Gli improbabili appuntamenti di Annabelle Bronstein #2 – Il commesso attore

Si dice sempre che nella vita non bisogna arrendersi. Soprattutto quando si parla di conoscere qualcuno e di relazioni. Soprattutto a Roma. Ma io dopo il primo disastroso appuntamento sono riuscito a collezionarne un altro. Circa un mesetto fa mi sono visto con questo trentasettenne rampante, bel fisico, toscano e davvero interessante. Commesso. L’appuntamento era alle 21:30 davanti Cinecittà. Esattamente dalla parte opposto di dove abito io. Ma hey, bisogna dare una chance all’amore non vi sembra?
Esco di casa alla 20:50, in ritardo ovviamente rispetto ai miei programmi, ho evitato di cenare perché il mio intestino mi fa sempre brutte sorprese, specialmente quando ho un date. Naturalmente accade esattamente quello che temevo con tutte le mie forze, sbaglio l’incrocio e invece che Cinecittà mi ritrovo ad Anagnina. Adesso, io mi chiedo, come cavolo è possibile che quel tratto di strada sia fatto così male, che se non stai attento ti ritrovi a Grottaferrata? Vabbè perdo altri dieci minuti ad orientarmi. Finalmente arrivo a Cinecittà.
Dallo stereo parte “Ciao Realod” ed io non posso esimermi dall’essere dannatamente pop per qualche minuto mentre attendo Limone (denominato così perché già mi prefiguro almeno quaranta minuti passati a limonare). Limone si palesa a sorpresa, mentre sono lì ad immaginarmi con Roberta Ruiu a fare un playback degno di nota, mi dice “Ciao” affacciandosi nel finestrino ed io per la paura mi spengo la sigaretta sul braccio. Moltobbene, iniziamo alla grandissima. Scendo dalla macchina e ci salutiamo con un caloroso bacio,  sulla guancia, “Quanto tempo!” dice lui dandomi due bacetti sulla guancia.
Io annuisco, ma in realtà era lui che non ha mai potuto prima. Dopo diversi messaggi su Romeo siamo passati a What’sApp ed eccoci finalmente qui. Bè non è niente male. Se non che me lo aspettavo leggermente più alto. Mi ha detto di essere alto 187 cm, ma è più basso di me, che ne sono 184! Poco male. E’ molto carino, ha un bel fisico tonico, con una leggera pancetta. Leggerissima, quasi arrapante. Ma siamo nel bel mezzo della Tuscolana, meglio raffreddare i bollenti spiriti. Limone mi propone un’entusiasmante passeggiata. Troviamo un parcheggio alla Bronstein Mobile e iniziamo a fare chiacchiere. Limone mi dice di avere trentasette anni, di essersi trasferito a Roma perché voleva diventare attore, ma di averlo fatto relativamente tardi. E di aver ripiegato su una carriera da commesso. 
Mi racconta della vita dura, della necessità di doversi accontentare di fare il commesso, di essersi stufato ben presto di questa vita che non ti da nulla se non conosci pezzi grossi o se non gli lecchi il culo. Di aver appeso la passione per la recitazione al muro quando si è reso conto che il mondo dello spettacolo con le sue dure e spietate regole non lo voleva. Anzi, lo stressava. Lo faceva stare male e non ne poteva più. Per risparmiare ha cambiato zona, preso casa alla Romanina dove ha trovato un lavoro come commesso. Ma anche il mondo dei commessi è un mondo corrotto e pieno di gente falsa. Che ne sappiamo noi. Dove addirittura doveva sgomitare per il suo posto al sole.
Insomma miei cari, ero lì con una commozione reale e percettibile, gli occhi umidi, la voglia di buttarmi sotto la prima macchina in corsa e la necessità devastante di urlare la mia disperazione a tutta la Tuscolana. Checazzo di tristezza. Quando poi siamo venuti a capo che anche io ho fatto teatro, e lui ha anche visto due spettacoli dove ho recitato siamo arrivati alla frutta. I complimenti si sono sprecati, e vabbè, li posso comprendere, ma uno stato di profonda amarezza si è insinuato in lui che addirittura mi invidiava perché io c’ero riuscito. Ussignur. E che avrò fatto mai. Dentro di me avevo solo la voglia di limonare. Ve lo rammento.
Come vorrei rammentarvi di votare il Signor Ponza nella categoria Miglior Rivelazione ai Mia2013 ( gli award dei blog per intenderci) cliccando su questo link. Ci vogliono cinque minuti al massimo. Bene, torniamo a Limone. Dopo il momento promozione, Limone era lì con la sua storia strappalacrime. Io avevo in realtà voglia di strapparmi i peli pubici e soffrire, perché si, anche questo appuntamento stava per essere ricordato come un IstantFail devastante. Invece di urlare la mia pienezza a tutti i coatti della Tuscolana ho deciso di tagliare lì il discorso, e trovare un modo molto più congeniale di riempirmi la bocca.
“Ti va un gelato?” mi è uscito dalla bocca. Io non ho saputo resistere alla mia richiesta, tanto più che non avevo cenato, e nonostante la carne sia tanta (eh bè!) e sicuramente debole. Per questo in men che non si dica eravamo li a scegliere i nostri gusti. Nutellone, Pistacchio (ottimo!) e Crema per me. Panna e cialdina. Il gelato mi ha ridato un po’ di gioia di vivere, e una latente e sempre presente  necessità di limonare duro. Soltanto in me. Perché Limone ha riattaccato a lamentarsi, questa volta di Roma, di quanto è grande, di quanto sia difficile non avere amici. Di quanto sia brutto che l’unico amico che ha vive dall’altra parte della città. Delle superficialità. Di faccialibro.  Della voglia di una storia d’amore e le farfalle nello stomaco.
Insomma. Limone, BASTA. Preso da un momento di sfinimento cerebrale volevo strillargli che mi aveva rotto il cazzo. Che una persona addirittura più pesante di me non l’avevo mai conosciuta, e lui mi aveva superato totalmente. Ma prima di farlo. Il Dramma. Perché non solo è sempre dietro l’angolo. Ma i drammi a quanto pare non vengono mai soli. Un improvviso e ingestibile attacco di colite. Devastante. Il Nutellone deve aver fatto il suo corso e destabilizzato il mio precario equilibrio intestinale. Insomma non solo un disastroso appuntamento, ma adesso mi stavo anche squirtando addosso. Ecco quindi il fugone.
“Mamma mia si è fatta una certa, credo sia il caso di andare, domani devo svegliarmi presto!” dico con molta fermezza. Saluti di rito, e poi la parte più divertenti degli appuntamenti come questi, “Bè dai ci risentiamo, tanto dove scappi?” mi dice lui serissimo. Eh, per ora, scappo al bagno diretto, ma credo che non ci sentiremo più mio caro Limone. Perché a te più che un fidanzato ti serve qualcuno con cui parlare. Eh si. Recuperata la Bronstein Mobilein venti minuti sono ritornato a casa. E la cosa più divertente è che Limone io non lo più sentito per davvero. E per fortuna che non gli dovevo scappare. (#credeghe)

Esperimento numero 2: FALLITO. 

Gli improbabili appuntamenti di Annabelle Bronstein #1 – Il giornalista triste

Bene, devo ammettere che negli ultimi mesi di castigo sessuale che mi sono auto imposto, tra peripezie di ogni genere, per riabilitare la mia immagine agli occhi di me stesso, in primis, ho deciso di cedere a gli appuntamenti. Ed ho deciso che per tutta l’estate mi darò da fare a conoscere nuove persone. Persone con le quali scambio qualche messaggio sui vari siti e social d’interesse. Facciamola finita con la balla che uno va in discoteca o a fare l’aperitivo e incontra l’uomo della sua vita. Visto soprattutto che ci pregiamo tutti di un’intelligenza. O qualcosa di molto simile.

Ecco perché il mio primo appuntamento della stagione me lo sono ritagliato un pomeriggio di due settimane fa, circa. Lui mi aveva abbordato su Grindr qualche sera prima. Per essere più open e friendly quando torno a casa la sera tengo accesa la maleficaapplicazione. Così girando in macchina e passando per più quartieri mi auto costringo ad inflazionare il mio profilo. E inevitabilmente almeno tre o quattro persone rimangono folgorate (si è proprio il caso di dirlo) dalla prestanza del mio profilo. (#credeghe). In ogni modo mi scrive questo tale che noi chiameremo Enrico Mentana, visto che fa il giornalista free-lance.
Devo ammettere che nonostante l’ora tarda, (erano le due circa) è stato molto carino ed abbiamo conversato sul perché eravamo lì, in quel momento connessi a Grindr. Io ovviamente ho la tattica di non rivelare mai i miei veri intenti. Attendo sempre che l’altro si sconfessi per primo, per poi dire la cosa più giusta che si incastri meglio. Ed anche in questo caso non mi sono smentito. Lui cercava una persona da conoscere. Era stufo delle dinamiche Ciao, piacere, scopiamo, Addio. Ovviamente anche io sono stufo di queste dinamiche. E gli ho detto che non mi sarebbe dispiaciuto incontrarlo.
Mentana ha 38 anni, alto 190 cm, fisico importante ma non grasso. Rosso. Barba e testa rossa. Un dettaglio che nell’ultimo periodo ha sempre stuzzicato, e non poco la mia fantasia. Insomma a me, nella mia testa, dove c’è quel piccolo e solitario neurone vagabondo, un sexy sollazzo con un bear rosso, vestito di camice a quadri e jeans attillati non sarebbe affatto dispiaciuto. Ma noi (cioè io e Mentana per capirci) volevamo qualcosa di più. Quella cosa che ti fa venir voglia di andare oltre e conoscere in maniera esclusiva qualcun altro. La passione. I fuochi d’artificio. Mi spiego?
Ed infatti cinque giorni dopo, eccomi aggirarmi in quel di Monteverde Vecchio, alla ricerca della sua via. Finalmente arrivo. Abita in un palazzo vecchio ma carino, al  piano terra, che in realtà è un piano alto. Appena entro dentro lo trovo affaccendato al pc che scrive. Naturale, penso è un giornalista d’assalto del la capitale. Ma vengo invaso da una svampa devastante che mi addenta al naso. Mentana deve aver letto il disgusto sul mio volto e si affretta a scusarsi “Mi dispiace, purtroppo sono stato fuori per lavoro, e ho ritrovato casa inondata. C’è stata una perdita dall’appartamento di sopra ed è saltato l’impianto elettrico e c’è muffa ovunque. E’ un disastro”. Che tristezza.
Porello, a saperlo mi portavo dell’ossigeno portatile, così evitavo di estinguermi. Decido di soprassedere questa devastante puzza ed inizio a parlare del più e del meno. Mi racconto parlando di me, del mio lavoro, dei miei interessi. Perdiamo anche dieci minuti a parlare de La Grande Bellezza di Sorrentino, film che lui ha già visto e che rivedrà ancora con i suoi amici. Gli racconto delle mie storie passate, della mia passione per la scrittura, e per l’innata e sempre stimata voglia di cazzo. In maniera molto naturale a dire il vero, perché in fondo a una certa età bisogna pure diminuire i filtri, ed essere sinceri.
Ma i gay si stufano subito. Si stufano a tal punto che ti viene voglia di buttarti dalla finestra, nonostante sia un piano alto, e sai che non ti farai assolutamente male. I suoi lunghi silenzi ed il suo annuire e basta mi hanno fatto venir voglia di leccare la muffa dai muri e morire in una maniera molto strana come se fossi in CSI New York. Mentana, il giornalista, non si è scucito né mosso. Seduto sull’estremo più lontano del suo divano a tre posti mentre io annaspavo chiacchiere inutili e soporifere su di me. Sono riuscito a scuoterlo un attimo quando gli ho chiesto delle innumerevoli stampe appese ai muri. Finalmente un guizzo. Un luccichio in quei occhi tristi ed annoiati.
Mi ha dettagliatamente raccontato la storia di ogni stampa, dove li ha comprati e per quale motivo. Addirittura di una mi ha detto che ha tirato il prezzo, con il venditore, pagandola una stronzata. Ma il suo valore è ovviamente inestimabile e prezioso. Tutto ciò mi sa irrimediabilmente di collezione di farfalle. E rido tra me e me. Ma forse ognuno ha le sue. Io colleziono cd dannatamente pop, biglietti dei concerti, stagioni di telefilm di Grey’s Anatomy  e flyer della Popslut Night. Insomma pure io posso sembrare un mezzo psichiatrico non vi pare?
Ma non è tanto questo. Io capisco che in periodi come questi il sesso ASAP e asettico è privo di ogni senso e raffredda le voglie. A tutti. Ma essere anche totalmente disinteressati e morti cerebralmente aiuta ugualmente? Insomma qualche tempo fa anche se dicevo CACCA o PIPI’ l’occhio del mio interlocutore era almeno vispo e presente. Mi sono arenato. E lì in quel salotto ho messo la parola fine a quella farsa bella e buona. Mi sono fumato una sigaretta, e mi sono defilato, ringraziando per il piacevole pomeriggio (???) e fuggendo come se non ci fosse un domani al limite della corsa.

Adesso oltre a metterci in nomination per i #MIA2013 seguendo questo link, mi è venuto in mente se ho davvero bisogno di questo. Di questo vuoto assoluto, impacchettato e privo di ogni sentimento? Privo di un qualche respiro spontaneo? No. No. E ancora no. Non si rianimano le storie finite, figuriamoci se posso perde tempo a rianimare i morti in partenza. E’ evidente che Mentana non è il mio lui. Ma non mi fermo, non mi arrendo e vado avanti. Perché l’improbabile appuntamento numero 2 è già alle porte e ve ne renderò conto ASAP. As usual.

Lost in Translation Amici Edition

Dove sono finito? Non lo nemmeno io. Ad essere sincero forse mi era passata la voglia. O forse ero solo troppo depresso perché dovevo rendermi conto che avrei dovuto festeggiare trent’anni. Lo so che uno è giovane ancora a trent’anniMa ne ho lette talmente tante sui trenta che l’ansia mi è venuta per davvero. Ho letto che ti si riduce il pisello, che i capelli si fanno più radi e che inizia a mancare addirittura il desiderio sessuale. Tutte cose che poi in realtà, per quanto mi riguarda non sono avvenute. Anzi. Ma non bisogna mai sottovalutare le situazioni. Perché i drammi, sono sempre dietro l’angolo.

Aprile e maggio sono stati mesi strani, non mi sono reso conto bene di quello che avevo in testa e di come mi sentivo. In realtà sono andato in giro, con mio cugino dell’Australia. Mi sono ritagliato spazio nei week end e lo portato in Toscana, a Venezia e dai parenti in Abruzzo. Mi rendo conto che ve ne importa tantissimo, ma quello che voglio raccontarvi è accaduto qualche giorno prima che lui ripartisse. Per tutta la sua permanenza qui a Roma il suo Grindr ha trillato più del mio telefono. E tra gli altri un’ex amico di Maria lo ha pesantemente tampinato. Fino a che un venerdì mattina, mentre io ero a lavoro ne hanno fatto di ben donde.
La mia devastante voglia di cazzo ha superato le barriere linguistiche e quelle delle decenza. Perché intorno alle 14 mio cugino mi manda questo messaggio:  “What time are u home? Can we make it 3?”. Adesso io parlo un discreto inglese. Neanche ve lo sto a dire che cosa sia successo nel mio cervello. Quel piccolo, inutile e dannatamente arrapato di un neurone che mi ritrovo non ci ha pensato due volte ed è partito lo stachetto di “3”di Britney. E tutto ciò che ne consegue. Che volevate capirci in questo messaggio se non vieni che ne facciamo di bendonde a tre?
Io ero ancora a lavoro. Nel giro di dieci minuti dieci ho sbrigato tutto quello che non avevo fatto in una mattinata intera, ho preso le mie cose, strisciato il budge e sono fuggito verso casa. Erano appena le 14:30, ed avevo ufficiosamente intuito che qualcosa non andava. Insomma mio cugino si era chiuso dentro e nessuno mi apriva. Rileggo il messaggio. Insomma magari ho capito male io. No. Mi ha chiaramente detto che lo vogliono fare a tre. Figuriamoci se io mi lascio scappare un threesome con incesto familiare annesso.

Passano dieci minuti. E’ evidente che c’è qualcosa che non va. Deduco coscienzioso. Telefono a mio cugino. Risponde e gli intimo di aprire la porta ASAP. Lui viene, visibilmente imbarazzato e in inglese mi sottolinea stizzito che mi aveva chiesto di tornare dopo le tre. Bè anche meno. Eppure a casa mia “We can make it 3” significa che lo avremmo fatto a tre. Ma nessuno mi ha ancora detto il contrario, per cui entro e faccio la gnorri fino alla fine. Insomma mi trovo già nel bel mezzo di una mega figura di merda, tanto vale che la concludo degnamente. No?
L’Amico di Maria, piuttosto che di Maria mi sembra amico di un qualche CIM. Leggermente imbarazzato anche lui, è disorientato spazio tempo al punto che biascica qualche incomprensibile vocabolo. A questo punto prendo mio cugino e gli dico chiaramente che cosa dobbiamo fare, insomma io non sono mica una locandiera affitta camera ad ore. Ho gli ormoni in subbuglio e sono piena da morire. Lui mi guarda come se avessi deciso di portarlo alla benedizione domenicale del Papa e sorridendo dice che io non ho capito una beneamata ceppa.
Ottimo. Sorrido ed invito l’amico di Maria a prendere un caffè con noi altre paze dell’entroterra abruzzese e australiano. Di lì, a poco l’Amico di Maria è praticamente diventato anche Amico mio. Pensa che culo. Mio cugino lo aveva abbondantemente ragguagliato su tutti i cazzi miei: cioè che ho un blog, che scrivo, che faccio questo e quell’altro. Ma il dramma è sempre dietro l’angolo. E dopo aver fatto le amiche del sabato pomeriggio lui esce e manda un sms a mio cugino chiedendogli di raggiungerlo al bar di fronte casa per parlare altri cinque minuti.
I minuti diventano venti, e quando mio cugino torna mi racconta che l’Amico di Maria lo ha implorato di rimanere in Italia. Di trasferirsi e di andare a vivere insieme. Di essere profondamente innamorato e non riuscire già a vivere senza di lui. Figuriamoci se potrà mai vivere col pensiero di lui a 16000 km di distanza. Ovviamente mio cugino non ci ha pensato neanche trenta secondi e lo ha invitato ad andarlo a trovare a Sidney. Ma si #credegheagliufoeaicangurivolanti. Detto ciò sapete qual è la morale di questa simpatica avventura?
1. Devo ridefinire il mio concetto di buona comprensione della lingua inglese che ho scritto sul Curriculum Vitae
2. Il dramma è sempre dietro l’angolo.
3. Mai fidarsi di ciò che dice mio cugino.
Ma non è finita qui. Perché l’epilogo drammatico di questa serie di eventi incomprensibili si conclude il lunedì successivo. Dopo aver accompagnato mio cugino in aeroporto, rientro in casa e prendo possesso della mia residenza rimettendo in ordine e facendo centordici lavatrici e sbram, davanti a me si palesa un asciugamano smerdaterrimo. E qui adesso si apre il dubbio amletico: Chi vuoi che sia stato??? Non lo sapremo mai. M.A.I. Oppure si, io già lo so, ma non ve lo dico.

N.B. La foto del Manzo in alto è puramente casuale, e non riguarda l’Amico di Maria di cui sopra. 

Serena Ferretti.



Ieri sera il tweet di cui sopra mi ha lanciato nello sconforto più assoluto. Si perché basta guardarsi intorno per capire che tutti si sposano. Chiunque fa il grande passo. Ed io, e a questo punto non solo io, sono arrivato alla conclusione, che si forse il matrimonio, inteso più come due individui che si uniscono, non è poi così male. No. Sono sincero. Ho sempre odiato l’idea di doversi giurare amore eterno. Per me si è sempre trattato di una sorta di contrattualizzazione nero su bianco dei sentimenti. E i sentimenti, seppur sinceri possono cambiare.
Ma quest’anno, un po’ forse perché mio fratello si sposa, un po’ perché sono in una fase no alternata e prolungata (Tracey Ullman mi leggi?), mi sento di rivalutare tutto. Nella maniera più positiva ed inaspettata che posso. Si perché in fondo io ho cambiato idea a riguardo. Insomma sono arrivato a pensare che sia più un impegno reciproco che ogni giorno va onorato. Costruire mattoncino dopo mattoncino la quotidianità, dividere le sofferenze e gioire dei successi. E bè, poi amarsi, ovviamente. Fare l’amore. Ci sta tutto dentro. In ogni senso anche. Ma non solo, essere responsabile di un qualcosa.
Ovviamente, come tutti sappiamo, mentre il mondo, lentamente si sta aprendo alle unioni omosessuali, qui in Italia il discorso è ancora difficile e poco considerato dai più. Anzi. Più semplicemente non esiste. Ma voi, single vi sposereste mai? Ecco, il mio tarlo si è bloccato esattamente qui. Io, conoscendo il gay medio (capitolino), non mi sognerei di sposarmi mai e poi mai. Ma non perché voglio fare la figa di legno o quella che ha un’eccessiva considerazione di se. Niente affatto. Io so semplicemente che non c’è ne, almeno per me.
Oramai penso davvero di averne provate di ogni. Mi manca giusto di vendermi all’asta al migliore offerente. E penso che alla fine non mi si comprerebbe nessuno. Ma facendo delle accurate riflessioni tra me e me ho concluso che io sono sempre la persona sbagliata, al momento sbagliato, nella vita di qualcun’altro. E questo, non puo’ che non darmi il sensore che non avrò mai la mia relazione equilibrata, sdolcinata, sincera e paritaria che per me sogno. Lo so, volete degli esempi. Ne avrei a bizzeffe, ed anche se non vorrei, tocca generalizzare.
Quando decido di fare solo del sesso senza complicazione alcuna incappo in quello che vuole un fidanzato che gli faccia i grattini sul divano. Quando decido di fare io quello che vuole una relazione incontro quello che è nella fase che si vuole solo divertire. Quando decido che devo allargare gli orizzonti e voglio solo un appuntamento, inciampo in chi invece ha una vita talmente esageratamente fitta di impegni che Barack Obama Levati ASAP.
Quando decido di ignorare il mondo intero perché ne ho abbastanza di tutte le tipologie di uomini finora citati, sbuca un qualche demone dal passato che modifica il suo status da single a ufficialmente fidanzato su facebook e perdo la parola per almeno due settimane. Quando mi viene in mente l’unico che forse potrei amare follemente sopra ogni cosa, bè, non fatico a ricordare che in realtà, ecco. Mi odia. Ma potrei andare avanti per ore. E potrei fare esempi sempre più precisi e calzanti.
Mi trovo davanti un bivio. A destra la Singletudine e a sinistra un burrone. E nonostante il sesso, quello fatto bene, adesso siamo nella fase che non ti incontri neanche più per scopare. Perché ci sono troppi km di distanza. Mi chiedo ma io che male ho fatto? Che problema ho che alla fine della giornata appaio ai più come uno spostato? Oppure sono gli altri che sono spostati? Non lo so. Io mi riservo solo di avvertire un senso leggero di amarezza. Profonda desolazione. E voglia di fare le valigie e sparire sul primo treno come se non ci fosse una destinazione nota. E basta.
Per piacere pero’, non scambiate questo mio sfogo personale per una mal sana invidia verso la qual si voglia. Niente affatto. A questo proposito vorrei dire che io amo le coppie e quelli che stanno insieme. Li ritengo dei pionieri, delle entità speciali che non hanno nulla a che vedere col sottoscritto. Delle persone che hanno la forza di condividere sempre, qualsiasi cosa con il proprio partner. Gente davvero che meriterebbe un premio perché non solo amano, ma sono anche amati. Incondizionatamente.
Ed è questo il punto esaustivo di tutta questa drammatica faccenda. E visto che il dramma è sempre dietro l’angolo, sono certo che tutti o quasi vi state chiedendo chi cazzarola sia Serena Ferretti. Non lo so neanche io a dire il vero. O meglio, so che è una ragazza che sta per sposarsi, e che per il suo addio al nubilato è andata in giro per Roma per tre giorni a vendere magliette come da foto. Ed una l’ho comprata anche io, addirittura con un’offerta super generosa (a suo dire) di cinque euro.
Perché in fondo io sono solo una sfigata orrenda che crede davvero all’amore. E spero che ci creda anche lei. Perché in fondo aiuta sicuramente di più vivere in attesa della persona giusta, che vivere con quella sbagliata per tutta la vita. Anche se ecco, in giornate come queste mi verrebbe solo la voglia di prendere spaccare tutto ed urlare fino a consumare le corde vocali. Che pure quello, aiuterebbe un tantino, invece di passare tutta la serata a vedere gli album fotografici dei matrimoni di quelle cretine che venivano all’università con me. 

Quando si dice il karma

Come dire… A volte la vita è davvero molto strana. Anche se il sottotitolo per questo post potrebbe essere tranquillamente “il dramma è sempre dietro l’angolo”. Ma essendo una costante della mia esistenza, sinceramente rischio che di sto passo ogni post si chiami così. E invece no. Perché questa volta sono rimasto davvero molto basito. Diciamo che negli ultimi sette – otto mesi, visto che non sono andato oltre una pomiciata con la qualsivoglia in realtà ho intrattenuto un intenso scambio di messaggi con un tipo. Architetto, trentenne, castano, occhio azzurro. Insomma un bel tipo.
In principio le nostre conversazioni erano molto vaghe, ovvero parlavamo di quello che ci succedeva il giorno prima, dei nostri interessi vari, amici e via discorrendo. Conversazioni anche piacevoli. Ma poi, ad un certo punto, l’ormone si è insinuato tra di noi. Adesso, che sia chiaro, sono sempre stato scettico ai rapporti che iniziano così. Un po’ per esperienze passate che non hanno portato nulla di buono, anzi. Un po’ perché io sarò antico, ma preferisco sempre il contatto fisico. Che sia anche uno sguardo, dal vivo, ha tutto un altro peso. Non nascondiamoci.
E proprio perché il mio presupposto è questo, per otto mesi non ci siamo mai riusciti a vedere. Strano ma vero. Ma il giorno di pasquetta, finalmente i tempi erano maturi. Ci siamo dati appuntamento alla metro Garbatella, subito dopo aver passato la giornata con i nostri rispettivi amici. Intorno alle 20 mi avrebbe aspettato lì, per poi andare a mangiare un boccone insieme. E chissà che altro. “Aspettami vicino il ponte direzione Ostiense”. Il suo ultimo messaggio. Ed io lì ero. Sotto la pioggia. Mentre lentamente mi si fracicava un cm in più del mio corpo. E lui?
Lui non so davvero che fine abbia fatto. Dopo una ventina di minuti, mentre pensavo a come potermi mettere in contatto con lui, poco più avanti un rumoraccio mi distrae. Una botta violenta. Mi sono anche spaventato perché ero sovrappensiero. Una macchina inchioda, e quella dietro gli va contro senza rendersene conto. “Tutta colpa dei cellulari” penso tra me e me. Ed evidentemente io avevo un problema simile, ma al contrario, poiché non avevo il suo numero. Avevo solo il suo contatto su Planet Romeo. Che insomma, la dice lunga.
Tornato ai miei pensieri, nonostante il trambusto post incidente, mi chiedo come al solito quando organizzo queste robe a cosa stracazzo penso. La prima cosa è chiedere un cellulare. E fare sempre una telefonata anonima almeno un giorno prima per vedere se qualcuno rispondo. Incazzato con me stesso in primis, e passati altri venti minuti, sento cocente la vergogna di un bidone addosso. Penso che forse è imbottigliato nel traffico e che sta arrivando. Poi penso che sono una sfigata orrenda, una poveraccia delle peggiori, e che mi fumo un’ultima sigaretta e fuggo via.
Detto fatto. Mentre torno a casa gli avrò mandato qualcosa come una trentina di messaggi. Messaggi ai quali nessuno mi ha mai risposto. Cioè ci pensate ad otto mesi a mandarsi i messaggi tutti i giorni. A qualsiasi cosa? Appena mi vedeva in linea mi mandava una faccina carina con una frase super simpatica che mi faceva sorridere all’istante. La parola giusta al momento giusto. Il buongiorno, la buona notte. Addirittura il messaggino con foto annessa mentre si abbuffava di nutella alle tre di notte. Insomma oltre che carino anche dolcissimo.
Tornato a casa mi sono arreso alla stanchezza, ed anche a tutti i miei preconcetti su di lui. Dovevo ammetterlo a me stesso e basta. L’ennesima, evitabile sola che potevo risparmiarmi. E si, ci sono rimasto male. Tanto male. Intanto gli avevo mandato anche un messaggio, che mi ero ripromesso essere l’ultimo: “Ti lascio il mio numero, così quando ritrovi le palle, almeno puoi chiamarmi”. Mi viene da pensare che sono doppiamente sfigata orrenda. Perché oltre al danno la beffa. Ovvero io che gli mando il mio numero di telefono. Ma tanto.
DUE GIORNI DOPO
Rientro al lavoro. Un po’ triste ma almeno senza più pesi. Ricontrollo Planet Romeo, e lui dal giorno di pasquetta non si è più collegato. Scomparso. Disperso. Probabilmente sulla Colombo, chissà a fare che e con chi soprattutto. Quando, il telefono squilla. “Hey, scusami, ho visto ora tutti i tuoi messaggi. Volevo spiegarti cosa mi è successo. Ho tamponato una macchina proprio davanti la metro. Ti stavo scrivendo un messaggio, ed il tipo davanti a me si è fermato. Io ovviamente non l’ho visto in tempo. E niente ho passato gli ultimi due giorni in ospedale con un trauma cervicale. Mi spiace, ma mica ci sei rimasto male. Ovviamente dopo non ho avuto modo di avvertirti. Mi spiace se sei rimasto male. Davvero…
Ecco. Adesso posso scriverlo. Il dramma è sempre dietro l’angolo. Sono una sfigata orrenda. E credetemi non ho davvero più le forze per gestire la mia esistenza. 

Sex Austerity

Sapevo che sarebbe successo. Prima o poi il troppo stroppia. Ed è inevitabilmente successo anche a me. Così dopo mesi di sesso compulsivo ed incontrollato ho dato un chiaro e sonoro stop. A tutto. E  a tutti soprattutto. Motivi? Be inutili dettagli che riguardano la mia salute, nulla di grave state sereni, e il perentorio pensiero che mi trapana tempie ed anche un po’ le palle. Ovvero io qua che cazzo ci sto a fare? 


Insomma si, ho un lavoro, ho degli amici, fantastici, sono una persona con delle movenze dannatamentepop. È poi? Ultimamente mi sono fissato con il chiedermi se dovessi morire cosa resterebbe di me. Lo so. Pensare ad una cosa simile è solo un trip. Ripetitivo ed anche abbastanza noioso. Ma io mi pongo sempre domande simili per un eccesso di giudizio nei miei confronti. Insomma non ho di certo la condotta di una Santa, ne tanto meno aspiro a ciò, ma prima o poi arriva quel momento in cui una persona ti si avvicina e ti mette a disposizione il suo cuore?

Perché che qualcuno non voglia il mio lo posso tranquillamente accettare, ma non mi pare che ci sia nessun’altro che voglia dare il suo. Così lentamente e inesorabilmente  i giorni passano e ho sempre meno la percezione di me che si relazione col prossimo. Nell’ultima settimana che il mio coinquilino si è levato dalle palle ho riflettuto su quanto tempo io sia stato in silenzio. Senza parlare con nessuno. Senza esprimere un pensiero. Ecco ho trovato che sia infinitamente triste. Non che questo abbia una stretta connessione col sesso.

Non fatemi mischiare le cose. Questo ha insinuato e riportato a galla un pensiero vecchio che volutamente avevo rimesso. Sono solo. Solerrimo. Ed inevitabilmente, diretto come un treno sono ritornato a pensare a quanto sia ingiusto. Insomma c’è gente con le Hogan che è fidanzata. C’è gente che scambia Twitter per Gay Romeo e si rimorchia la qualsivoglia mentre il ragazzo è a far progetti su come dipingere la camera da letto. Come mi  ha detto qualche tempo fa Guy: “C‘è chi ha denti e non ha il pane. E viceversa”.

E mentre tutto va al contrario di come dovrebbe la conclusione è come sempre amara. Mi chiedo solo se possa andare peggio di così. E la risposta è chiara. Si. Io mi preparo al peggio, perché il dramma è sempre dietro l’angolo, e quando il dramma prende via… Insomma nessuno è capace di dargli un taglio. Specialmente io. Ma non fare sesso per più di un mese per me è inaspettato e alquanto deleterio. Mi viene da sorridere perché mi immagino come l’Incredibile Hulk che diventa verde quando s’incazza.

Ecco io divento verde quando non vedo un cazzo. Ma il fiore sboccerà ancora. Per ora, vista la crisi, mi scambio messaggi porno con un mio contatto Romeo. Illudendomi che lui possa finalmente essere il mio Big. Einvece?

Rifocalizzare. 2013

Avevo intenzione di iniziare il 2013 sul blog con una serie di buoni propositi. Ecco i buoni propositi mi servono sempre per iniziare bene l’anno. Ma devo ammettere che i miei buoni propositi sono andati a farsi fottere nel momento esatto in cui ho deciso di metterli nero su bianco. Nella fattispecie vertevano su alcuni punti principali. Prima di tutto cercare una casa nuova. Vivere con un coinquilino etero, calabrese, con la mania della cattiva igiene e simpatico come una diarrea estiva mi hanno convito totalmente a prendere questa decisione. E poi voglio riavvicinarmi ai miei amici. Mi sembra di essere in punizione quassù.

Lontano da tutto e da tutti con troppe difficoltà per parcheggiare. Che sembra una stronzata, ma condizionano inevitabilmente la vita quotidiana. E poi diciamoci la verità, sono stufo di abitare così vicino al lavoro. Non posso mai invitarmi che non mi è suonata la sveglia. Perché qualora fosse anche possibile, in realtà ci metterei comunque cinque minuti ad andare a lavoro. Ecco, necessità anche fondamentale è che devo essere sincero: nonostante io sia in una zona universitaria la media gay è davvero bassa ed orribile. Insomma gay improbabili, nessuno che abbia fatto lo Ied o che prenda lezioni di danza. Anzi a dire il vero  non mi sembra neanche Roma (e in effetti).
Ma se fossero i primi di gennaio parlerei principalmente di una cosa. (Lo so che in realtà è quasi febbraio, ma il tema era questo, non mi angosciate). Ovvero parlerei di come ricominciare da zero. Di come farsela passare (la volpe che non arriva all’uva e dice che è acerba), di come accontentarsi dello stipendio diminuito perché hanno cambiato il contratto (si sa c’è crisi), di come far finta di essere soddisfatti di una vita da single priva di ogni stimolo (no sex in the city vi dice niente?). Insomma di come riuscire a sorridere nonostante tutto. Soprattutto quando sei nell’ultima parte dei venti. Gli ultimi sei mesi per intenderci, prima di passare a trenta.
Ecco, potrete tranquillamente affermare che sono una chiavica e che mi fascio la testa prima del tempo. Ma io vivo di somme, pensieri e riflessioni. Parole, che si infrangono nella mia testa e riverberanofino a sparire. Parole che immagino di dire e che spero mi vengano dette. Parole che mi piacerebbe sentire, che vengano dette proprio a me. E con le quali riuscire ad emozionarmi,  veramente. Così come vorrei. Senza troppe maschere. Ma in realtà a parte Antonio Capitani e Paolo Fox che vedono amori come se non ci fosse un domani, io sono  l’unico a pensare che l’amore così come lo voglio non esiste. Non c’è. E non c’è neanche più nessuno che sia interessato.
Ecco io mi metterei a correre sulla Tuscolana urlando e andando a sbattere contro chiunque. Anche solo per farmi notare. E invece no. Guardo il tempo che sparisce nel tic tac noioso e ripetitivo di un orologio da parete Ikea sperando che qualcuno mi dica semplicemente “Hey come stai?”. Parole semplici. Passi facili e precisi. In realtà mentre io mi rattristo per la poca attenzione intorno a me il mondo va avanti. Ed è proprio questo il punto cruciale e drammatico. Io sono ancora in una stanzetta di cinque metri quadri di Via Giuseppe Acerbi a sognare di diventare qualcuno, mentre gli altri sono già diventati qualcuno. Sono diventati grandi. Si sono fidanzati.  Chiunque si fidanza. Gli improbabili. Gli inaspettati. I meno espressivi. I mostri.
Giudicatemi male. Ditemi soltanto che sono un egocentrico del cazzo. Si. Lo sono. E ne vado anche fiero. Ma non posso resistere a me stesso, non posso far finta che non sia importante perché forse il tempo degli aperitivi e delle single a caccia nell’Upper East Side del cazzo è davvero finito. E forse adesso inizia il momento della sostanza. E per fortuna che ci sono i miei amici. Che davvero senza di loro sarei meno di quello che sono oggi. E non sarei sicuramente felice. Perché nonostante tutto questo marasma riesco ancora a sorridere. Ma non preoccupatevi, tutto ciò serviva solo per rompere il ghiaccio. Il mood è tornato. Ed ora levatevi. 

Ottobre.


La mia famigerata amica Du Barry, era famosa su queste pagine per il suo stendere gli uomini con uno sguardo. In senso positivo, ovviamente. E siccome il tempo passa per tutti, anche la mia amica è diventata saggia. Merito anche della sua psicologa che è una stra quotata nella Roma bene, inevitabilmente parlarci diventa terapeutico, visto che capisce tutto, adesso. E mentre sabato attendevo in trepidante attesa i risultati dei MIA2012 (dove Così è (se vi pare) si è guadagnato un rispettabilissimo, ma ancora non sufficiente, terzo posto – grazie a tutti comunque per i voti!!!), eravamo lì a ciarlare e a giocare alla malata di mente e alla psicologa.
Ovviamente la malata di mente sono io. Ma forse esagero come al mio solito. Sapete parlare con la Du Barry di questo strano periodo che sto vivendo mi ha dato un qualche stimolo. E’ innegabile che siamo sempre più fragili. E quando la fragilità lascia spazio alla totale insoddisfazione in ogni cosa, la necessità di parlarne si fa pressoché necessaria per sopravvivere. Ma sopravvivere a chi? O a cosa? La Du Barry è sicura e certa quando afferma che prima di tutto devo smetterla e provare ad essere felice e soddisfatto anche da solo.
In effetti, chiunque, conoscendomi potrebbe pensare che il mio stato attuale sia dovuto soltanto alla mancanza di una persona in particolare. Non è così. Non è lui il problema. Lui è lontano, fidanzato, felice e spero anche realizzato. Per quanto possa torturare me stesso sul fatto che lui mi ignori, in qualche modo, lo comprendo benissimo. Ognuno ha le proprio responsabilità. E in qualche modo non gli dò neanche tutti i torti. Certo se venisse qui a dirmi che ne vuole da me forse non saprei proprio come poter reagire, ma sono certo che ciò non accadrà mai. Ciò nonostante non è lui il problema.
Non sto soffrendo per lui. E’ possibile che il problema debba per forza ruotare intorno alla mancanza di un fidanzato. E’ davvero così importante? O meglio, deve esserlo? Insomma perché per me lo è almeno. Lo stimolo è arrivato soprattutto su questo punto. Perché senza uno stramaledetto +1 mi sento perso e inutile al genere umano? Badate bene, quando questo blog faceva sorridere perché scrivevo cose allegre ero comunque single. Ma avevo la speranza. E gli amici, che forse l’avevano più di me. Poi però le cose cambiano. Per cui mi viene a mente che forse gli amici tocca pure sceglierseli bene. E forse io questo non l’ho mai fatto in maniera oculata. E’ verità.
Anche se l’aspetto terapeutico dell’aver parlato con la Du Barry sta principalmente in una frase che mi ha detto: “Tocca tirarsi su le maniche. E finirla di dire e fare cazzate. Abbiamo trent’anni, cazzo. E a trent’anni ci si aspetta che almeno uno sia realizzato. E dobbiamo essere felici. Per cui se qualcosa non va, tocca conquistarselo. Ora. Adesso. Poi non ha più senso, e il tempo passa e ci mette davvero poco a volare. Capisci?” Si. Lo capisco. E quindi? Tocca davvero tirarsi su le maniche e ricominciare a vivere perseguendo degli obiettivi. Che poi sarebbe normale. E invece.
Certo è che mi viene da pensare soltanto che si, in qualche modo siamo davvero cresciuti. E che forse, il tempo per certe cose è davvero finito. Insomma io non mi ci immagino a quarant’anni in giro per locali a rimorchiarmi la qual si voglia. E forse sarà davvero quello il mio triste e inaspettato (!) destino. Ma io tendo sempre ad esagerare, o forse no. Forse in questo mio riflettere su queste cose sono in qualche modo oculato. Ma chi lo sa. Sento soltanto, per la prima volta, di essere la persona sbagliata, nel posto sbagliato. E di vedere poche uscite di sicurezza.
E che in qualche modo sia davvero arrivato il momento di reagire in maniera decisa. E prendere una posizione. Questo me lo devo. E lo devo a chi tiene alla mia felicità. E saranno anche un numero di persone che non superano una mano, ma non me ne voglio affatto lamentare. Anzi. Forse il problema mio è che non riesco a sopravvivere a me stesso. Nel senso che dovrei finirla di tormentarmi ed iniziare a vivere. Davvero. E questo in soldoni è stato quello che la Du Barry mi ha detto. Ma tra il dire e il fare, ce ne vuole, ed intanto un altro week end è passato, ed io sono rimasto a casa a fare la muffa.

Ma è già ottobre. Ed è tutta un’altra storia. Me lo  auguro, almeno.

Riflessioni contorte.















Bene bene. Sono ufficialmente il miglior nemico di me stesso. E scusate se lo ammetto candidamente. Questo di certo non allieva la pena. Affatto. Anzi. La consapevolezza in un caso del genere, peggiora soltanto le cose. Ed è peggio perché essere consapevoli di dire una cosa, e fare l’esatto contrario vuol dire prima di tutto non volersi bene. E non volersi bene, bè, non è una cosa per niente salutare. Insomma si può essere coscienti di non volersi bene, e continuare a non volersi bene? Con quali presupposti posso rincollare i pezzi? Ecco, a proposito di questo, non sono neanche troppo d’accordo nel rincollare i pezzi. Insomma è una cosa un po’ da sfigati.
O almeno, questo è quello che ho sempre pensato. Ma devo ammettere che rincollare i pezzi è coraggioso. E visto che non faccio neanche questo, forse sono doppiamente codardo. Ecco, c’è chi passa il tempo a far finta di ascoltarmi. Di capire. Di comprendere. E forse neanche a me va più di spiegarmi. Perché poi lo faccia qui, bè è di fatti un mistero anche per me. Ma forse, millanto una difficoltà a comprendermi spacciando addirittura a me stesso di essere contorto, quando in fondo sono come tutti. In crisi. E le persone in crisi fanno cazzate. Ebbene io sono inutile anche in questo. Perché non faccio proprio niente. Anzi no. Mangio. Qualsiasi cosa. Adesso non voglio fare la parte della bulimica. Che è una roba serissima.
Però essere aumentato vertiginosamente di 10 kg in un paio di mesi per me è indice di qualcosa che non va. A volte mi chiedo se tutto questo essere da un’altra parte sia effettivamente colpa di qualcuno. Oppure, sia semplicemente colpa mia. Mi trovo a scagionare chi so io, e ad incolpare me stesso di tutto. E a dover subire questo processo a me stesso completamente da solo. Vittima e carnefice. E poi di persone che ascoltano, ce ne sono pochissime. Ci sono quelle che sentono. Ma per quelle che sentono deve andare tutto bene. Allora sorrido, e fingo che vada tutto bene. Che è un’altra cosa di cui non vado affatto fiero.
Mi chiedo, spesso, se c’è qualcuno che farebbe come me se io avessi un mio amico nella mia stessa situazione. Periodo semplice. Ma penso abbiate capito. Io farei davvero qualsiasi cosa. Ma se quell’amico sono io, perdo interesse. A volte penso di essere troppo pesante. O forse troppo superficiale. Altre volte ancora credo fermamente di essere io quello rompiballe. Non è possibile che ogni giorno che io mi sveglio sia una fottuta giornata no. Ogni singolo giorno non vedo l’ora di uscire dal lavoro perché nel tempo del tragitto fino a casa io mi approprio lentamente di una sorta di pace, che svanisce appena rimetto piede in casa. Si, non ho pace.
Mi tormento. Mi chiedo ripetutamente se le scelte fatte fino ad oggi siano state frutto di mie reali decisioni, o semplicemente dettate dal momento che vivevo. E questo mi fa pensare che ipoteticamente, forse, che in realtà non ho mairiflettuto davvero. Altrimenti ora non sarei qui a fare questo discorso. Non vi sembra? Insomma di colpo è possibile che la mia vita mi faccia talmente schifo e in ventinove anni io non ci abbia capito mai un cazzo di niente? Ebbene la risposta è si. Adesso che, per l’ennesimo post vi ho frantumato le palle, e che per l’ennesima volta, non trovo un finale degno, chiudo semplicemente chiedendomi se in fondo non sono come tante altre persone in giro. Ma non sono convinto ancora.
E prima o poi, ci sarà qualcosa per cui valga la pena sorridere. Lo so. Comunque l’obiettivo era???… ricominciare. Si. 

La cura.


Diciamoci la verità. Quando un periodo è no. E’ no. E non parlo che me la tiro da solo. E forse non dovrei neanche scrivere un post del genere. Ma, come sempre, non riesco a non essere sincero anche nella peggiori delle sorti. Se da una parte ho davvero tutto quello che una persona vorrebbe, in realtà non ne riesco ad essere entusiasta. O comunque soddisfatto. Ci sono stati tempi, in cui effettivamente avevo molto meno, e sinceramente ero molto più felice. Ma in fondo la felicità, quella di cui siamo alla ricerca perennemente e costantemente secondo me è solo una bufala. Una grande enorme bufala.
Eppure, a mio fratello è bastata incontrare la sua metà. Quella vera. Quella che basta uno sguardo per sorridere. Quella a cui non hai paura di dire le cose come stanno, perché sai che le capirà. Quella che accetta la tua famiglia, e comprende il carattere di tutti. Quella che ti ama così come sei. E con la sua metà, mio fratello accetta i compromessi. Accetta di risparmiare, accetta di abbassare il volume del pc e di mangiare meno per far scendere la pancetta. Lo fa. E’ deciso a privarsi di qualcosa per un bene comune. E lo fa col sorriso. E senza troppa fatica.
Adesso. Dopo questa lucida considerazione mi viene da pensare che forse io non ho davvero una collocazione senza una mia metà. Ed è una cosa davvero orribile da pensare. E che forse davvero ho sbagliato tutto. E che forse non era neanche troppo necessario fuggire dal paesello per venire a Roma e scoprire che in realtà sono solo qui tanto quanto lo ero lì. Insomma, chiarimenti del genere, tanto semplici e lampanti mi vengono anche in maniera del tutto spontanea. E naturale. E me lo conferma la mia amica Giulia in maniera ancora più diretta. La pensiamo alla stessa maniera a riguardo. E lei, ha 33 anni ed è ancora single.  E non si accontenta. E mi viene da dire.
Ma è possibile vivere il fatto di essere single in maniera così drammaticamente devastante? Lo devo ammettere? Si. E’ una cosa davvero molto triste. Talmente triste che è paragonabile soltanto a quando ti finisce il ketchup e hai già cucinato una marea di patatine fritte. Come si fa? Mangi le patatine senza ketchup? Già è difficile mangiar patatine. Figuriamoci senza ketchup. Anche se io so già dove sta il problema. Almeno per quanto mi riguarda. Bè un primo enorme problema è avere la testa da tutt’altra parte. Che non aiuta proprio.

Soprattutto quando ti devi risollevare da solo. E poi, dopo la testa viene il cuore. Che sta lì. Ma è gelato.  E mi si è congelato del tutto. E poi arriva la chiusura. Totale. E lo sto facendo anche in maniera più decisa verso alcuni amici. Sapete si arriva a un punto che forse ti cominci a chiedere soltanto “ma io qui cosa stracazzo di sto a fare?”, tutto diventa difficile da fare e da dire e vorresti solo correre a gambe levate. E invece? Invece niente. Non lo si fa, perché non hai più la voglia di parlare e perché ti chiedi soltanto cosa è cambiato rispetto ad un paio di anni fa. E ti rendi conto, che le cose belle, sono tutte irrimediabilmente finite.
E parlo di cose serie, e meno serie. Per questo, ho deciso di iniziare ad organizzare la mia esistenza con priorità diverse. Perché in un momento di totale sconforto, che sto vivendo, e dal quale mio malgrado, ancora non riesco a uscire, voglio riemergere ed essere vincitore. Per questo, in qualche modo ho deciso che dopo il lavoro mi dedicherò alla palestra, alla scrittura, allo studio e ai miei altri interessi, come il cinema e il teatro. Stop. Lascio un punto interrogativo per il sesso. Voglio riservarmi la possibilità di scegliere se fare o non fare sesso al momento. D’altronde anche quella è una cosa che va fatta.
Certo, questo perché al momento non posso permettermi una psicologa. Perché in fondo lo so che molti di quelli che mi sono molto vicino, ma anche voi che leggete, pensate che io ne abbia bisogno. Ma non posso mettermi a spendere per la psicologa. Non ora almeno. Trovo giusto interrogarmi su le cose concrete. E una cosa concreta adesso è sicuramente capire la cura migliore per farmi ritrovare lo smalto e la verve di una volta. Che credetemi, è davvero complicato da far riapparire, da soli. Io ci contavo, ma niente. Questi non tornano più.
Anche se nell’incertezza in cui verso, mi pare logico ricominciare prima di tutto da me. Non voglio angosciarmi con troppe paranoie (mi sembra di averne anche fin troppe), voglio solo vivere, e capire la cosa migliore da fare. Sorridere. E lo farò da subito, ed ignorare tutto quello che mi arreca noia e fastidio. E poi non ditemi che non scrivo cose belle e positive. Forse ho iniziato già da ora la cura, e ancora non lo so.  Intanto se volete, potete farmi sorridere tutta la sera cliccando qui. O qui. Sarebbe già un inizio. No?