
Mi ha dettagliatamente raccontato la storia di ogni stampa, dove li ha comprati e per quale motivo. Addirittura di una mi ha detto che ha tirato il prezzo, con il venditore, pagandola una stronzata. Ma il suo valore è ovviamente inestimabile e prezioso. Tutto ciò mi sa irrimediabilmente di collezione di farfalle. E rido tra me e me. Ma forse ognuno ha le sue. Io colleziono cd dannatamente pop, biglietti dei concerti, stagioni di telefilm di Grey’s Anatomy  e flyer della Popslut Night. Insomma pure io posso sembrare un mezzo psichiatrico non vi pare?
Ma non è tanto questo. Io capisco che in periodi come questi il sesso ASAP e asettico è privo di ogni senso e raffredda le voglie. A tutti. Ma essere anche totalmente disinteressati e morti cerebralmente aiuta ugualmente? Insomma qualche tempo fa anche se dicevo CACCA o PIPI’ l’occhio del mio interlocutore era almeno vispo e presente. Mi sono arenato. E lì in quel salotto ho messo la parola fine a quella farsa bella e buona. Mi sono fumato una sigaretta, e mi sono defilato, ringraziando per il piacevole pomeriggio (???) e fuggendo come se non ci fosse un domani al limite della corsa.

Adesso oltre a metterci in nomination per i #MIA2013 seguendo questo link, mi è venuto in mente se ho davvero bisogno di questo. Di questo vuoto assoluto, impacchettato e privo di ogni sentimento? Privo di un qualche respiro spontaneo? No. No. E ancora no. Non si rianimano le storie finite, figuriamoci se posso perde tempo a rianimare i morti in partenza. E’ evidente che Mentana non è il mio lui. Ma non mi fermo, non mi arrendo e vado avanti. Perché l’improbabile appuntamento numero 2 è già alle porte e ve ne renderò conto ASAP. As usual.

Lost in Translation Amici Edition

Dove sono finito? Non lo nemmeno io. Ad essere sincero forse mi era passata la voglia. O forse ero solo troppo depresso perché dovevo rendermi conto che avrei dovuto festeggiare trent’anni. Lo so che uno è giovane ancora a trent’anniMa ne ho lette talmente tante sui trenta che l’ansia mi è venuta per davvero. Ho letto che ti si riduce il pisello, che i capelli si fanno più radi e che inizia a mancare addirittura il desiderio sessuale. Tutte cose che poi in realtà, per quanto mi riguarda non sono avvenute. Anzi. Ma non bisogna mai sottovalutare le situazioni. Perché i drammi, sono sempre dietro l’angolo.

Aprile e maggio sono stati mesi strani, non mi sono reso conto bene di quello che avevo in testa e di come mi sentivo. In realtà sono andato in giro, con mio cugino dell’Australia. Mi sono ritagliato spazio nei week end e lo portato in Toscana, a Venezia e dai parenti in Abruzzo. Mi rendo conto che ve ne importa tantissimo, ma quello che voglio raccontarvi è accaduto qualche giorno prima che lui ripartisse. Per tutta la sua permanenza qui a Roma il suo Grindr ha trillato più del mio telefono. E tra gli altri un’ex amico di Maria lo ha pesantemente tampinato. Fino a che un venerdì mattina, mentre io ero a lavoro ne hanno fatto di ben donde.
La mia devastante voglia di cazzo ha superato le barriere linguistiche e quelle delle decenza. Perché intorno alle 14 mio cugino mi manda questo messaggio:  “What time are u home? Can we make it 3?”. Adesso io parlo un discreto inglese. Neanche ve lo sto a dire che cosa sia successo nel mio cervello. Quel piccolo, inutile e dannatamente arrapato di un neurone che mi ritrovo non ci ha pensato due volte ed è partito lo stachetto di “3”di Britney. E tutto ciò che ne consegue. Che volevate capirci in questo messaggio se non vieni che ne facciamo di bendonde a tre?
Io ero ancora a lavoro. Nel giro di dieci minuti dieci ho sbrigato tutto quello che non avevo fatto in una mattinata intera, ho preso le mie cose, strisciato il budge e sono fuggito verso casa. Erano appena le 14:30, ed avevo ufficiosamente intuito che qualcosa non andava. Insomma mio cugino si era chiuso dentro e nessuno mi apriva. Rileggo il messaggio. Insomma magari ho capito male io. No. Mi ha chiaramente detto che lo vogliono fare a tre. Figuriamoci se io mi lascio scappare un threesome con incesto familiare annesso.

Passano dieci minuti. E’ evidente che c’è qualcosa che non va. Deduco coscienzioso. Telefono a mio cugino. Risponde e gli intimo di aprire la porta ASAP. Lui viene, visibilmente imbarazzato e in inglese mi sottolinea stizzito che mi aveva chiesto di tornare dopo le tre. Bè anche meno. Eppure a casa mia “We can make it 3” significa che lo avremmo fatto a tre. Ma nessuno mi ha ancora detto il contrario, per cui entro e faccio la gnorri fino alla fine. Insomma mi trovo già nel bel mezzo di una mega figura di merda, tanto vale che la concludo degnamente. No?
L’Amico di Maria, piuttosto che di Maria mi sembra amico di un qualche CIM. Leggermente imbarazzato anche lui, è disorientato spazio tempo al punto che biascica qualche incomprensibile vocabolo. A questo punto prendo mio cugino e gli dico chiaramente che cosa dobbiamo fare, insomma io non sono mica una locandiera affitta camera ad ore. Ho gli ormoni in subbuglio e sono piena da morire. Lui mi guarda come se avessi deciso di portarlo alla benedizione domenicale del Papa e sorridendo dice che io non ho capito una beneamata ceppa.
Ottimo. Sorrido ed invito l’amico di Maria a prendere un caffè con noi altre paze dell’entroterra abruzzese e australiano. Di lì, a poco l’Amico di Maria è praticamente diventato anche Amico mio. Pensa che culo. Mio cugino lo aveva abbondantemente ragguagliato su tutti i cazzi miei: cioè che ho un blog, che scrivo, che faccio questo e quell’altro. Ma il dramma è sempre dietro l’angolo. E dopo aver fatto le amiche del sabato pomeriggio lui esce e manda un sms a mio cugino chiedendogli di raggiungerlo al bar di fronte casa per parlare altri cinque minuti.
I minuti diventano venti, e quando mio cugino torna mi racconta che l’Amico di Maria lo ha implorato di rimanere in Italia. Di trasferirsi e di andare a vivere insieme. Di essere profondamente innamorato e non riuscire già a vivere senza di lui. Figuriamoci se potrà mai vivere col pensiero di lui a 16000 km di distanza. Ovviamente mio cugino non ci ha pensato neanche trenta secondi e lo ha invitato ad andarlo a trovare a Sidney. Ma si #credegheagliufoeaicangurivolanti. Detto ciò sapete qual è la morale di questa simpatica avventura?
1. Devo ridefinire il mio concetto di buona comprensione della lingua inglese che ho scritto sul Curriculum Vitae
2. Il dramma è sempre dietro l’angolo.
3. Mai fidarsi di ciò che dice mio cugino.
Ma non è finita qui. Perché l’epilogo drammatico di questa serie di eventi incomprensibili si conclude il lunedì successivo. Dopo aver accompagnato mio cugino in aeroporto, rientro in casa e prendo possesso della mia residenza rimettendo in ordine e facendo centordici lavatrici e sbram, davanti a me si palesa un asciugamano smerdaterrimo. E qui adesso si apre il dubbio amletico: Chi vuoi che sia stato??? Non lo sapremo mai. M.A.I. Oppure si, io già lo so, ma non ve lo dico.

N.B. La foto del Manzo in alto è puramente casuale, e non riguarda l’Amico di Maria di cui sopra. 

Rileggiamoli: Le figure di merda di Annabelle Bronstein: il professore della commissione il giorno della Laurea.

Eccomi qua. E direi anche finalmente. Se avevate avuto il sentore che la cialtrona che è in me si fosse suicidata, beh, dovrete ricredervi. Perché eccola riapparire. In maniera del tutto inaspettata. Ed è riapparsa proprio ieri durante un momento di assoluta drammaticità della mia esistenza. Ovvero ero perso in quel di San Giovanni tra Via Gallia e Via Magna Grecia alla ricerca della mia università privata. Ovviamente me l’hanno pagata, perché figuratevi se io me la potevo permettere. In ritardo di almeno venti minuti sono arrivato alla reception dove mi aspettava una tale che ripeteva come un’ossessa “Lei è Bronstein? E’ Lei? E’ Lei???”. Si cazzo sono io, e sono tremendamente in ritardo, sfigata orrenda che non sei altro.
Arrivo nell’aula dove le discussioni delle tesi erano già iniziate, e mi rendo conto immediatamente di essere una provinciale. Tutti avevano un’abbigliamento sul casual andante, ed io avevo optato per una simpatica camicia e giacca. Davvero, stavo benissimo, ma effettivamente ero talmente sudato che la macchia di sudore mi arrivava al colletto della camicia stessa. Seduto a un posto qualunque mi sono asciugato il sudore e mi sono soffermato per la prima volta ad analizzare chi erano coloro che mi avrebbero interrogato di lì a poco. All’estrema destra c’era un bono stratosferico, presumibilmente barese dall’accento, capelli corvini con frezze brizzolate e abbronzato da fare schifo. Fede al dito. Fanculo.
Il secondo mi dava di conosciuto. Ma sono passato subito al terzo alla sua sinistra. Vecchio, partenopeo, simpatico, vagamente dolce ma orrendo. Torno al secondo. E inizio a fare un viaggio nella mia testa che neanche Gian Maria dei Prozac + alla sua festa di compleanno sotto acidi. Dove straminchia ti ho già visto? Penso, ma non mi torna affatto in mente. Eppure io so di averlo già visto da qualche parte, so di aver incontrato in un’occasione il suo sguardo. Cerco di ricordare se ho mai seguito una sua lezione. Ma sono sicuro di no. Eppure io non mi sbaglio. Comunque, cerco di ripassare qualche nozione che potrebbe servirmi, insomma devo pur sempre discutere una tesi. Anche se parliamo di un master.
Finalmente tocca a me. Da prassi io sono l’ultimo. Sono sempre stato l’ultimo e lo sarò sempre. Mi siedo e il caso vuole che proprio il mio professore misterioso si prende cura di darmi la mano e prende la mia tesi e comincia a sfogliarla. Figuratevi se c’era quella emerita stronza della mia relatrice, ma parliamo sempre dell’università privata. A quelli interessano i pippi. Mi siedo, e più da vicino sono ancora più convinto che io questo tizio (sulla trentina, mezzo rossiccio, leggera barbetta, bel fisico) ho avuto modo di vederlo già in passato. Ma chi stracazzo sei? Penso e ripenso. Chi sei? Ma perchè sono una fottuta celebrolesa? Mentre penso lui rompe il ghiaccio: “Piacere sig. Bronstein, finalmente ci rivediamo!” e mi stringe la mano.
Ci rivediamo? Ma chi stracazzo seiiiiiii??? Quando in un guizzo di lucidità capisco senza ombra di dubbio chi ho di fronte. Signori e signore io con questo tizio ci ho scopato un mese e mezzo fa. E il panico si è ufficialmente palesato. Trasalisco. Sbianco. Lo guardo fisso e mi rendo conto che lui ha capito che io ho finalmente capito di chi stravalalalasss si tratta. Rimango tipo stoccafisso e imploro che un fulmine mi colpisca nell’immediato. Ma ci sono almeno quarantotto mila gradi fuori ed è assolutamente improbabile. Decido di fare la ragazza con la patata al sugo, laddove sugo sta per “quei giorni” e fuggo in bagno.
Mi lavo la faccia e mi asciugo con i tovaglioli. E mi ritrovo a riflettere su quanto sia figo questo cesso. Ma vabbè, in realtà avevo ben altro a cui pensare. Cosa stracazzo sto facendo in questo cesso pazzesco quando devo discutere una stracazzo di tesi di master? Eh? Ma sei cogliona? Levati va. Torno in me ed esco dal bagno e quando rientro nell’aula sembro tipo una bambina che ha visto la Santa. Con un’aria melodrammatica che manco Mariangela Melato, sento uscire dalla mia bocca in maniera del tutto inapettata: “Chiedo scusa, mi sono vestito troppo pesante e mi stava mancando l’aria. E’ tutto apposto, possiamo procedere, adesso”.
Comincio a discutere la tesi e, credetemi, non avevo minimamente idea di quello che stavo dicendo. La mia parlantina dei giorni migliore è venuta a salvarmi e mentre parlavo ci credevo davvero. Insomma ne avevo davvero di bendonde. Ma il dramma è sempre dietro l’angolo. E se aver sgamato che al professore avevo fatto una delle mie interviste approfondite vi sembra abbastanza, questo, inaspettatamente decide di interrompermi e farmi una domanda. Quella più temuta. Quella che più speravo non mi facessero. “Mi parli del bilancio d’esercizio”. Ahhhhh. Volevo urlare, fare una coreografia di Osvaldo Supino, strapparmi i capelli e farmeli ritrapiantare. Insomma, io davvero lo ignoravo con tutto me stesso.
E per la prima volta ho seguito il consiglio di mia madre. Ovvero ho detto la verità. “Professore, sinceramente non avevo previsto di approfondire la mia discussione sul bilancio, poiché si tratta di un’argomento talmente specifico e fuori dalle mie corde che è meglio non addrentarcisi. Però il bilancio si confà di tutti quei documenti che accertano la vita aziendale, lo stato patrimoniale, il conto economico e tutti i documenti che formano la nota integrativa. Rispettando i principi di chiarezza, verità…. E… E… E…. MMMMMMmmmmm. (Pezzo di merda aiutami, ne abbiamo anche già fatte di bendonde, aiutami, aiutamiii))))…”
“Vabbene, vabbene. E’ stato esaustivo. Si può accomodare”. E grazie al cielo, penso. Mi alzo e mi accomodo fuori e attendo che ci richiamino per consegnarci l’attestato. Finalmente. Finita la manfrina della consegna, saluto i presenti e guadagno l’uscita con una sigaretta già in bocca. Quando vengo raggiunto da una mano che mi afferra la spalla. Ed è proprio il mio professore. “Complimenti, hai scritto una bella tesi”. Io, quasi a morire di vergogna rispondo vagamente: “Grazie, ma non è merito solo mio, ho avuto tanti colleghi e persone che lavorano con me che mi hanno aiutato…” Pausa. Pausa. Pausa. Rompo il silenzio, e mi viene in mente di fare una domanda idioterrima: “Bè tu come stai, come va?” e lui con un sorriso a trecento denti “Bene, il mese prossimo mi sposo, con la mia ragazza!”.
Bene. Annabelle is back. E le sue perenni figure di merda. Anche il giorno della laurea. Secondo voi cosa potevo aggiungere a quell’affermazione? Nulla. Mi sono girato e sono fuggito. Come se non ci fosse un domani.
Ottobre 2011

Dove eravamo rimasti?

Ri-eccomi!
Come sta andando la vostra estate? Bè ecco la mia è un pò noiosa, si perché ho già ripreso a lavorare da una settimana, e si sente ben poco l’aria estiva. Anzi, sento solo un caldo tremendo ma non sono affatto l’unico, suppongo. Sono qui a rompere il silenzio, e anche le vostre palle, per fare prima di tutto dei ringraziamenti molto sentiti a tutti coloro che in qualche modo hanno preso parte al giovedì random. Un’idea cotta e mangiata, che così come è nata è finita. Senza ringraziamenti, che faccio subito subito qui: un grazie ad Upclose che mi ha supportato nonostante la crisi in cui versavo, un grazie al Signor Ponza che ci ha creduto tanto (in me), un grazie a Fabry_ perché, lo sa lui! Ovviamente vanno ringraziate anche le RdP tutte, sempre!
Forse non tutti hanno realmente gradito questa rubrica, ma io si, e questo, neanche a farlo apposta è davvero quello che conta di più. Detto questo, volevo fin da subito comunicarvi che questo blog tornerà totalmente attivo (#credeghe) a partire dal 3 settembre 2012! Ma fino ad allora ogni giorno della settimana troverete un micropost estivo (adoro postare dal telefono) o comunque un post vecchio che secondo me va assolutamente riletto e tenuto a mente. Fino ad arrivare, per l’appunto a le grandi novità in vista. La prima fra tutte, una competition con un succoso premio in palio. Ma con calma vi darò davvero tutte le info.
Non resta che congedarmi, ma prima volevo invitarvi uno per uno a farmi un gran piacere, ovvero di votarmi ai Macchianera Blog Awards. Vi rimando al post del Signor Ponza con tutte le istruzioni chiare e precise per non sbagliare, e votare. Invitandovi soprattutto a pensare che anche una RdP come me vuole la sua fottuta nomination ad un award una volta nella vita! Ma vi farò le palle piene, statene certi, adesso vi lascio davvero, ma con la visione del nuovissimo trailer del blog, che io non posso fare a meno di adorare. Stay tuned!

Ah, dimenticavo…

Probabilmente non ne sentivate ancora il bisogno, visto che l’estate ancora non è tangibile come vorremmo, però ecco a voi un nuovo spot tutto estivo, molto meno costoso di quelli visto fino ad ora ma comunque in linea con il mood di questo blog. Buona estate, a tutti voi!

Annabelle Bronstein

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Diari estivi: Sfortunati in amore?

Lavorare di notte non è il massimo. E’ noto. Ma quando ti mettono a fare notte con un bono devastante, bè, ecco trovi diversi e anche troppi motivi per passare la notte nel migliore dei modi. Dopo aver lavorato, ed essersi raccontati le solite chiacchiere ci siamo lasciati al riposino. Ognuno sul proprio giacilio di fortuna per un paio d’ore. Alle 4,30, come di consueto, sveglia e caffè. Ma mentre sorseggiavo il mio caffè l’occhio mi è inevitabilmente caduto sul pacco del mio collega e mi sono quasi strozzato. Ovviamente, essendosi appena alzato lui presentava una devastante erezione mattutina. E quando dico devastante, intendo interessante, vigorosa e molto molto ben assortita. Mammamiaaaaachecazzzzooooooooo!!!! E’ lì che mi sono finito il mio caffè ed ho fumato una sigaretta di corsa e subito mi sono messo al lavoro. Diretto. D’altronde oltre che guardare non avrei potuto fare. E il dilemma si è insinuato nuovamente nei miei pensieri. Il solito dilemma che aveva imperversato il pomeriggio del giorno prima nelle argomentazioni di Guy.
Sesso oppure amore? Guy è fermo sulle sue posizioni. Il sesso deve essere una conseguenza dell’amore. Per lui non ci può essere l’uno se manca l’altra. E comunque a prescindere non ci può essere solo sesso. A me invece bastava l’esatto contrario. Bastava il sesso, pronto lì su gayromeo che te lo andavi a cercare e lo consumavi. Adesso neanche quello mi basta più. Dopo aver conosciuto tanta gente così, solo per sesso, ho convenuto con Guy che forse è arrivato il momento di appendere il sesso al chiodo. Io non ho mai fatto sesso con uno conosciuto in un luogo fisico e reale. Solo roba virtuale. E purtroppo non si campa di virtuale. Lo so io, come lo sa Guy. Ma anche lui sfrutta il virtuale e poi fa degli appuntamenti. Anzi a dirla tutta lui è il re degli appuntamenti. Eppure anche la sua condotta, di gran lunga molto più politically correct della mia non ha avuto nessun risultato positivo. Ma allora dove sta l’inghippo? Cosa dobbiamo fare? Forse stiamo sbagliando tutto e basta. Forse dovremmo smetterla di cercare il vero amore, quello che ti fa crescere le farfalle nello stomaco e che quando sei lì che te lo stringi ti fa la sudarella alle mani.
Quando faccio questa domanda a qualsiasi persona che conosco la risposta è sempre la stessa. Non bisogna cercarlo, l’amore arriva e basta. E allora dovremmo smetterla. E vivere come se nulla fosse. Vivere come se fossimo felici, quando in realtà forse non è così. Perchè siamo pienamente coscienti che ne abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di un ragazzo a cui raccontare tutte le nostre frustazioni del lavoro, i battibecchi con gli amici, e anche le cose più stupide. Che ne so. Per esempio io gli direi tranquillamente che adoro il gelato di Hello Kitty gusto marshmellow ma, che non ho mai il coraggio di prenderlo altrimenti altro che prese in giro. Non lo so. Mi viene da pensare alle mie uniche due, disastrose e devastanti storie.
Il Perfido Marco, mi ha tradito con il mio migliore amico di allora. E anche in maniera più che pubblica. Con il Prof. sono partito svantaggiato. Lui era fidanzato con me, con il suo fidanzato con cui conviveva e un’altro fidanzato che riusciva a vedere nei momenti liberi. Bella storia. Bel passato. E allora forse sono ancora più convinto che io dell’amore sò ancora poco. Anzi forse niente. Però intorno a me, chi prima e chi dopo hanno tutti quel qualcuno speciale. Mmmmmm. Argomento spinoso. Argomenti difficile. E soprattutto argomento che ci ha fatto camminare tanto e che durante una lunga pausa di silenzio, manco a farlo apposta ci ha suggerito una risposta. Davanti a noi, si è materializzato un cartello eloquente, che da un pò ha invaso Roma, che dice semplicemente: “Sfortunati in amore?”.
La risposta affermativa, non ci ha buttato giù. Anzi. Ci ha risollevato. Forse non siamo noi. Non è il nostro modo di vestire, o i nostri gusti. Non sono i nostri caratteri dannatamentepop. Non sono le movenze. Forse siamo solo sfortunati. E basta. E a volte, e questa è una di quelle, fa bene anche accettare che potrebbe essere così. Ma noi per sicurezza abbiamo deciso di giocare lo stesso una schedina. Che non si sa mai, no? E se non mi vedrete più on line, bè avrete la risposta in mano. Vorrà dire che sono molto fortunato al gioco!

Diari Estivi: Quando le decisioni sono impossibili da prendere.

Quando vedo Guy mi sento già meglio. Un pochino. Solo un pochino ma mi sento molto meglio. Nella vita abbiamo tutti qualcuno che in qualche modo ci calma. Ci rilassa. Se Roma è deserta è non c’è anima viva tranne che turisti ubriachi, il Coming diventa il punto nevralgico di incontri e facce che non vorresti mai vedere. Ma io e Guy dovevamo prima parlare. E abbiamo parlato. Abbiamo capito, che ci sono cose che devono essere assolutamente cambiate. Dobbiamo evolverci, passare a uno stato successivo. Capire dove dobbiamo andare e come. Ma anche con chi. Ed io ho fatto solo quello che avrei dovuto fare. Esserci. Non fare domande. E offrire tutta la mia comprensione. E l’ho fatto. Ritrovato lo smalto, il sorriso e Annabelle Bronstein abbiamo deciso che era tornato il sereno. A volte basta poco. Ma eravamo al Coming. E al Coming, si sa, il dramma è sempre dietro l’angolo.
Buttati sul solito scalino a conversare del suo weekend montano in cui tra cavalli, fieno e alberi di ogni fattezza Guy si è sentito molto Hanna Montana, giro lo sguardo e tutto il mio nuovo equilibrio ritrovato va a farsi fottere. Così in 5 secondi netti. Guy smette di parlare, e mi guarda, ha già capito che l’iceberg sta per colpire il Titanic. Laddove Titanic sta per la mia nuova taglia di pantalone. La Polpetta è lì, a suo agio in una nuova ritrovata forma fisica, che ride e passeggia con un tipo dalla dubbia bellezza. Io mi giro. E non parlo. Le certezze poco prima ritrovate mi abbandonano. Il sorriso mi si spegne in una smorfia amara. E penso ai miei capelli. Alla mia mise, pensata all’ultimo minuto e oggettivamente discutibile. Sono una lesbica. Ecco cosa sono. Una lesbica, vestita male, con dei capelli improponibili e milioni di particelle di alcool che passeggiano nelle vene. E sudo. Comincio a sudare schifosamente. Manco fossi una camionista. Lesbica, ovviamente.
Decido che non posso rimanere lì, a far finta di nulla. Penso che dovrei comprare una mega borsa e provvederla di un mega foulard nero da poter utilizzare in occasioni come queste. Giusto per non passare inosservato. Ma io e Guy decidiamo che è il caso di passeggiare. E in me scatta la solita reazione del cazzo quando vedo la Polpetta. Analizzo ancora una volta cos’è stato per me. Guy non usa giri di parole. Una scopata. Una scopata come tante altre. Nulla di più. Nulla di meno. Una scopata alla quale io ho dato troppa importanza. In realtà forse nessuno sa che la Polpetta è stato il mio primo vero rapporto sessuale completo. Il primo. Neanche con il mio ex avevo fatto tutto. E invece con lui ho fatto tutto. E lui questo non lo sa. Io invece si. Ecco perché non riesco a togliermi dalla testa questa persona. Non riesco a cancellare la sua dolcezza, il modo con cui mi ha accarezzato, mi ha abbracciato. Nella mia testa mi pongo sempre la solita domanda. Quello cha abbiamo fatto era amore oppure banale sesso? Io la risposta non l’ho mai trovata. A quasi due anni di distanza prepotentemente quel dubbio mi assale. Di nuovo. Ma penso che sia solo colpa dell’alcool. Guy non risponde. Ma lo so che pensa. Pensa che io mi sia fissato. Pensa che in realtà è solo un passatempo pensare queste cose. Io non mi capacito di come dopo tutto questo tempo la sua solo presenza possa ancora scatenarmi reazioni del genere. In definitiva lui è stato lì, con questo tipo, che rideva e scherzava come nel migliore dei primi appuntamenti. Che tristezza. Guy mi ha dato l’ennesimo motivo per lasciar stare. Ma io non riesco a lasciar perdere. Non riesco a cancellarlo. Lui sarà sempre la Polpetta. E io continuerò ad essere quello che sono, con i miei alti e bassi e con tutte le mie fragilità. E non me le voglio togliere, nessuna. E quella Polpetta non la voglio assolutamente cancellare. Non così. Prima o poi troverò il coraggio di prenderlo e sbatterlo contro il primo muro e dirgli tutto quello che penso. Ma ora no. Non ce la faccio.
Per fortuna l’arrivo di Ga, Ciù Ciù, Tata, Chicco e la Du Barry mi hanno un attimo fatto rilassare e tornare in me. Abbiamo davvero convenuto che il Coming quest’estate ci ha deluso. Non cè stato un personaggio, un nuovo incontro, un bono devastante da venerare. Nulla di tutto ciò. Ci chiediamo che fine abbia fatto Asess, con i suoi stornelli e le sue poesie. Che fine hanno fatto quei ragazzi straniere che l’estate scorsa facevamo ubriacare e ci riportavamo a casa. Dove sono tutti quegli amici con i quali tiravamo tardi, o con i quali organizzavamo spaghettate alle 5 del mattino. Nulla. Niente di tutto ciò. E forse abbiamo perso lo smalto. Abbiamo dimenticato come si fa a sorridere. Come bastava poco per divertirci. O forse lo abbiamo sommerso dentro di noi. Sotto le gelosie, i litigi e tutti i nostri insuccessi e fallimenti. E lì che abbiamo fatto finire la nostra voglia di sorridere con poco. Ma io ho deciso che farò ritornare tutto a galla. Per me e i miei amici. Per celebrare questo pensiero, decidiamo di concludere degnamente da Gigi, con il suo fantasmagorico cappuccino. Io scelgo quello al caramello. E sembra che vada un po’ meglio. Decido che voglio dimenticare la Polpetta, voglio ricominciare da capo e farlo nel migliore dei modi. Perché questa volta si fa sul serio. E come mi ha detto Rob, un amico, bisogna solo aspettare ed essere se stessi, e se l’amore non c’è, arriverà prima o poi, per ora per sentirci meno soli abbiamo gli amici, e quelli ci bastano a farci sorridere.

Diari Estivi: Riflessioni

Sono diversi giorni che mi interrogo su cosa ci sia di giusto e sbagliato nel mio quotidiano. Sono tante le domande che mi sono fatto e che purtroppo non hanno trovato una risposta. Il perché certi rapporti si guastino dopo tanto tempo. Il perché ci siano persone che hanno come solo obbiettivo rovinarti la vita. Il perché nonostante io sia in ferie non sia stato in vacanza come tutti gli esseri umani. Chi sono i buoni? Chi sono i cattivi? Non lo so. Non lo capisco. So soltanto che in questo periodo in cui devo cambiare casa, trovarne una nuova e ricominciare tutto da zero, ho soltanto voglia di cancellare tutto e riavviare il sistema da capo. Ecco questo è quello che voglio fare. Per questo durante la cena mi sono abbandonato alla tentazione del vinello bianco in frigo. E’ lì, che mi chiama, mi cerca. Ed io non ho resistito. Poi ho preso carta e penna e ho dato una riordinata alla mia vita. Ho tracciato una linea verticale al centro e mi sono chiesto le cose che ho e quelle che non ho, ma che vorrei. Ho un lavoro che mi fa vivere bene, in alto a sinistra. A destra invece ho segnato che vorrei avere un lavoro che mi dia maggiori soddisfazioni. Qual è il modo per raggiungerlo? Avere un titolo in più oltre alla laurea. Ok, lo sto già facendo. Sto frequentando un master e quando finirò a febbraio 2010 riconsegnerò il mio cv pure ai sampietrini. Seconda riga, scrivo diretto Amici. Mmmmm. Per quanto riguarda gli amici, scrivo solo la lista degli amici si e quelli no. E mi rendo conto che a settembre molte mele marce saranno finalmente fatte fuori.
Traccio una linea, la terza, e scrivo AMORE: NO. L’amore non c’è. Per quanto ne so per l’amore è solo un’infinita staffetta nella quale arrivo ultimo, oppure non classificato. Oppure cado e mi incollo gli ostacoli. Solo questo è l’amore per me. Per cui traccio una linea e mi rendo conto di quanto la mia vita vada tutta da un’altra parte. Questo metodo me lo ha suggerito un amico psichiatra, secondo lui mettere nero su bianco i problemi oppure le cose che non vanno di noi serve a focalizzare le soluzioni migliori. Io soluzioni non ne trovo. Per lo meno non in maniera così immediata, per cui decido di berci su. Ed ho bevuto tutto quel vinello di cui sopra, che oltre a tentarmi ha mandato in discoteca il mio unico neurone rendendolo stupido e fuori di testa. Più di quello che io avevo previsto. Così, dopo essermi concesso una partita alla play station e alla ds, mi sono reso conto che ero in assoluto ritardo. Troppo tardi. Guy, di ritorno dalla montagna mi stava già aspettando da almeno un quarto d’ora. Io ero ancora lì, davanti a quel foglietto, a cercare risposte inesistenti e parole che non trovano una senso una con l’altra. Metto la prima cosa che capita, lavo i denti e prendo l’ipod, lascio la macchina davanti casa e mi avvio con Celebration nelle orecchie verso la metro. Sto arrivando. Sto arrivando.

Diari Estivi: Il ritono a Roma.

Tra tutte le mie idee più fantastiche quella di partire il primo agosto è sicuramente la migliore. Certo, sicuramente il motivo è più che sufficiente a farmi muovere, ma credetemi, 200 km con queste temperature devastanti è come essere rimasti chiusi in una sauna. E nessuno ci passa davanti per aprirti. Cosa che conoscendomi potrebbe proprio accadermi. Comunque oggi sono tornato per festeggiare il compleanno di uno che oltre alla movenze, ha anche il mood dannatamente pop, e forse chi più di lui. Appena arrivato a casa, a Roma, mi rendo conto di quanto sia rovente la temperatura e di quanto sia davvero inutile asciugarsi il sudore. Sono completamente bagnato. Dalla testa ai piedi. Spero almeno di dimagrire qualche chiletto con tutta st’acqua che sto a buttà. Comunque rientrato in casa mi raggiunge poco dopo Miss Cheriè e ci dedichiamo al nostro piacere preferito. Mangiare. Subito dopo preparo la mia valiggetta per il weekend e aspetto l’ora X. Ovvero l’ora in cui uscirò per raggiungere Termini per cominciare a festeggiare il comply di Pop. Non vedo l’ora!

Diari Estivi: Annabelle e il mondo dei motori!

Sapete qualè la cosa più divertente che vi può succedere? Essere in ferie, e tornare a casa dei vostri genitori in Abruzzo, per passare una metà del suddetto periodo. Adesso. Un essere umano normale andrebbe al mare e si riposerebbe. Annabelle Bronstein, in quanto tale deve sempre e comunque fare cose fuori dalla norma. E così oggi, per convincere mio padre della mia totale eterosessualità sono uscito con mio fratello. Immaginate. Il caldo torrido, Madonna nello stereo a palla e mio fratello che mi abbassa in continuazione il volume. Ma non solo. Io abbasso i finistreni e lui li rialza perché gli arriva troppa aria in faccia. Ma che cazzo di palle. Che cazzo di palle. Prima tappa il meccanico per fare la revisione alla macchina scaduta da tre mesi. E vabbè. Io fatto finta di capire tutto quello che mi è stato detto. Ovvero come si controlla l’acqua, l’olio e un’altra cosa che non ricordo. Ma la pantomima è durata fin troppo poco. Cioè neanche cinque minuti. Giusto il tempo che il simpatico Meccanico Antonio mi ha messo in mano i ferri del mestiere (ovvero un sondino per vedere il livello dell’olio) e mi ha detto ora fallo tu. Panico. Sgomento. E io che fantasticavo interviste con il suo collega. Che palle. Dopo aver fatto di fare quello che faceva lui, mi ha chiesto: “Allora? L’olio è sufficiente?”. Ma dove siamo a scuola? Non è detto che io debba capire quanto olio cè in questa macchina di merda. Oppure no. Esistono i meccanici. I carrozzieri. Gli elettrauti. Diversi sono gli specialisti dell’automobile che in caso di difficoltà mi aiuterebbero. Oppure anche Tonino, il mio meccanico di Casalotti. “Evidentemente non hai capito nulla!”. Sentenzia questo ignorante di Villareia di Cepagatti che scopro dai discorsi di mio fratello essere dimagrito almeno venti kg nell’ultimo periodo. Lo odio ancora di più. Comunque io non mi do per vinto. E dopo il meccanico la seconda tappa è l’auto-lavaggio. Mio fratello decide di andare al Megalò dove ci sono degli autolavaggi self-service. Il Megalò (o comunemente detto Mongolò dai teatini) è l’unico motivo di svago di tutta la zona. Ovvero il più grande Centro Commerciali di Chieti di tutti i tempi. Arriviamo e mio fratello da buon navigato di lavamacchine va a cambiare i soldi e prende i gettoni. Io chiudo i vetri e serro gli sportelli. E poi comincia la folle corsa. Dovete sapere che questi lavaggi self-service diventano delle vere e proprie macchina da guerra a tempo. Sputano acqua e sapone ad una pressione devastante e trasformano chi la utilizza in dei dittatori. Così acceso l’aggeggio malefico, mio fratello mi lancia una spugna, e manco fosse su un territorio minato mi dice “Tu stammi dietro!”. Io sono interdetto. Ovvero? Cosa dovrei fare. E guardo interrogativo la spugna. E lui. “Quando passo sulla macchina poi passaci la spugna, altrimenti lo sporco non se ne và. Dai muoviti!”. E parte il delirio. Acqua ovunque, il caldo torrido delle 2 del pomeriggio e la furia devastante nei suoi occhi. E io che lo credevo un rincoglionito. Lui con quella pompa dell’acqua mi impartisce ordini e io devo eseguire veloce e senza distrazioni., altrimenti mi fa il bagno. Così lui gira intorno alla macchina e io dietro di lui che seguo la scia che lascia per levare meglio lo sporco, ma lui è talmente veloce che mi doppia e quasi mi ritrovo zuppo di sapone. Vabbè. Mi metto all’angolo per riprendere fiato, e ovviamente succede l’irreparabile. Davanti a me cè il distributore della benzina e dal caldo si materializza un bono devastante. Tale Angelo Custode. Il mio Angelo Custode. Dunque, quando andavo a scuola la mia amica Mari aveva la fissa degli angeli custodi. Diceva che se una persona che non conoscevi la incontravi sempre in giro per la città era il tuo angelo custode. Il suo era un bel signore di circa 50 anni, molto affascinante. Il mio, appunto era Angelo Custode, che ovviamente è sempre stato il più bello del reame. E negli ultimi tempi il suo fisico si è gonfiato lasciando spazio ha t-shirt attillate e micro-canotte. Lui fa benzina e poi si mette a lavare la macchina nel box a fianco al mio. Vabbè. E qui che comincio a ribellarmi a mio fratello. Decido di fargli intendere che quella che stiamo lavando è la mia macchina, e che anche io so come si lava una macchina. Lui si posiziona e comincia a lavare la sua, ma vedo che con la coda dell’occhio sta guardando quello che faccio io. Mentre mi approprio della pompa, inavvertitamente faccio la doccia a mio fratello. Ma lo azzittisco. Cazzo, io sono Annabelle Bronstein penso. E continuo a sciacquare per bene il sapone. Poi il getto termina, e io dico a gran voce, “Ora schiacci il tasto per la cera”. E lui obbedisce. Vedi ha capito chi comanda. Ovviamente il mio Angelo Custode è lì che fa finta di lavare la sua macchina. Ma lo so che sei gay. Me lo sento. Ma il dramma è sempre dietro l’angolo. E infatti. Il getto di acqua e cera fuoriesce con una pressione devastante. All’improvviso. Io mi spavento e inavvertitamente punto in alto il getto, che raggiunge il box affianco e faccio il bagno al mio cazzo di angelo. Ma il getto vince. E mi sfugge di mano. Nel giro di tre secondi mi si gira la pistola e io divento il bersaglio del mio stesso gioco. Sono letteralmente la persona più idiota sulla faccia della terra. Sono bagnato. Ma anche l’Angelo Custode è bagnato. Penso che così abbiamo un’altra cosa in comune. Mio fratello si avvicina con la faccia minacciosa. Non dice nulla e mi prende dalle mani la pistola. Solo poche parole “Bastava lasciare il manico. Coglione!”. Io mi rendo finalmente conto della pessima figura, mi avvicino al vetro e chiedo scusa. Lui sorride e mi dice di non preoccuparmi. Io so solo che sono montato in macchina e mi sono chiuso dentro. Fino a che mio fratello non ha terminato di lavare quella maledetta macchina. Ma una volta finito il lavaggio dovevamo passare all’asciugatura e all’aspirazione dei tappetini. Che palle. Un caldo devastante e poi io che ero totalmente appiccicoso e bagnato visto il mio piccolo incidente di cui sopra. Comunque, con il panno daino ho asciugato tutto, in maniera ottimale. Ma ovviamente un nuovo dramma mi sarebbe successo. Dal parcheggio vicinissimo sbuca un camion con alla guida una ragazza. Il mio pensiero è stato immediatamente uno. Quella è una camionista lesbica. E infatti. La dolce pulzella accosta, e il camion muore. Lì, di fronte a me. Lei scende e credo abbia imprecato in 4 secondi netti tutto quello che mia nonna ha pregato nella sua intera esistenza. Poi si rende conto di non essere in un luogo isolato e come per scusarsi accenna un sorriso verso mio fratello. E lui si gira e mi dice “Bè però carina la tipa!”. Io non sapevo più dove andarmi ad uccidere. Insomma mi era fatto il bagno con la pompa dell’autolavaggio, avevo fatto un gavettone al più bono in circolazione ed ora mio fratello ed io ci stavamo scambiando pareri sull’appeal di una camionista, LESBICA? Vabbè. E’ la fine. Questa poi ci mette la pezza. Si avvicina e chiede a mio fratello se gli sale in cabina e prova ad accendere il motore mentre lei andava non so dove a non so che fare. Io spero che mio fratello rifiuti, ma per lui camion e donne sono un connubio micidiale. Detto fatto. E’ già sopra che smanetta con la chiave. Io resto lì e faccio finta di non curarmi della scena, e continuo a passare l’aspirapolvere in macchina. E poi sento di nuovo lei imprecare. Mi giro e la sento dire che il camion è fottuto e non parte e bla bla bla. Vabbè. Mio fratello scende e lei comincia a chiamare via radio e via telefono aiuto a nonsochi. Dopo dieci minuti di assoluta non considerazione della federazione italiana camionisti gay, lei si avvicina e dice “Mi dareste una strappo fino a Pescara?”. E ovviamente è finita così. Annabelle Bronstein, mio fratello allupato ed una camionista lesbica in giro per la città. Ovvio che andava così. Lo sapevo. Bene cominciamo bene. Ottimo direi.