Ah, dimenticavo…

Probabilmente non ne sentivate ancora il bisogno, visto che l’estate ancora non è tangibile come vorremmo, però ecco a voi un nuovo spot tutto estivo, molto meno costoso di quelli visto fino ad ora ma comunque in linea con il mood di questo blog. Buona estate, a tutti voi!

Annabelle Bronstein

FacebookTwitter YouTube

E’ arrivato il Gay Village. E non solo





E’ importante sottolineare che la ricerca di un +1 non è una cosa così semplice, come a dirsi. Anzi. Poi se a cercarlo sono io, bè la cosa si complica. Se il week end scorso avevo in testa Totò e pensavo a come conquistarlo, come un provetto ispettore di C.S.I. mi sono dovuto rimettere a studiare tutta la situazione. Se l’espediente faccialibro era naufragato senza risultati interessanti, le chiacchiere al Coming non lo hanno minimamente smosso, ho deciso di cercare di capire se c’era una vaga e remota possibilità di interessargli. Certo vederlo passare tutta la serata a parlare con il Damerino non ha di certo aiutato la mia autostima.





Il Damerino, come dice il nome stesso, oltre ad essere un damerino, è anche un bel topolaus che oltre ad avere un titolo di studio, un fisico scolpito, e sempre l’argomento giusto di cui discutere, però non pareva affatto avere lo stesso interesse che invece Totò palesemente dimostrava di avere per lui. Immaginate io che parlo a Totò, lui che non mi caga affatto, sorride annuisce e si rimette a parlare con Damerino. Mmmm. No. E io a fare da tappezzeria alle fratte del Village proprio non ci tengo. Così la mia unica ed ultima possibilità era quella di darci giù di movenza pop. Dannatamente. Ma poco dopo anche quella è fallita.





Insomma mi era chiaro che a Totò non gliene poteva sbattere una ceppa-leppa del sottoscritto. Accusato il colpo, ma non troppo, però le mie amiche mi facevano notare che Damerino, invece, faceva il provolo e non poco proprio con il Signor Wilson, e che forse anche a lui non ne era del tutto indifferente. Anzi. Insomma, una gran casotto. Intrighi, complotti e movimenti che neanche in una puntata della Signora in Giallo. Così, compresa la situazione ho fatto spallucce e me ne sono tornato su quel dancefloor, a trovare il modo di fare stare zitta la vocalist, che senza un minimo di vergogna continuava a disturbare la nostra serata.





E su quel stra-maledetto dancefloor, ancora una volta, ho convenuto che A il dramma è sempre dietro l’angolo, B sono perseguitato da una jella che manco Rachel Berry e C mio cugino, notoriamente eterosessuale, dall’Abruzzo era davanti a me che se la scoattava con una banda di lesbiche. Non che c’era da preoccuparmi. Voglio dire, si vede che sono frocio. Però non avevo le forze di fare ciance in quel contesto. Proprio no. Così mi sono abbassato e buttato in ginocchio. Giusto all’altezza del pacco de il Signor Wilson. Ma insomma mi ci vedete sul dancefloor del Village che mimo rapporti orali mentre cerco di non farmi vedere da mio cugino?





Le mie amiche però, ancora una volta, mi fanno notare che forse non è così etero. Insomma ha fissato un tipo muscoloso per tipo tre ore e mezza. E mi viene in mente che forse poteva anche starci. In testa mi ritornano le estati a casa sua, con filmini e giornaletti porno. E noi che giocavamo con Federica la mano amica, e qualche volta andavamo oltre. Ma è così semplice? Insomma nella mia famiglia, dal lato di mia madre ho già un cugino gay che vive in Australia però, (anzi convive con il suo fidanzato con il quale ha comprato casa) mentre dal lato di mio padre, non c’era ancora stato nessun’altro oltre a me ad avere interesse per la ceppa. Ma poteva essere gay anche lui?


Con questo atroce dubbio siamo fuggiti. A gambe levate verso casa. Ma prima ci mancava la conclusione degna. Ovvero il Signor Wilson che chiede il numero del Damerino a Totò. E Totò che gli fa brutto. Lì. In diretta. Senza aspettare la pausa pubblicitaria. In quel momento, ho capito, ancora più velocemente che non era più il caso. Non era affatto cosa interessarsi a uno come Totò che non ha la più vaga idea di chi possa essere io. E soprattutto manco gliene frega. Con il Signor Wilson scosso, ancora, per l’infelice uscita, abbiamo ripreso la macchina. E abbiamo convenuto che la notte, ci avrebbe dovuto portare consiglio. O per lo meno un piccolo suggerimento. No?



No.

Proprio nella notte mi sono trovato a pensare alla oramai strapresentatainateprima sigla del Village. E poi anche allo spot del RomaPride2010. Adesso andiamo per ordine. Sia il pride che il village sono organizzati dalla stessa associazione. Dalla stessa persona. Adesso non sto a dirvi quanto io mi possa sentire offeso, e non rappresentato dallo spot del RomaPride2010. Questo non vuol dire che io non segua Amici o Will and Grace. Affatto. Il punto non è questo. Mi potrei dilungare per ore a dirne di ogni a riguardo. Ma vi pongo in essere solo un piccolo tarlo. Si possono spendere milioni di euro per lo spot del Village, e tipo 7 euro per quello di un pride? E poi, la miglior risposta me l’ha data la mia amica Tata. “Questo è quello che succede quando si lascia spazio alle lesbiche. Vi siete fatti ridicolizzare. E non fate nulla. Niente. Ma se non ci pensate voi ai vostri diritti, chi ci deve pensà?”. Parole sagge. Troppo. Che non lasciano spazio a nessun’altro tipo di commento. Io comunque, al RomaPride2010 non ci sarò.

N.b. Perdotane ma lo spot del Village, è così esclusivo che non è su youtube, l’unica cosa che ho trovato è il video dell’anteprima, che be ecco, fa abbastanza cagare. Ma era giusto per rendere l’idea. Ecco. Si.


Il Circolo. Totò. E una serata alcolica. Devastante.


Ovviamente cercare un +1 non è una cosa così semplice. Ecco perché è da un po’ che non scrivo nulla. Ma certo mai avrei pensato di dover combattere con l’ennesimo tipo carino, ma freddo e distante. Con il quale diviene difficile e complicato anche avere una semplice e basica conversazione. Per evitare questo mood ostico ho deciso di ricorrere all’amicizia su faccialibro. Adesso, io odio fare questo, perché si mette alla visione di tutti l’accettazione della stessa, e questo può solo scatenare ennesime ripercussioni a base di macumbe e sedute voodoo ai miei danni, da parte di quelli che sono amici ma forse neanche troppo. E aspettano solo questo.

Ma vabbè, non sottilizziamo. Ad amicizia accettata mi sono lasciato prendere la mano e proprio la sera del mio compleanno ho rotto il ghiaccio inviando un messaggio carino. Simpatico, funny, senza troppe pretese ne aspettative da parte mia. Una gran cazzata, per intenderci. Fatto ciò l’attesa si è mangiata il mio piccolo neurone. Lui non ha risposto fino a ben due giorni dopo. Lo scambio poi è continuato, ma quando io ho posto altre domande, lui non ha più risposto. Anzi, ha tagliato di netto la conversazione con un sonoro “Ciao!”. Accusato il colpo, ho deciso che faccialibro non poteva essere il modo giusto. Per cui, dovevo agire, dal vivo.

Così, venerdì sera, al terzo giorno in cui dormivo a malapena due ore a notte, e dopo 15 h di lavoro consecutivo ho aspettato Ga a casa, ho fatto un buon caffè e siamo partiti. Destinazione Circolo degli Artisti. Adesso, il Circolo d’inverno è impraticabile perché dentro fa troppo caldo, e la musica non è proprio il top, d’estate ha gli stessi identici problemi, ma un valore aggiunto, il fantastico ed immenso giardino. Giardino che ti permette di seguire chiunque senza essere troppo sgamato, ma non solo, perché permette vie di fuga riservate e veloci e anche, se la palla va in buca, di appartarti in maniera ottimale e discreta allo stesso tempo.

Considerati tutti questi fattori mi sono messo alla ricerca. Ovviamente non l’ho trovato affatto, fino a quando ho detto ad alta voce a Ga “Ma dove straminchia sta Totò???”. Eccolo apparire, di fronte a me, con il suo amico. Ovviamente mi aveva sentito. Avevo solo urlato il suo nome. Ho abbassato subito lo sguardo, facendo finta di nulla, e sorridendo sotto i baffi per l’imbarazzo, per poi rialzare lo sguardo e passare ai saluti di rito. “Dove sono gli altri?” mi chiede. Gli indico il giardino e gli comunico la necessità di assumere alcool. E via. Giusto il tempo di prendere qualche calcio e un pugno, e fare a botte con una bionda stronza, e un negroni era nelle mie mani.

Ritornato nell’angolo di giardino in cui ci eravamo sistemati realizzo che il dramma è sempre dietro l’angolo. Sempre. Il mio Totò era lì che chiacchierava, animatamente, con una checca chiacchieratissima con gli occhi azzurri da cuccioletto dolce e i capelli sfibrati. Ma andiamo tesoro, ma vai da Jean Luis David, e rifatti il look. Nel giro di qualche minuto ero pervaso da istinti omicidi un po’ per tutti quanti. Ma i drammi, non vengono mai soli, e puff, Mr. Music I Like appare e mi finisce a dare il colpo di grazia. Giacca, drink in mano, e la licenza di uccidere sento che non posso sopravvivere se non con un altro negroni in mano. Il primo era già finito.

Prendo cinque euro e li do alla Burina, comandandolo a dovere “Voglio il mio negroni. Ora. Svelto”. Lui mi guarda ed obbedisce. Ed ecco. Mr. Music I Like si avvicina, “Ciao” dice. “Ciao” dico. “Come stai?” dice. “Bene. E tu?” dico. “Bene. Pausa.” Via. Ha assolto hai suoi obblighi verso i me e si congeda. Come da routine. Nulla di più, nulla di meno. Io sorrido per scongiurare l’imbarazzo e mi ricordo immediatamente che dovrei prenotare il primo volo per Parigi e prendere parte al Festival delle Nuove Generazioni a Disneyland Paris. Insomma almeno lì, tra topi, principesse e paperi sarei capace di gestire e imparare una conversazione tipo. No?

Arrivato il mio secondo negroni decido che è il caso di berlo tutto d’un sorso e agire. Non posso essere lì, e far finta che il mio Totò non mi piaccia. Devo farglielo capire. Mi trascino appresso il Signor Wilson e la Burina e dico loro di dire cose intelligenti e spiritose. La conversazione però non lo interessa. Non la ricordo neanche io a dire il vero, ma la checca chiacchierata dai capelli sfibrati e sempre lì che se la parla. Grrrr. Ma cosa straminchia faccio. Eccolo, che si avvicina e mi attacca bottone. Sente che parlavamo di insicurezza e rapporti, e di quanto sia difficile relazionarsi.

Mi prende per il braccio, e mi dice “Anche tu sei insicuro e single?”. Andiamo. Ma cosa combini? Marchi il territorio? Preso da un momento di panico assoluto, reclamo la mia fetta della torta, e fingo. Fingo fino al midollo. “Andiamo. Io so chi sono, non sono affatto insicuro, è che quello che voglio al momento non c’è. E poi i gay non sono così insicuri, sono solo snob… Preferiscono nascondersi piuttosto che essere loro stessi”. Ma cosa stracazzo dico? Eh? Eh??? Totò ovviamente non mi degna di nota. Anzi, si riprendere il ragazzino e se ne rivanno a parlare in un angolo. Ma fottetivi.

Decido che devo darmi il colpo di grazia. La mia agitazione è alle stelle, e incappo di nuovo nello sguardo di Mr. Music I Like. Che da lontano mi guarda, ma nulla più. Comincio a pensare seriamente di avere le manie di protagonismo. Insomma, non può esserci solo uno scambio vago di convenevoli ogni volta. Mentre lo guardo penso che sia seriamente il caso di scolarmi il terzo negroni. E infatti finalmente comincio a stare meglio. Ma un pochino. Ritorniamo in quell’angolo di giardino, e comincio a ridere sguaiatamente a qualsiasi cosa venga detta. Realizzo poco a poco che sono ubriaco. E ne sono anche abbastanza felice. Almeno posso dire stronzate senza preoccuparmi troppo.

Poco dopo veniamo buttati fuori dai bodyguards e decidiamo che è il caso di andare a fare colazione. Devo mangiare assolutamente qualcosa e ci ritroviamo da Gigi, in piazza Camerino, al solito. Consumiamo. Anzi, mi abbuffo proprio. Me lo devo, ho avuto una giornata pesante. Essere ignorati da ben due bei ragazzi dopo una sfiancante giornata di lavoro non è mica da tutti. Dopo aver dato fondo a cornetti, cappuccini, cotiche e fagioli, pane e porchetta e fragole e panna, ci sediamo sulle panchine in piazza e puff. Arriva Totò e il suo amico. Ok. Adesso non ne posso più. Scambiamo qualche parola, su non mi ricordo cosa e passano 5 minuti 5 e fugge verso casa.

Prima però, mentre calza il casco mi regala un occhiolino con sorrisino e semimovenzapop annessa. Insomma. Quella era una movenza pop bella e buona. E tutti lo sanno che chi di movenza agisce, di movenza perisce. Dopo questo unico e minimo vago gesto finalmente riprendiamo la via di casa. In macchina io e Ga analizziamo la situazione, e conveniamo che non è arrivato affatto il momento di montarsi la testa. Louise di Saint Louise saprebbe cosa fare. Lei Totò a quest’ora se l’era già sposato. Io non riesco neanche ad attirare la sua attenzione. Arrivo a casa a stento. Gli occhi mi si chiudono e non riesco davvero a capire come ho fatto a guidare.

Ga parcheggia la mia macchina, e se ne va, intanto si è fatto giorno e una pioggerella a goccioloni mi bagna. Penso che non sia giusto che debba finire sempre così. Ma penso anche che è arrivato il momento di cominciare ad aprire la bocca per dire cose un tantino più interessanti. Sono assolutamente convinto che non tutto è perduto, anzi che siamo solo all’inizio, e che devo trovare un modo carino, e non troppo ossessivo/compulsivo per catturare la sua attenzione. Ma perché io ho paura? Perché quando mi piace qualcuno divento così stupido e pauroso? Decido di dormire, e di lasciarmi questa giornata pesante alle spalle. Sperando di trovare l’ispirazione. Si. Mi devo ispirare.

Una serata palese

Ieri finalmente sono uscito dopo dieci giorni. Dieci giorni in cui ne ho dovute sentire di ogni. Il tal Bertone che accomuna l’omosessualità alla pedofilia. Se sapesse quanto mi stanno sul cazzo i bambini non parlerebbe così. Oppure quell’altra idiota della Sozzani. Neanche la commento. Io spero davvero che abbia licenziato qualcuno del suo staff. Insomma io le avrei detto che stava a scrive na marea di cazzate. Oppure la D’Urso. Che ogni giorno ci regala una storia sui gay. Anche oggi lo ha fatto. Immagino cosa pensi mio padre. Anzi, non lo voglio proprio sapere. Ma a parte questo, a cui ho deciso di non dare alcuna mia reazione, perché non se lo meritano, ieri, dicevo sono uscito. Direzione casa di Tata.

In metro ho fatto un’incontro che mi ha fatto riflettere. Diciamo che ho provato per la prima volta del rispetto per una checca sfranta. Senza offesa per tutte le checche sfrante, naturalmente. Lei era lì sulla panchina della metro, con il suo beauty appoggiate sulle ginocchia e uno specchietto in mano che si truccava alla grande. La banchina era deserta, e questo forse le ha reso l’ambiente più confortevole, ma appena mi ha visto, di sottecchi, si è fermato. Ha riposto lo specchietto nel beauty, si è girato e poi mi ha fissato per qualche secondo. Secondi interminabili, in cui ho pensato. Però, è un osso duro. Nel senso che è lì che si trucca, si trucca in metro e non teme il giudizio altrui. E riesce a fregarsene. Cosa che forse io non sono mai riuscito a fare. A fregarmene del giudizio altrui.

Per questo ho deciso che in qualche modo dovevo celebrare il coraggio di quella giovane checca in metro in qualche modo. E l’ho fatto così. Perché se lo merita. Perché c’ha le palle. E ne ha forse più di me. E questa riflessione ha stuprato il mio piccolo e solitario neurone per quasi tutte le fermate della metro da Battistini a Colli Albani. Quando poi sono arrivato da Tata le cose non andavano molto meglio. L’aria era pesante e depressiva, e nonostante il prosecco e le coccole alla fragola Haribo anche in macchina verso l’Amigdala da quella giovane checca coraggiosa ci siamo interrogati su come una donna pazzesca come Tata non abbia un uomo, e in definitiva non lo cerca neanche più, ma come vorrebbe un figlio. E su come Ga invece sia contrario ad avere un figlio.

Mau, invece, che ha una storia stabile e dopo non mi ricordo quanti mesi abbastanza collaudata, non sa ancora rapportarsi con l’idea di avere un figlio. Io ho solo poca pazienza con i bambini. E quello mi blocca. Ma al momento non mi ci vedo affatto. Mi immagino solo zio. Un ottimo zio. E probabilmente accadrà prima o poi. Naturalmente allo stato attuale delle cose è prematuro fare discorsi così. Ma confrontarsi non fa mai male. Confrontarsi aiuta a capirsi e anche meglio. Quanto è difficile non riuscire a decodificare determinati sentimenti e reazioni che ti scattano dentro. Per cui almeno parlarne nella discrezione della macchina di Ga rende tutto molto più semplice. Ma trovato il parcheggio, i nostri discorsi sono rimasti lì, in quella macchina.

Appena arrivati davanti il Rising Love abbiamo ritrovato il nostro mood migliore. Fingere aiuta a sentirsi migliori a volte. Ci siamo messi in fila e poco dopo siamo entrati. Arrivati davanti la cassa ci siamo chiesti per tipo una ventina di minuti come mai fosse possibile che eravamo ancora lì. Insomma quanto cazzo di tempo ci vuole a prendere i soldi e dare il resto? C’è bisogno di fare le chiacchiere? Quando eravamo quasi alla putrefazione, finalmente, il nostro Gancio si è palesato e ci ha accompagnato verso l’entrata. Timbro e via. Dentro. Così. Ecco perché adoro essere Annabelle Bronstein. Quando pensi che forse è il caso che la rottura di cazzo è tale che ti arriccia i capelli e vuoi fuggire, il Gancio ti salva. E a noi ci ha salvato.

Il Rising ha solo un difetto per quel che mi riguarda. E’ troppo buio. Per una cieca come me non è affatto utile stare al buio. Perché prima di tutto non riesci a capire se quelli che sono lì sono effettivamente boni, e quei quattro che conosci, ovviamente, non li riconosci. Ma andiamo al sodo. Incontrato un amico di vecchia data, il Sollazzo, non chiedetemi perché, ancora una volta mi sono ritrovato in un discorso devastante. Ovvero quando gigioneggiando come al solito, gli ho chiesto sulla sua vita sentimentale, lui mi ha risposto che io mi sono invaghito di quello che gli piace. Ussignur. Una lastra di ghiaccio sorprendente come una battuta della D’Urso mi si è palesata davanti facendo rischiare di rimanerci secco. Ho pensato immediatamente ad un nome.

Mr. Music I Like. L’unico che in qualche modo mi poteva accomunare a lui. E dopo un tira e molla inappropriato alla mia persona finalmente il Sollazzo ha detto la verità. Sacrilegio. Volevo sbattere la testa sul bancone del bar fino a spaccarmi le meningi a far fuggire via quel mio piccolo e solitario neurone. Oppure mi sarei tramortito volentieri tra le tette taglia extra-large di Francesca Cipriani. Ma né l’una né l’altra cosa mi sembrava troppo appropriata. Ma voi ve lo ricordate che Mr. Music I Like oltre che a dire ciao, come va non dice? A voi l’ho detto. In un attimo sono diventato una stronza arrivista. Una che fa le cose alle spalle. Volevo morire. Ho dimenticato immediatamente la funzione del tasto Mi Piace. E l’ho fatto chiaro anche ai miei interlocutori.

Chiarito il fatto, ho preso i miei amicici e ci siamo allontanati. E indovinate in chi incappo? Ovviamente in Mr. Music I Like che mi saluta da lontano perché eravamo tipo travolti da una folla di indie impazzite che manco al concerto dei dAri. Il quadro era completo. Lui era lì, io sono la pazza bastarda e il Sollazzo ci crede ciecamente. Ottimo, no. Ma che cazzo di paranoia. Deciso di comunicare le mie trascese e drammatiche condizioni via twitter e fumare una sigaretta all’aria aperta mi ritrovo a essere l’oggetto del piacere di questo ragazzo amico di un altro amico (mamma mia con tutti sti amici che bordello!), che mi ammicca mi si avvicina e ne vuole da me. Sì signori. Ne voleva da me. E lo ha palesato. Ridendo un po’ troppo, per i miei gusti, a dir la verità.

Ma non mi convinceva molto. Insomma molto carino. Un po’ troppo basso per i miei gusti. Ma niente male. Lui era lì, e io mi sono follemente imbarazzato. Ma tanto. Cosa che non mi era mai capitata prima. E mentre ero ancora lì che ci riflettevo, puf. Sparito. Mah. Ancora scosso per l’affair in atto rientriamo per avere ancora dell’alcool, e ancora una volta mi ritrovo faccia a faccia con Mr. Music I Like. Riusciamo a salutarci in maniera decorosa e scambiamo le solite quattro chiacchiere. E ancora una volta mi assale l’ansia. Decido che è il caso di fuggire. Fuggire lontano. Andiamo dritti verso il dancefloor a trovar pace, ma neanche lì, nostro malgrado. Io decido che è il caso di rifarmi. Avete presente quelle stronze, bionde, frociarole, acide, secche con le gambe lunghe?

Ebbene, c’è né una che gira per i locali queer della capitale. Che io odio. Così un po’ per rifarmi, e anche perché a prima di essere Annabelle Bronstein sono una vera stronza, ho approfittato della sua vicinanze e le ho messo lo sgambetto. E lei è quasi volata giù per terra. Eh si. Insomma ma chi ti credi di essere, Natalia Estrada? Soddisfatto, e rincuorato dalle mie capacità ginniche finalmente mi stavo leggermente riprendendo e stavo tornando in me. Avrei voluto fare uno sbrocco multiplo, un po’ a tutti gli attori di questo incriminato caso. Avrei preso Mr. Music I Like e gli avrei voluto dichiarare tutto il mio interesse, per lui, le sue mani, i suoi occhi, i suoi gusti musicale e le sua basette. Ognuno è feticista di quel che crede. Ecco. E invece no. Nulla. Siamo andati via.

E allora mi riallaccio alla checca che si truccava in metro. Lei è una grande. Lei nella mia situazione avrebbe saputo sicuramente cosa fare. Le avrebbe cantate al Sollazzo, e avrebbe fatto una serenata a Mr. Music I Like. E se avesse preso un no. Non gliene sarebbe fregato nulla. Io invece, non solo ho fatto spallucce davanti al Sollazzo. Ma non solo, non oso guardare in faccia Mr. Music I Like. E questo è palese. E tutto mi fa sentire come una sfigata orrenda. Tornato a casa. Mi sono coricato sperando di essere più coraggioso. Ma so che forse non lo sarò mai. In compenso però sono sgrammaticata, la più ignorata del web, e con uno strano feticismo per le basette e la parola palesata. Insomma ve ne sarete accorti. No? Ecco qua. Adesso la frittata è palesata, più che mai.

Il dramma è sempre dietro l’angolo







Il venerdì sera era iniziato nel migliore dei modi. Una cena improvvisata, con pizza e patatine, e a sorpresa un maschio a cena. Insomma, tutto sembrava essere iniziato per il migliore dei modi. E infatti dopo aver dato un senso ai miei capelli sempre più simili a quelli di una lesbica, io Guy, la Burina e Ga siamo partiti in direzione Mucca con la BronsteinMobile. Dopo circa tre anni finalmente ho sorvolato sulla regola del non bevo se guido, e con molta parsimonia mi sono concesso solo un bicchiere di vino. Ma ho guidato io. Ed eccoci lì, sfrecciare in giro per la capitale, con le movenze pop a tutto volume, pronti a dimenarci sul dancefloor.


Dancfloor affollatissimo, e caldissimo e soprattutto stracolmo di boni devastanti, che da tempo non avevo la gioia di ammirare. Presi dall’alcool, ok, ho accettato di bere un Negroni soltanto, che si accendeva nelle vene e correva a stimolare la mia libido mi sono subito dimenato con movenze dannatamente pop e coreografie da mettere in imbarazzo Nicole Sherzingersrzengherhganghervalalas delle Pussycat. Eh si. Insomma, una vera e propria Dancin’ Queen. E la pista era davvero nostra. Io, Guy, Burina e Ga eravamo davvero scintillanti. Si, si, si. Ma come si sa, il bono quando arriva ti sorprende, ed io rimasi di nuovo sorpreso.


E’ la prima volta che parlo di lui. Ovvero di Mr. Music I Like. Diciamo che lui è intelligentissimo, simpaticissimo, ha un’ampia cultura musicale (che adoro) ed è anche capace di vestirsi casual senza sembrare un’etero privo di gusto. Il nostro è un rapporto prevalentemente basato sul fatto che lui posta video e io schiaccio “Mi Piace”. Tutto qua. Un classico dell’amore faccialibriano. Ma da faccialibro alla realtà il passo è breve, soprattutto a Roma. Dove tutto è possibile. Appena mi vede, io non sono più solo un avatar, ma divento reale, si avvicina mi saluta con due bacetti sulle guance e rompe il ghiaccio con un come stai?


“Bennnnnnnnnnnnnnnneeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee”. Urlo. Anzi, benissimo ora che mi consideri. Anzi valalalalalalalassss. Decido di essere vago, sorrido e ancheggio mentre la musica si riprende il mio corpo. Passiamo gran parte della serata sul dancefloor a guardarci. Ma senza chissà quale risultato. Ma a me basta. Lui è uno che mi piace davvero, e non posso permettermi di essere stupido, ma ci devo andare piano. Il fatto che poi abbiamo qualcosa come duemila amici in comune nella vita reale, oltre che su faccialibro, di certo non aiuta, per cui cautela e il mio mood. Ma ci concediamo una piccola pausa dal secondo piano, e saliamo al terzo.




Al terzo piano, oltre ad aver nascosto tutta l’aria condizionata del Qube, ci avevano nascosti anche dei manzoni devastanti vestiti da angioletti. E che angioletti. Ci siamo buttati nella mischia alla ricerca dei bonerrimi maschioni che agitano i nostri ormoni, ma non c’era traccia. Arrivava uno dei primi drammi della serata. E come noi tutti sappiamo il dramma è sempre dietro l’angolo. Sempre. Eccolo lì il NonGiò (un giovane diciannovenne bonissimo) con consorte a seguito che se la baciavano, se la spupacchiavano, se la intendevano di ben donde e ci guardavano. E intensamente. Escluso il ménage a sei, in realtà parlavano di noi.


Senza averne l’assoluta certezza abbiamo comunque deciso di evitare problemi e di tornare al secondo dove il mio Mr. Music I Like continuava a dimenarsi. E questa volta si era tolto la maglietta a manica lunga per lasciar posto a una t-shirt. Mamma quanto mi piace. Di lì a poco la musica mi ha rapito. Mi sono lasciato trasportare e me ne sono andato. Il mio ometto era lì che quasi come un sciamano richiamava l’attenzione del dj perché voleva una canzone. E quella canzone, poco dopo, è arrivata, e io ero lì che lo ammiravo e facevo lo stesso invitando il dj a soddisfare la nostra richiesta.




E poco dopo quella canzone è arrivata. Ussignur. Deja-vù! E con il suo arrivo è stata l’apoteosi. Ma oltre a questo, nulla, non c’è stato altro. E a me forse va bene anche così. Poco alla volta mi avvicinerò. Ma in quel momento Ga mi si è avvicinato e ha richiamato al coprifuoco. Accettato l’invito siamo andati via, e abbandonato il mucca con una certa allegria. E mai ultimamente era stato così. C’era un motivo, naturalmente. Il dramma è sempre dietro l’angolo. E il dramma lo abbiamo auto chiaro appena arrivati alla BronsteinMobile. Distrutta, e senza la mia borsa. La mia borsa pazzesca di Fred Perry. E tutta la mia vita all’interno sparita.

Tutto. Documenti. Carte. Chiavi di casa. Macchina digitale. Occhiali da sole. Tutto. Le foto. L’agenda. Le foto mie e dei miei amici. Tutto. Tutto. Preso da un momento di nevrosi acuta e iperdepressiva, mi sono rilassato ed ho trovato il mood giusto per reagire. Siamo andati in ben tre commissariati per fare la denuncia ma due si sono tirati indietro (Portonaccio non era di loro competenza) e il terzo era chiuso, manco fosse il Caf. (Così Ga se la riderà ancora ;)))). Appurato che non c’era davvero più nulla da fare, ho lasciato perdere, e me ne sono andato a letto. Con la convinzione che non te la puoi godere un’attimo, che sbam. Il dramma si ripropone. Ma stavolta reagirò in maniera matura e controllata. Ma il primo parcheggiatore abusivo che mi si avvicina farà una brutta, bruttissima fine. Si si si.





N.b.

Saranno felici i pr del Mucca. L’unica cosa che ho salvato è la mia White Card di Muccassassina. ‘Tacci Vostra.

La saggezza di mia Nonna





Nell’ultimo mese diverse volte ho pensato che avrei ucciso Annabelle Bronstein. Ma credo di essere arrivato a un buon compromesso. Lo solo torturata per quasi tre mesi. Istigata. E cercata disperatamente dentro di me perché l’avevo persa. Oramai credo che si tratti di marzo. Ogni anno a marzo c’è sempre qualcosa che in qualche modo mi fa stare nervoso o in tensione. E anche questo marzo non è stato da meno. Escludendo le mie performance teatrali che sono andate benissimo, da dopo l’ultimo spettacolo vivo come se io non controllassi più nulla di ciò che mi è a attorno. Ascolto le persone che mi parlano ma le parole non mi entrano in testa.



Tutto rimane sospeso. Vedo qualsiasi cosa materializzarsi e rimanere fuori di me. E non capisco il perché. Ho passato venti giorno ha torturarmi le meningi a chiedermi cosa fosse che mi mancava. Cos’era quella cosa che un attimo prima c’era e un attimo dopo puff, sparita. Non riuscivo a materializzarlo. Era Annabelle Bronstein, probabilmente. O meglio, il mio mood migliore. Quello sempre brillante, come dico io. Il lato più allegro e scanzonato. Quello fatto di movenze pop, e di Valalas. Purtroppo se n’era andata. E nonostante io organizzassi aperitivi in centro e serate in disco per ritrovarla, lei non tornava.



Ho pensato anche di mettere un annuncio tipo su Porta Portese, “Cercasi Annabelle Bronstein disperatamente”. Ma poi ho lasciato perdere. Dovevo capire da me perché se n’era andata e come dovevo fare per farla tornare. E mentre ci pensavo e mi aggrovigliavo il fegato per capire, ecco materializzarsi la risposta davanti ai miei occhi. Il computer. O meglio, quello che c’è dentro. Ancora meglio. Msn. E una barra rossa su un contatto. Quella barra rossa aveva escluso una persona, ma anche Annabelle. Il non sentire più quella persona mi aveva messo addosso un’ansia e un’insicurezza assurda. E avevo promesso a me stesso di lasciarla lì.



Non potevo tornare indietro. Quel contatto doveva rimanere lì, ma bloccato. In maniera del tutto voluta mi sono imposto di non parlarci più né tanto meno rispondere ai suoi commenti inutili e senza senso su faccialibro. E me lo sono imposto perché dietro quel contatto, per me, una persona non c’era e non c’è mai stata. Mai. Neanche la volta che ci siamo visti l’ho sentito presente. E questo perché mentre io mi preoccupavo di riposizionare l’asse del mio universo verso di lui, lui posizionava il suo verso quello di un caro amico, creando scompiglio e amarezza. E quanta amarezza non potete neanche immaginarlo.



E’ stata così tanta che Annabelle è scomparsa. E io non sono riuscito più a trovarla. Credetemi ho provato di tutto. Il sesso usa e getta, lo shopping compulsivo, il trucco pesante e le passeggiate in centro alla ricerca di qualche bonone. Nulla. Annabelle non c’era. Il problema era accettare la perdita e provare in qualche modo a vedere se Annabelle voleva scendere a patti. Ed ho patteggiato con lei. Le ho promesso di lasciar perdere quel ragazzo lì, e di ripartire da capo, ancora una volta. In fin dei conti cos’era per me? Valeva più lui che lei? Valeva più lui che io? Valeva più lui e i miei amici? No. No. No. E ancora un sonoro no. Ho deciso di mandarlo a cagare.



Ma non potevo farlo se fossi rimasto ancora a Roma e davanti quel fottuto e maledetto computer. Così giovedì ho fatto la valigia, ho messo la benza e sono partito con direzione casa. Abruzzo. Chieti. Teate. Lo so, ho avuto fegato. Ero partito con l’assoluta certezza di fare una sorpresa ai miei e di pensare e riflettere. In macchina mentre guidavo pensavo anche a come poter dire a mia padre e mio padre del mio interesse verso il sesso maschile. E giuro che per quasi 95 km ero convinto. Ma arrivato a casa, mi sono reso conto che non ero ancora pronto. Che non potevo esplodere, dire quel che ero e poi ritornarmene a Roma.

E poi il fatto che mio padre abbia già avuto tre infarti e diverse operazioni al cuore, mi ha subito fatto pensare allo Scamarcio di Mine Vaganti e mi è venuto il cagotto alla sola idea che il quarto infarto lo avessi potuto provocare io. Per cui niente. Ho lasciato perdere. Ma non ho lasciato perdere affatto la voglia di dimenticare quel ragazzo di cui sopra. Dovevo assolutamente trovare il modo di eliminarlo, così ho fatto un bel respiro e sono andato da mia nonna. Lei è l’unica che pensa sempre a me. E io con lei ho sempre parlato di tutto. Mia nonna è talmente saggia, che lei nelle orecchie ha saggezza e non cerume.



Così appena arrivato da lei, mi ha subito fatto sedere e mi ha dato il succo di frutta che fa lei, e mi ha guardato. Io ho cominciato a piangere e lei incredula e spaventata si è avvicinata e mi ha abbracciato e baciato. Mi ha stretto forte e mi ha chiesto se avevo combinato qualche danno. Io le ho sorriso e ho fatto spallucce e le ho detto che ero triste per una persona che non mi cacava neanche di striscio. Lei mi ha guardato, ha aggrottato il sopracciglio e ha preso un bel respiro. Poi ha detto quasi tutto d’un fiato in un dialetto comprensibile a tratti: “C’è bisogno che piangi per qualcuno? E poi, hai visto lo specchio?”. E io penso, oddio mo che c’entra qui lo specchio????



Lei mi prende e mi porta in corridoio davanti lo specchio. “Li vedi i miei occhi?”. E io, certo che li vedo, sono lì. “Lì vedi? Sono occhi arzilli perché sono felici di vederti. Li vedi i tuoi? I tuoi sono tristi. E se hai gli occhi tristi nessuno si innamora di te. Quando ti piace qualcuno, devi far vedere gli occhi allegri e poi non devi mai dimenticarti di quello che sei. Se no, solo rimani! E ridi. Che quando ridi, sei bello. Poi questa persona non ti fila? Bè il peggio è tutto suo. Pensa soltanto che non saprà mai quello che si è perso”. Ovviamente il tutto è stato tradotto per una perfetta comprensione.



In quel momento, esatto, le parole più ovvie mi sono entrate in testa e si sono rese comprensibili. Tutti i problemi di comprensione che avevo si sono immediatamente risolti e mi hanno fatto vedere la cosa per quello che è. Ovvero una gran perdita di tempo stare a struggersi per uno che non ti caca. Ecco cos’è. Mia nonna con quattro semplici parole in una lingua sconosciuta aveva chiarito ogni mio dubbio e mi aveva rifatto vedere per la prima volta in tre mesi quasi il bicchiere mezzo pieno. E il bicchiere stavolta era davvero mezzo pieno. Ritornato l’indomani a Roma ho ricominciato a nutrire Annabelle che giaceva lì nella mia stanza quasi in fin di vita.



Ed eccola finalmente, riprendersi il posto che le competeva. Annabelle si era di nuovo impossessata di me, e aveva ripreso a farmi sorridere. E seduto di nuovo davanti il pc non ho avuto paura, non ho avuto remore ed ho sbloccato il contatto per lasciarlo libero di non potermi più trarre in tentazione. Non l’ho cancellato, e credo che io non lo farò mai, ma non ho più nessun problema a vederlo in linea e a riuscire a non scrivergli nulla. Niente. E senza sentirmi depresso da divorare tre Kinder Pinguì, una busta di patate Le Contadine alla Paprika, una lattina di Coca Zero, una mozzarella e un etto e mezzo di prosciutto crudo. Tutto di seguito. NO.



Finalmente ero forte, forte di poter mandare a cagare quel contatto e impedirgli di entrare di nuovo nella mia testa. Per questo mi sono sentito una mina vagante. Per questo per venti giorni non ho scritto nulla. Per questo ho evitato di aprire questo duro capitolo. Perché mi faceva male. Ma la cosa assurda è che ho passato tutto l’inverno a pensare che lui potesse essere davvero una persona importante per me senza averne mai avuto la reale e tangibile percezione. E quando me ne sono reso conto intanto si era fatta primavera. E con questo che voglio ricominciare. Adesso è primavera e Annabelle è finalmente tornata. A farne di bendonde. Ovviamente.

Valentino must die







L’unico San Valentino che io abbia mai festeggiato è quello di qualche anni fa. Tipo una decina. A cena c’era tutto. C’erano i fiori, il peluche e i cioccolatini. Sono passato a prenderla e ci siamo visti con un’altra coppia per andare a cena. Poi a casa di un amico a vedere un film. Ovviamente sapevo di essere una checca. E probabilmente lo sapevano anche tutti gli altri. Tra me e la mia compagna di quella sera non c’era amore. Amicizia si. E tanta. Che dura tutt’ora. Ma quello che mi rimane in testa, e la felicità che abbiamo provato tutti quella sera. La tranquillità. Gli sguardi complici, e sorridenti. Sarò banale, ma per me quello è il tipico San Valentino. Con quello spirito. Con quel mood. Con tutte quelle accortezze e carinerie.


Il tempo è passato. Io mi sono emancipato, e San Valentino oggi è diventato quello che tutti conosciamo, per lo più una festa dove bisogna dar via gadget di ogni tipo e vendere il prodotto San Valentino anche nei ristoranti e nelle discoteche e via discorrendo. Io sono triste. Questo periodo dell’anno divento immediatamente triste. Ogni anno, con l’arrivo di questo giorno io mi spengo. Mi deprimo. Penso. Rimugino su pensieri e parole. Le peso e soppeso. Sto attento. Perché nel sottile gioco dell’amore, che oramai corre sulla rete, ma anche sulle bocche della gente, basta un piccolo errore e si finisce sulla graticola. Ma non quella che mi potrebbe preparare qualche mio aguzzino, no, quella che mi preparo da solo perché passo al setaccio me stesso e mi giudico e mi tagliuzzo il cervello per capire dove e come e soprattutto perché ho sbagliato.



Affrontare tutto ciò ovviamente non è semplice. E’ per questo motivo che ieri sera, dopo avere chiarito una situazione scomoda con la Burina, e aver fatto baruffa con Guy e sbroccato con Imogeon Heap perché ci solava e se ne tornava a casa, io ho visto la soluzione per non mandare tutto a puttane in quella bottiglia di vino che era adagiata là sul tavolo. E mi faceva ciao con la manina. Detto, fatto; poco dopo ero già nell’antico ma sempre nuovo mood dello stato di ebbrezza. Stato inattivo da troppi giorni, e raggiunti da Ga e Tata siamo andati al Rising Love per Le Grand Bordel. E devo ammettere che anche senza una maschera, bè io adoro proprio i bordelli. Direi quasi che un bordello non si definisce tale senza Annabelle Bronstein.



Fatto per circa un’ora il giro in macchina per il parcheggio, un’altra mezz’ora di fila per entrare ce ne sarebbe voluta un’altra ancora per lasciare i cappotti, abbiamo deciso di abbandonarli dietro un divanetto ci siamo buttati nelle danze e nei drinks. Una marea. Ogni volta che mi giravo c’era qualcuno pronto a mettermi in mano un bicchiere. Anche se avrei preferito che mi ci avessero messo ben altro. Ma insomma, non si può avere tutto e subito. In un batter d’occhio mi sono ritrovato Sushi e Juls, che non vedevo da un millennio. Mi sono ritrovato anche l’Infermiere Veterinario e il suo fido assistente Watson. Erano tutti lì che se lo schekeravano con dell’alcool tra le mani. Persino Stella, la barmade mi ha regalato un drink.


Ma secondo me si era fatta tradire dall’occhio languido della Burina. Che a quanto pare conquista pure le donne. Pensa te. Comunque in questo bordello di cocktail, di gente mascherata e non, io volevo solo pomiciare. Di nuovo. San Valentino arrivato e mi ricordava per l’ennesimo anno che io ero solo come un manico di scopa. Neanche a pensarlo che già mi sono ritrovato un paio di lingue dentro la bocca. Ovviamente questo è l’utilissimo apporto dell’alcool alle mie serate. Devo ammettere che tutto si è svolto abbastanza in fretta, e le uniche note positive sono che ho provato la slinguazza assassina sul piercing dell’Infermiere Veterinario. Ma questo non ha sorbito l’effetto sperato. Lui si tiene, cerca in tutti i modi di far finta di non essere attratto da me.



Ma ci vuole ancora del tempo. Finché non mi stufo però. Appurato che oltre gli slingua party che c’erano già stati, e finiti negli obbiettivi dei fotografi che contavano potevo finalmente tornarcene a casa. Ma il dramma è dietro l’angolo. E Roma, si sa è piena di angoli. Dal tragitto Rinsing macchina mi sono schiarito le idee con la Burina, per diverse certe spinose situazioni e pare averle risolte. Ma una volta accompagnati tutti a casa, be il confronto più duro cè stato con Ga. Perché Ga, ha sempre ragione. Sa sempre quello che deve dire, e il modo. E ci è riuscito benissimo. Ha perfettamente riassunto tutto il succo della questione in poche ma importantissime parole. “Piantala. Adesso piantala”. E lui, e io e anche Ga, Tata, la Burina sappiamo benissimo che si, dovrei piantarla.



E ovviamente varcata la porta di casa io ho iniziato il mio via-vai letto-tazza del cesso-letto-tazza del cesso. Bè, devo ammetterlo avevo solo bisogno di abbracciare qualcuno. O qualcosa. E devo ammettere che sono riuscito nell’intento. L’oggetto delle conversazioni di cui sopra, rimarrà segreto, fino a che mi stuferò, perché arriverà anche il momento in cui prenderò di petto un’altra situazione. Ma le cose vanno fatte con calma, per essere fatte bene. In definitiva credo che d’ora in poi odierò ancora di più San Valentino. Perché come tutte le cose che si celebrano dopo un po’ fanno l’acido. E non immaginate quanto acido ho fatto io questa notte. Non credo di dover sentire il bisogno di un giorno per celebrare l’amore.


Io lo voglio celebrare tutti i giorni. Ovviamente quando la materia prima arriverà. Lo so è un discorso abbastanza noto questo, ma è la realtà dei fatti. Non possiamo nasconderci dietro un dito, tutti vorremmo una persona accanto. Che ci ami, e che ce lo dimostri e che ci scopi, e che ci faccia sentire la persona più importante. A volte però è difficile capire gli intenti di ognuno di noi. I miei vengono fraintesi. Ma non è una novità. Io credo solo di sentirmi solo e molto abbattuto perché l’amore come io lo vorrei a quanto pare non c’è. E questo è si un dato di fatto. Un punto importante. Un po’ per me, e un po’ perché forse non è ancora il tempo. Ma io ci ho pensato anche fin troppo per oggi, tra un viaggio e l’altro verso il bagno. E direi che è davvero sufficiente. Almeno per oggi.



Ah, dimenticavo, buon San Valentino a tutti.

Buon fottuto compleanno a me!!!

Questo è un giorno speciale. Un giorno importante. E’ il giorno in cui scrivo il post numero 100. Ma è anche e soprattutto il giorno in cui festeggio con voi il primo compleanno di questo blog. Per me un grande punto di partenza, più stimolante, dannatamente pop e cool che mai. Se ripenso ai miei primi post mi viene quasi da ridere. Era sgrammaticato e molto disordinato. Col tempo però si cresce. E sono cresciute le amicizie, gli amori e anche il sesso. E sono cresciuto anche io. E tanto. Onde evitare di diventare sdolcinata e sonnecchiosa come al solito io ringrazio tutti quelli che con passione leggono questo mio delirio, ed oggi, per rendervi le cose più semplici ho deciso di regalare ad Annabelle un indirizzo più comodo per tutti voi. D’ora in poi basterà scrivere www.ilpisellodoroso.com e sarete direttamente a casa mia.

Devo assolutamente ringraziare quelli che con me arricchiscono di perle questo spazio, ovvero Guy, La Du Barry, Ga, Tata, Ciù Ciù, Sushi e la Burina… Ma anche e non solo tutti quei ragazzi carini che ci fanno muovere a suon di movenze e ci fanno battere il cuore. Sembrerò ripetitivo, ma quando si deve c’è bisogno di dar merito a chi se lo merita. E i miei amici, fidatevi, se lo meritano e anche tanto. Adesso però basta. Basta con tutti sti zuccheri, ci sono ben tre motivi per farsi rode le natiche. Fuori piove, mancano 4 giorni a San Valentino ed io sono già un anno più vecchia. Però fatemelo ammettere, più dannatamente pop che mai!!!

A questo, e altri compleanni insieme, più che vostra AB

N.b. Ora scappo, devo andarmi a ubriacare con gli amici, si, devo assolutamente!!!

FacebookTwitter

10.000!!!

Grazie a tutti per l’affetto che avete dimostrato a me e a Il Pisello Odoroso. Sono davvero contento per questo risultato arrivato in quasi un anno che scrivo. Mi rendo conto che non è molto, ma a me va benissimo così!!!! Grazie a tutti…

N.B.
E per la Du Barry e Guy, amiche di sempre, io il mini pimer lo chiamo come stracazzo mi pare 😉

Annabelle Bronstein

Negli anni ’10


OK. Eccomi qua. Di nuovo connesso per dirvene di bendonde. Non ho scritto un post per la fine dell’anno. Diciamo che l’ultima settimana del 2009 l’ho passata come un ebete. Ho riflettuto e messo sulla bilancia il 2009. Lo diviso e considerato quasi mese per mese. E sono arrivato alla conclusione, che forse il 2009 non sarà stato esaltante e top come il 2007 ma è stato altrettanto giusto. Oddio. Neanche tanto. Ho dovuto subire la quasi fine del matrimonio dei miei, gestire una separazione in casa con il mio ex-coinquilino, lasciare casa e ritrovarne un’altra. Ma ce l’ho fatta. Ho dovuto ingoiare rospi e rimboccarmi le maniche. E l’ho fatto.

Mi sono abbattuto un pochetto solo a settembre, ecco settembre è stato il mese più brutto. Ma siamo a gennaio e io sinceramente da lì in poi sono stato solo bene. Molti credevano che sarei rimasto con un pugno di mosche in mano, e invece proprio tutto il contrario. Anzi me la ballo e anche forse più di prima. Le mie movenze sono ancora dannatamente pop. Comunque passato il capodanno l’ho piantata di riflettere e di tirar somme, basta. Quello che è stato è stato. E con questo nuovo spirito ho cominciato il nuovo anno. Unica cosa che mi trascino dal 2009, ed esattamente dalla vigilia di Natale, è una conoscenza del tutto virtuale.

Lui si chiama Quello Che Non Cambierebbe Mai Una Psp Per Una Ds, ma di lui vi aggiornerò dopo. Posso ufficialmente dichiarare che dopo tre anni ho fritto la Polpetta. Andiamo, era ora. Non ho potuto buttare nulla dalla finestra a capodanno, perché proprio a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno io era in bagno che passavo del succo di limone a qualcuno per farlo riprendere dai fumi dell’alcool e di non so che altro. Ma si sa, come vanno queste cose. Io e le mie amiche ci siamo regalati giorni a letto in pigiama e serate inaspettate in discoteca ha riflettere su quanto in realtà siamo felici di stare come stiamo.

E soprattutto di quanto siamo stufi di tutti quei ragazzi carini che si ci fanno impazzire, ma che sono anche loro molto fuori di testa. Prendete Guy, lui il suo ragazzo carino lo ha visto prima provarci con lui, poi inspiegabilmente scagarlo e poi ancora cercarlo via sms a quasi 1600 km di distanza. Ed ora che è qui, latita. Ancora. Oppure la Du Barry, coinvolta in una strana competizione con l’ego del suo ragazzo carino. Che ha tutte le carte in regola. Però è il classico bello che non balla. Ma che ancora non si capisce verso quale direzione vuole andare. E poi noi ci meritiamo di correre dietro a questi tipi bislacchi?

Basta. E’ ora di appendere le scarpette da corse al chiodo e vedere invece chi ci sta appresso. Noi non siamo così orrendi come la maggior parte di quelli orrendi davvero che ci circondano e sono tutti ovviamente molto fidanzati, inspiegabilmente. Ma forse loro hanno il dono del non accontentarsi. Mentre ero a Teate per le feste , riflettevo con Giulia, la mia amica storica, che il nostro problema è sostanzialmente questo. Noi non sappiamo proprio accontentarci. Noi non vogliamo farlo. Abbiamo una testa e dei sentimenti e vogliamo che le cose seguano un determinato corso. Adesso, saremmo anche degli inguaribili romantici, ma è proprio una cosa a cui si può scendere a patti.

Pensateci bene. Scendiamo a patti tutti i giorni. Per evitare di fare a botte sull’autobus o in metro, sul lavoro, perché non so voi, ma io proprio non sono soddisfatto, con gli amici, perché è difficile a volte gestire le amicizie con tutto il bene che ci si vuole, e volete che scendessimo a patti persino nell’amore? Nosssignore. Io non ci sto. Anzi. Rivendico la mia fetta della torta e a gran voce. E non smetterò di certo ora, nel 2010. Avevo speranza negli anni zero, questa speranza nel corso dell’ultimo anno stentava a resistere quando poi PING. Una fioca luce si è accesa nella mia testa. Non devo mollare. Non ora, per lo meno.

E non lo dovrebbe fare mai nessuno. In quest’anno mi sono trovato troppe volte davanti a situazioni che credevo irrisolvibili. E invece tutto è andato per il meglio. E questo perché non ero solo. Questo perché vicino a me c’erano Guy, la Du Barry, Sushi, Ga, Ciù Ciù e Tata. Scorderò qualcuno, ma loro sono stati lì a sentirmi, a consolarmi e anche a darmi una mano. Tutto quello che credevo impossibile allo fine è diventato possibile. Certo è che faccio un lavoro di merda e non ho ancora un uomo che mi consideri, lo so. Ma perché buttarmi giù. Perché ora? Perché sono single. No. No. No. E poi, anche il sesso, non è andato malissimo.

Anzi. Direi tutto bene. Ma ora vi narro di Quello Che Non Cambierebbe Mai Una Psp Per Una Ds. Che non è il nuovo programma di Paolo Bonolis. Bensì è un ragazzo molto carino. Ma ho cambiato idea. Non voglio dirvi più nulla. Altrimenti, il prossimo post chi se lo legge???

N.B.
Questo post nasce non solo dalla necessità di togliermi qualche sassolino dalla scarpa, ma anche e soprattutto per far capire all’Anonimo che mi ha scritto qualche giorno fa tra i commenti che non cè motivo di buttarsi troppo giù. Tutti abbiamo momenti no, e periodi meno felici. Ma non devi assolutamente arrenderti. L’università, ma come il lavoro e i rapporti della nostra vita, sono a volte più complicati di quello che ci aspettiamo. E credimi, sono io stesso stupito da tutta questa mia positività, perché di solito sono molto pessimista, ma lamentarsi non aiuta. Tirati anche tu su le maniche e invece di pensare a come risolverli i problemi, risolvili e basta. Sembra una vera stronzata, ma non lo è. E poi se proprio vuoi sentirti meglio, pensa a me, che durante questo post mi sono mangiato una confezione di ottimi cioccolatini al latte e i cereali. E la mia saggezza è merito di tutti questi zuccheri insaturi in circolo. Me lo sento. 😉

N.B. 2
Non so se avete notato il nuovo header. Io lo trovo semplicemente Pazzescoooooo!