Patrick Mulder ed una serata inaspettata – Part 2

N.d.A. – Nota di Annabelle. Con il nickname di Patrick Mulder si identifica un noto cantante italiano famoso in tutto il mondo. Conosciuto in una situazione particolare potete recuperare il nostro precedente incontro cliccando qui.

 adam

Marzo 2014

Era una serata fredda e, come tipica della capitale, molto umida. Un mercoledì come altri, in cui però io e le mie amiche avevamo deciso di abbuffarci come se non ci fosse un domani di schifezze di ogni genere e sparlare dei soliti ragazzi carini che ci fanno tanto imbestialire. Eravamo partiti per cenare all’Hamburgeseria, ma era tipo pieno da far paura per cui ci siamo ripiegati su un più banale Mc Donald’s, che comunque da le sue soddisfazioni.

Cena, kg di schifezze ed i soliti discorsivi noi single alle prese con questi ghey un po’ troppo insolenti che ogni giorni incontriamo. Ecco le schifezze servivano proprio a sedare tutti quei sentimenti catastrofici che loro sono in grado di scatenare. Dopo aver ridefinito per l’ennesima volta che le nostre vite sono orribili, e piene di insoddisfazioni, alle 22 circa eravamo già verso la via di casa, perché noi oltre a dover saper gestire una vita da single, dobbiamo portare anche la pagnotta a casa che vuol dire sveglia all’alba. E così, mentre camminavo per Piazza della Repubblica alla ricerca compulsiva di un autobus squilla il telefono.

Numero sconosciuto. “Pronto?” dico distratto con l’aria di quello che è stato appena disturbato. In fondo sono le dieci di sera, chi cazzarola mi chiama a quest’ora? “Hey, sono Patrick Mulder” dice una voce dall’altro lato. “Si, ed io sono Raffaella Carrà!”. E click. Chiudo la conversazione. Passano tre secondi e realizzo immediatamente. MERDACHENONSONOALTROHOAPPENARICHIUSOILTELEFONO A Patrick Mulder. Sono un idiota. E adesso come faccio? Non ho il suo numero e non mi richiamerà mai. Dramma.

Mentre penso a quale sia il modo più utile per mettere fine alla mia vita senza senso, il telefono squilla di nuovo. Numero sconosciuto. “Pronto!” dico attento, questa volta. “Ma che me stai a prende in giro? Io te chiamo e me butti giù?” dice Patrick evidentemente pieno. “Scusa, ma anche tu, secondo te io penso che tu sia il vero Patrick?!?” mi giustifico. “Bè, so Patrick. Che ti devo dire che sono Francesco?” dice adirato. “Si, lo so, hai ragione. Scusami…” Chegranfiguradimerda penso. “Senti a do stai? Io sto in giro magari ci beviamo qualcosa?” proprone. E che gli vuoi dire di no? “Guarda sono a Piazza della Repubblica, dimmi dove ci vogliamo vedere!” lo azzittisco! “Damme cinque minuti e sto lì. Ciao”. OHMIODDIO.

Sono entusiasta a tal punto che non so se pisciarmi sotto dall’emozione o cagarmi addosso per tutto quello che ho mangiato da Mac. Ma non ho il tempo di pensare ad altro che eccolo arrivare. Bello come il sole, addirittura scende e mi apre la portiera. Giriamo la piazza ed entriamo nel Boscolo Hotel di Piazza della Repubblica. Io basito. Alla reception lo riconoscono subito, e a me da una ventiquattrore e mi dice di assecondarlo. Figurati, sono il tuo schiavo. “Salve, avremmo bisogno della solita stanza, lui è un mio collaboratore, dobbiamo sbrigare delle faccende. Pago subito, perché non restiamo fino a domattina.” Io ancora più basito. “Certo” fa il concierge,  “sono 1570. Ecco il lettore” per strisciare la carta. Minchia.

Finite le operazioni di pagamento saliamo in ascensore. Ho la faccia che mi scotta per la vergogna. “Scusami. Ovviamente io non posso contribuire alla spese della stanza. Insomma, guadagno quasi la stessa cifra, e non potrei proprio permetterlo…” dico abbassando sempre di più lo sguardo pervaso da una vergogna che mai nella mia vita. “Ma stai scherzando, non devi minimamente preoccuparti. Anzi pensa a divertirti!” e mi lecca un orecchio. Ok. Mi pare giusto. Entriamo in quello che è in realtà un mini appartamento, corredato di ogni tipo di confort. Ogni. Incredibile ma vero. Addirittura una jacuzzi pazzesca. Patrick ha fame ed ordina subito panini e champagne. E fragole. Io nel minibar mi approprio subito della panna spray.

Insomma dobbiamo divertirci. Finiamo subito sotto la doccia, insieme. Ci baciamo. Lui però è stranamente accelerato, ho il sensore che sia strafatto di cocaina all’inverosimile. Anche se davanti a me non ha mai menzionato una cosa del genere. Di li ci spostiamo nella jacuzzi ed iniziamo a giocare con la fragole e la panna. Si nella jacuzzi. E poi ci raggiunge anche il nostro nuovo amico Champagne. E, come dire. Arrideverci a tutti. Iniziamo una straripante seduta di sesso interminabile. In tutti i pertugi. Lui, anzi, il suo enorme cazzo è insaziabile. Io sono in paradiso. E credetemi, il clou è stato farne di ben donde davanti le finestre che danno su Piazza della Repubblica. Uno spettacolo.

Alle tre io sono distrutto ed ubriaco. Anche Patrick, mica fischia. Ci siamo rifatti una doccia. E devo ammettere che Patrick oltre a saperci fare a letto bacia davvero alla grandissima. Ci facciamo una limonata devastante e ci rivestiamo. Lo accompagno a riprendere la macchina e sorridendo mi lascia lì, davanti l’albergo. Purtroppo deve scappare, ha un appuntamento al casello dell’autostrada, Ed io che pensavo di avere una vita piena. Mi dice anche che appena potrà ci rivedremo ancora, ed io ci spero. Rimango come un idiota però, per strada, col freddo di marzo che mi arriva alle ossa e la soddisfazione di aver segnato, finalmente 1000 punti. Me ne torno a casa con la convinzione che nessuno potrà mai credermi.

Einvece, improvvisamente, ricordo di essere Annabelle Bronstein, theoneandonly. Ed ecco. Levatevi!

Patrick Mulder, ed una serata inaspettata – Part 1

Era una notte buia e tempestosa. No. Era un sabato sera pieno di noiah e senza un cazzo da fare, di circa un anno fa. Giacevo nel mio letto mentre anestetizzavo le mie membra con la vuotezza della tv italiana. E a tratti la vuotezza di Grindr. Annoiato e senza valide alternative il programma della serata era quello di rimanere in casa. E’ già pensavo, al lunedì, quando nel tragitto casa-lavoro mi sarei detto quanto sarebbe stato rigenerante uscire nel week-end. Einvece, verso l’una di notte, un trillo mi ha destato dal nulla cosmico.

“Ciao. Siamo in tre. Stiamo organizzando un’orgia in centro. A Barberini. Ti va di raggiungerci. Dovremmo essere anche qualcuno in più”. TROMBOLA. Rispondo interessato. D’altronde era un chiaro e diretto invito a farne di bendonde. No? Dopo aver visto le foto dei partecipanti ho avuto due tipi di reazioni. 1 Un mega durello devastante. 2 Questi sono pazzi (o èdavverounagranbottadiculo). Uno più Bono dell’altro. Alti. Muscolosi. Ben dotati, e maiali al punto giusto. Insomma ci ho messo un nano secondo a confermare la mia partecipazione.

Un’ora dopo, arrivo fresco e profumato a piazza Barberini. Incredibile come sia strano partecipare ad eventi simili in pieno centro. Suono all’appartamento numero 3, e raggiungo il terzo piano. Mi apre una domestica filippina. “Avanti avanti” dice sussurrando. BASITO. Mi accomodo su una poltrona in un disimpegno finemente arredato. Poco dopo arriva una checca, pelata, bassa. Dall’aspetto minaccioso ed acido al punto giusto. “Ciao, puoi dirmi come ti chiami?”. “Marco” dico d’impeto. “Ok. Marco puoi accomodarti. Dillà cè un tavolo con qualcosa da mangiare e da bere.”

Il paradiso. Il mondo dei balocchi. Soldi. Il profumo inequivocabile della ricchezza. Davanti agli occhi. Un’altro domestico, sempre filippino, sistemava tramezzini, cornetti salati e quant’altro, e avvicinandomi mi ha subito chiesto cosa gradivo da bere. “Prosecco. Un calice di prosecco.” dico sicuro. La scelta era tra vino, champagne e anche soft drinks. Nella stanza un letto enorme, circolare, con le lenzuola bianche ed una chez long anch’essa bianca. Inaspettatamente i Super Boni della chattata. Più un quarto. Meno Bono, ma comunque scopabile.

Ci presentiamo e facciamo quattro chiacchiere vaghe. Loro sono già in mutande, io no. Io sono lì che bevo e faccio fuori il buffet. Veniamo interrotti dal pelato di prima. “Allora: prima di tutto vi prego di consegnarmi i vostri telefoni cellulari. Vanno spenti e riposti su questo vassoio sul tavolo. Se ne avete più di uno anche quello lo dovete lasciare. Vi prego a questo punto di non raccontare a nessuno quello che accadrà stasera qui, e soprattutto vi auguro buon divertimento“, dice solenne. Ma che davero? Penso tra me e me.

Gli altri fanno esattamente quello che lui ha comandato. Io faccio lo gnorri. Avevo messo il silenzioso, e non temevo alcun che. E poi perché dovuto dargli mai il mio telefono? “Hey tu con la maglietta di Topolino” dice guardandomi. Si avevo una maglietta a maniche corto di Mickey Mouse. Ma nella versione di Andy Wharol. Che fa sempre più cool. “Tu non lo consegni il tuo telefono..?” mi chiede acidissimo. “Si, anche se non capisco il perchè… Però vabbè, eccolo!” lo spengo e glielo consegno, prima che decida di buttarmi fuori. “E mi raccomando, tra poco niente domande” dice uscendo dalla stanza.

Bene. Finalmente se ne va. I tizi muscolosi iniziano subito a toccarsi e a darci giù di limoni. Io decido di terminare il mio prosecco, e mi avvicino alla finestra. Enorme, che da su piazza Barberini, e un po’ mi emoziono pure davanti alla piazza. Ma lo spettacolo, non era ancora cominciato. Mi giro, mando giù l’ultimo sorso e poggio il bicchiere vuoto sul tavolo. Addento un cornetto salato con salame ed insalata e il mio sguardo cade su una persona, che entra e fa per raggiungerci. E nel giro di tre secondi netti mi sento morire. Dentro.

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Davanti ai miei occhi c’è una delle più grandi star internazionali che l’Italia abbia mai avuto. Un cantante famosissimo. Che per ovvi motivo d’ora in poi verrà identificato con il nome di Patrick Murder. Evito le descrizioni. Vi dico solo che è uno dei miei sogni erotici da sempre. Ed ora torniamo a me. Con un cornetto salato in bocca e un’altro bicchieri di prosecco fra le mani. “A Michi Maus, te stai a rifocillà?!?” esordisce sorridendo. IO BASITO. “Ehm… Be ecco, si… Sai per scaldare un po’ la situazione…” rispondo profondamente imbarazzato. Ricordarsi in futuro di non indossare più la t-shirt di Mickey Mouse. In nessuna occasione che non sia in casa. Nessuno capisce che è di Andy Wharol.

Sorrido incredulo per quanto mi è possibile, mentre anche lui prende da bere. “Come ti chiami..?” mi chiede. Mentre sul letto circolare i quattro ne facevano già di ogni, noi eravamo lì che ce la chiacchieravamo. “Annabelle Bronstein… Piacere. Una volta mi sono imbucato a un tuo concerto lo sai?” dico entusiasta. “Come te sei imbucato? E come hai fatto?”. “Be, ecco la mia amica si faceva uno della sicurezza ed ecco… Siamo entrati!” sorrido felice. “Ammazza pure in due ve siete imbucati. Che cotiche!”. Bene. Una perla appresso all’altra proprio.

Decido di cambiare discorso mentre lui mi poggia una mano sul culo. “Devo dedurre che la storia che ho sentito a proposito di te ed un noto attore italiano, quindi, sia tutta vera?”. “Non parlo della mia vita privata, mi spiace!”. E mi fulmina con gli occhi. Mentre con la mano fa cose che non vi racconto. Ho la vaga sensazione che devo essere più vago. Insomma. Sto facendo la pettegola impicciona. Decido di passare all’azione, e lo azzittisco con un limone supersonico. Detto fatto. Di li a poco raggiungiamo gli altri. E be. Vi lascio vagamente immaginare.

Evito i dettagli. Quelli li conoscete tutti. Se che lui è un gran maialone. E non solo. Anche dolcissimo. Si è dedicato un bel po’ a me, per poi, cedere al richiamo dei muscoli. Ma ci sta. D’altronde era stato studiato tutto. Tra l’incredulità della situazione e l’alcool, mi sembrava che quello che stava accadendo davanti i miei occhi era solo frutto della mia immaginazione. Einvece. Non era affatto così. Dopo circa tre ore, la situazione iniziava a scemare, e Patrick, ha invitato me ed uno dei manzi ad andare con lui a fare una doccia. Ho adorato.

Dopo un’altra oretta, con il giorno dietro l’angolo, abbiamo raggiunto gli altri sul letto ma Patrick ci stava salutando. “A regà so stato benissimo. Voi restate ancora fino a quanto volete. Stanno arrivando cornetti per tutti. Divertitevi, e se ricapito ce risentimo. Ok?” chiude, e si allontana verso il corridoio. Ci siamo guardati tutti negli occhi, ancora increduli. Ancora un po’ storditi dalla situazione. I filippini hanno portato cornetti caldi e cappuccini per tutti, e fuori Roma si stava svegliando.

Mi rivesto e raggiungo l’uscita per recuperare il telefono. “Maglietta di Mickey Mouse, mi lasceresti il tuo numero di telefono?” mi chiede la pelata acida di prima. “Certo.”. Lascio il mio numero, recupero il telefono e me ne torno dritto a casa. Con in tasca la speranza di rivederlo, e con una delle serate più fighe che mai avrei creduto di vivere. Che solo a Roma, qualche volta, possono davvero accadere.

Deriva. E ritorno.

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Non ho mai detto a nessuno perché ho aperto questo blog. Nessuno. Neanche alle persone che mi sono più vicine. Tutto era nato per sdrammatizzare ed ironizzare sulle disavventure che spesso mi trovavo a vivere. E per un qualcosa di più personale, che mi ha spinto una mattina ad alzarmi ed iniziare a scrivere. Di quella motivazione, però, negli ultimi tempi me ne sono assolutamente dimenticato. Sarà stato il periodo difficile, la delusione e tutte gli stress che si sono accumulati insieme, ma tutto quello che avevo in testa era per una sola ed unica persona. L’unica che forse davvero a cui di me non frega niente. Ed è un fatto evidente ai più. Ma non a me. O per lo meno fino a quando non lo realizzato.

Ecco adesso aprire un pippone su questo mi sembra assolutamente inutile. Visto che di pipponi ultimamente ne ho fatti solo in via del tutto metaforica. In realtà quello che vorrei aprire è una chiara e semplice riflessione su cosa sono diventato. Primo fra tutti, sono diventato antipatico a me stesso. Una cosa poco gestibile, visto che se inizio ad avere problemi anche con me stesso, non credo di poter avere un futuro di coppia. Anzi. Inizialmente ero solo sfastidiato da me stesso. Poi il fastidio ha lasciato spazio all’odio. Ho odiato profondamente me stesso. Mi sono murato vivo. E inzerbinato all’infinito. Una situazione spinosa e di zero equilibri.

Io purtroppo resisto poco, e non sono affatto capace di distogliere l’attenzione quando qualcuno mi piace davvero. Anche se ci ho provato, e be, ecco, sono stati degli esperimenti fallimentari e per niente gratificanti. E trovavo sempre il modo per ritornare a chi invece doveva prendersi un bel calcio in culo. Ho provato, però: per la prima volta ho ho mandato un DM su twitter. Non lo avevo mai fatto prima perché ho sempre pensato che farlo voleva dire rompere una regola fondamentale che mi ero imposto, ovvero non trasformare il mio account in una succursale di grindr. Ho rotto il patto, con me stesso perché ero stanco di stare a letto a piangere per uno fidanzato. Che mi chiedeva di tornare con un messaggio tutto maiuscolo per di più. Ma vabbè, ho preso il telefono in mano e gli ho scritto. Un tizio carino, visto a una serata, e che sinceramente mi è piaciuto subito. Ma non ero abbastanza ubriaco per provarci. Così, nei giorni successivi, ho intavolato una conversazione su twitter. Che si è conclusa come segue.

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Dopo risposte arrivate dopo ogni otto ore circa, gli ho sbottato. E lui mi ha chiesto pure “In che senso?”. Forse avrei dovuto dirgli che volevo ficcargli la lingua in bocca. Ma non l’ho fatto. E non ho neanche risposto. Mi sono preso la briga di non dare spiegazioni. Avrei voluto scrivergli più semplicemente, che lo trovavo interessante, e che mi sarebbe piaciuto conoscerlo. Seriamente. Ma no. Ho avuto il terrore di farlo per paura di finire in un manicomio questa volta. E ho lasciato cadere la cosa così.  Ed è in quel momento che mi sono rivisto. Non mi rivedevo da un bel po’. Il tempo ultimamente si era dilatato, le giornate stentavano a passare, ed io le vivevo solo perché non potevo fare diversamente. Senza un briciolo di coscienza. Senza capire il perché e il come di quello che pensavo.

Ed ho pensato qualsiasi cosa, anche la più estrema. Ma non ero ancora ravveduto pienamente. No. Dovevo far passare anche una decina di giorni per capire che in realtà avevo perso totalmente di vista perché ero qui. Perché avevo deciso di scrivere. Era tutto iniziato nel 2008, quando ho creduto di aver incontrato la persona giusta. Invece è stato un breve passaggio, un bagliore, che si era solo avvicinato per sparire subito dopo. Volevo che lui potesse aver la possibilità di capire davvero chi ero, leggendomi. Di avere un quadro veritiero su chi ero io. Perché di me non aveva visto niente. Volevo che sapesse quanto volevo averlo vicino. Ci ha pensato twitter, in qualche modo, a far sì che lui leggesse. Ecco, adesso non mi saluta.

Non mi dispiace neanche granché. Il punto è che a lui non interesso. Lui era li, per giocare. Lo ha fatto ed è sparito. Una volta entrato in qhttp://www.tizianoferrofan.com/homepage/all-music-italia-annuncia-lalbum-di-tiziano-ferro-uscira-il-25-novembre-in-due-versioniuest’ottica, tutto il dolore, tutte le lacrime mi sembrano solo ed e soltanto una gran perdita di tempo. E forse è così. Ma come canta qualcuno, che ha molto più talento di me, “che ora sò, che il tempo non cancella niente“. Tutto resterà nella mia testa, e servirà per farmi riconoscere, finalmente, quello giusto. A tutti gli altri non dico niente, loro non lo sanno che si sono persi. Io, si. Ed è sufficiente. E mi spinge, inevitabilmente, a girare l’angolo e ad attendere quello giusto. Che tanto prima o poi il dramma finisce, si porta via tutto. E adesso si è portato via, te.

O almeno, ci spero vivamente.

Ringrazio Daniele per aver dato luce al nuovo header del blog. Thanks ❤