Cattivi pensieri, e un fottuto trattore


Interrogo quotidianamente me stesso su quale sia la prossima cosa da fare. Avete presente quando guardate un film pallosissimo e non potete cambiare. La mia esistenza ultimamente mi sembra questo. Un film pallosissimo/noiosissimo. Non so bene perché. O forse lo so. Ma non ve lo voglio ancora dire. Mi chiedo sempre quale sia il mio obiettivo. Quando i miei desideri si realizzeranno. Quando in soldoni potrò essere davvero felice. Adesso non lo sono. E a sentire chi mi sta intorno dovrei anche smetterla. Ho un buon lavoro, che mi fa guadagnare bene, una bella casa, degli amici perfetti, e una famiglia a debita distanza. Ma allora perché non sono felice?



Non lo so. Cioè lo so. Ma non è ancora arrivato il momento di dirlo. Il sesso. Il sesso è un aspetto importante. Negli ultimi anni ho fatto molto sesso. Mi sono scoperto, sessualmente parlando, il 30 dicembre del 2007, a ventiquattro anni. Relativamente tardi, ho forse relativamente in orario. Non mi sono pentito. All’epoca ho fatto sesso con uno con cui avevo creduto che non sarebbe finita lì. Mi sbagliavo, ovviamente. Finì lì. Dopo la porta in faccia ho deciso di non rimanerci più male. Da allora ho fatto molto sesso, in due, in tre, in quattro, in cinque. Ok, sono arrivato ad otto. E non mi vergogno a dirlo. Ne ho fatte di bendonde, e devo ammettere che non mi sono fatto mancare niente.


Mi è sempre andato bene. Ma oggi, neanche il sesso mi basta più. Avete mai provato la necessità di dover fare l’amore? L’amore con la A maiuscola. L’amore nel senso che non ti serve necessariamente fare sesso, ma bastano anche solo le coccole. L’amore, nel senso che puoi anche litigare, ma stai litigando con la persona che ami. L’amore nel senso che esci e vai a cena con gli amici, ma alle 23 hai già voglia di tornare a casa, perché sai che ci torni con il tuo amore. Per l’appunto. L’amore nel senso che puoi anche solo guardarti e farti un cenno per capire che l’altro ha capito quello che volevi dire.


E se tutto ciò non ci fosse? Allora ci si sente inutili. E io mi ci sento, visto che non c’è. Non prendiamoci in giro, è nel dna dell’essere umano accoppiarsi e riprodursi. Adesso, per riprodursi ci sono altri modi, ma per accoppiarsi non mi sembra che io non possa farlo. O no? Il problema, è essere da solo. Insomma non mi va più. Mi sono ingozzato del mio status di single. Mi ci sono abbuffato. Ne ho abusato. E ne sono stufo. Insomma che io lo decida o no, sono sempre da solo. E sono stufo anche di tutto quello che mi viene detto in risposta. La risposta più quotata è la seguente: “L’amore quando viene, viene. Non ci devi pensare, non lo devi cercare”.



Credetemi. Io non ci penso affatto. A parte in questo periodo per lo meno non ci ho mai pensato. E infatti un uomo fisso, permettetemi di dirlo, non c’è mai stato al mio fianco. E poi, come straminchia faccio a non pensarci? Come fai a far finta e dire che non ci pensi? Io ci penso. Ci penso. Altro consiglio straquotato è il seguente: “Hai cercato di cambiare modo di fare? Sai a volte basta approcciare in maniera diversa, sei una persona simpatica, risoluta, intelligente, sempre in movimento. Secondo me dovresti far vedere tutti questi aspetti di te!”. Ma secondo voi non ci ho provato mai? Secondo voi non ho provato mai a cambiare modo di fare?


Insomma ho fatto il simpatico, il burlone. Ho fatto quello che non gliene importa niente. Ho fatto il vago. Ho fatto la maschia, quello che si veste alternativo e che paga il conto. Ho fatto la teenager, e il superficiale. Ho fatto quello da una botta e via, quello da lunghe chiacchierate e persino (e lo sottolineo) quello da beviamoci una birra. Ho fatto il tipo da una passeggiata in centro, un gelato in centro, ed anche lo shopping in centro. Ho fatto quello da chiacchieriamo e guardiamoci dritto negli occhi, quello che fugge, quello che rompe, quello del messaggino del buongiorno, del buon pomeriggio e della buona notte. Insomma ne ho fatte di ogni.


Secondo voi è servito? No. Non è servito a niente. Arrivo ad oggi con un bagaglio ben pieno di cose andate storte. Le farfalle le ho sentite. Ma dopo un po’ son morte. Solo qualcuno ha lasciato qualche solco lungo la via. Ma non è stato sufficiente. Al punto in cui mi trovo viene spontaneo chiedermi, ma insomma che cosa ho io che non va? E’ possibile che io sia una persona insopportabile. E ci può anche stare. Perché per certi versi lo sono. Ma nessuno che mi coinvolga ha la voglia di stare al mio fianco per più della durata di una scopata? E’ possibile. A questo punto mi sento in un nuova fase della mia vita. Ovvero mi basto. Anzi, io mi basto?


E qui non ho parole. Su questo che può sembrare un’insignificante dettaglio, invece, devo assolutamente ricredermi. Io non mi basto affatto. In nulla. Non mi basto quando mi guardo allo specchio, non mi basto quando me ne vado a dormire la sera. Non mi basto neanche quando decido di mettermi a dieta e fare qualcosa di buono per me. Non mi basto mai. Non sono mai soddisfatto di me stesso e di quello che faccio. Mai. E questo a lungo andare può solo fare dei danni. Ma dei grandi danni.


Non riesco ad essere felice con quello che ho. Come faccio a trovare uno che sia felice con me? E’ questo il punto. Il punto oscuro, il lato nero di me. Quello che prima per ben due volte non vi ho detto. Io non sono mai soddisfatto. Mai. Di niente. E’ tutto mi annoia. Mi annoia anche me stesso. L’importante è prendere atto del problema. Anzi qualcuno pensa addirittura che sia quasi risolvere il problema. Ma io in che modo l’ho risolvo? Insomma dovrei svegliarmi con il sorriso sulle labbra. Abito a Roma, lavoro, guadagno bene, scopo e mi diverto e soprattutto ho un pazzesco blog che va via come il pane. E il mio unico obiettivo è non essere felice di tutto ciò.


Come faccio a volermi far bene da qualcun altro se non riesco a volermene da solo. Io non mi prendo cura di me in nessun modo. Non sto attento al freddo, mi ingozzo di medicine come se fossero caramelle, mangio male e fumo come uno sfigato. Insomma dove mi voglio bene? Dico da settembre che devo andare in palestra, e siamo a gennaio e ancora non ho deciso a quale segnarmi. Insomma mi sono mai preso cura di me stesso? Questi sono interrogativi ai quali non troverò mai risposta, e soprattutto nessuno mai saprà darmi una risposta. E allora che si fa? Non lo so, ma spero vivamente che qualcuno di voi abbia almeno un mezzo consiglio.


E comunque mio fratello ha comprato un trattore con 5.500 euro, e credo che ecco, ciò nonostante, lui sia molto più felice di me. Ma ci rendiamo conto? Un trattore. Un fottuto trattore.

Il gay emancipato, ovvero un post ingarbugliato


Quando si parla con un gay, è facile notare come questo si ponga nei confronti dello stesso mondo omosessuale. Di solito si presenta sempre come un anticonformista, che non giudica se non conosce, che non concepisce la discriminazione perché rispetta tutti. Che fa la raccolta differenziata. Legge tantissimo. Va al cinema. Ha tanti amici. Che vuole trovarsi casa da solo per non pesare sulle spalle della famiglia. Che sta bene così, che non si sente solo, perché ha tanti amici e che non vuole storie. Che deve capire prima se stesso e dove sta andando. Adesso, pensateci un attimo. Ditemi che non conoscete qualcuno che si descrive così. Addirittura potreste essere persino voi stessi.


Ma non posso prendermela. Affatto. Mentre tanti gay parlano di queste cose, io invece le ho fatte tutte. Mi sono trasferito, mi sono trovato un lavoro, ho la mia indipendenza e blablabla. Primo dettaglio importante. Diffidare da gente che esordisce con io qui, io sto bene come sto, io su, io giù. Louise di St. Louise ci ha insegnato che se siamo qui, è perché siamo alla ricerca dell’amore. O del sesso. O di qualsiasi cosa che gli possa vagamente somigliare. E che forse è ora di finirla di dire balle a cui non crede più nessuno. Ora, perdonate la premessa, ma andava fatta. E poi capirete anche il perché. Dopo ben quattro sole, ricevute da il Coetaneo Assente dei Castelli io ci avevo già messo una pietra sopra.


Quando una sera di inizio ottobre, lui, sorprendendomi al quanto, è riemerso dal dimenticatoio del mio msn. Un posto dove trasferisco tutti i contatti quando credo e suppongo si sia esaurita la loro permanenza nella mia vita. Credevo male. Non avevo fatto i conti con il suo essere aperto al pensiero positivo e al dare sempre nuove possibilità. Eccheculo. Ma lui esordisce sempre con il solito “Ciao, come stai?”. E io ho ricominciato a rispondergli, prima con molta vaghezza, poi rendendolo partecipe sempre di più del mio quotidiano, guardandomi bene, però, dal proporgli un’uscita. Onde evitare la quinta sola. Visto che, ecco, mi era parso di capire che erano molto simili ai drammi. Sempre dietro l’angolo.


Per tutto il mese ci siamo sentiti. Mi cercava, mi diceva di lui, sempre e comunque sottolineando di essere super impegnato con le amiche, gli amici, di non avere mai un attimo per respirare. Ha sostenuto ogni volta di avere una routine frenetica che io, secondo lui, non potevo capire. L’ho fatto cuocere nel suo brodo per tutto il mese. E siccome, prima di essere Annabelle Bronstein, sono pur sempre un emerito stronzo, ho giocato ad armi pari. Con la sola differenza che io, cose da fare, le avevo davvero. Impegni, uscite con gli amici e incontrare ragazzi da una botta e via erano tutta roba che ho continuato ad avere, perché, in realtà, sapevo dentro di me che da parte sua non c’era sincerità.


E lo sapevano molto bene anche Guy, Ga, la Burina, Tata, Ciù Ciù e il Signor Wilson, che erano quasi tutti unanimi nel dirmi di non farmelo piacere troppo. Perché anche loro avevano il dubbio che poteva essere tutto un fuoco di paglia. Arrivata la partenza per il concerto di Lady GaGa però, devo ammettere che io, beh, non potevo definirmi non coinvolto. Insomma, a me il Coetaneo Assente dei Castelli piaceva. E non potevo far finta del contrario. Per cui, nonostante io non volessi, ero lì che in qualche modo ci ero già dentro fino al collo. Con Guy soprattutto cercavo di tornare con i piedi a terra. Ma questa volta le cose erano diverse. Lui mi chiamava, mi messaggiava, mi teneva informato di tutto ciò che gli accadeva.


E anche Guy, in qualche modo, ha creduto che fosse sincero. Fino a che, un bel giorno, il Coetaneo Assente mi chiede i programmi del weekend perché, forse, era arrivato il momento di vedersi. Giubilo in tutto il regno. Per la prima volta ero riuscito a rendermi talmente interessante che qualcuno finalmente mi aveva chiesto di vederci. E non io. Lui. Per cui, un po’ per non far vedere che stavo solo ad aspettare un suo cenno, ho deciso di inventarmi un impegno per il venerdì sera, e la libertà assoluta il sabato. La domenica lavoravo mentre il lunedì ero di nuovo off. Proprio mentre pensavo di avercelo in pugno, il primo coltello raggiungeva la colonna all’altezza di L1-L2. Lo so dettagli inutili.

Venerdì non c’era, sabato nemmeno, per non parlare del lunedì. Era libero solo domenica. Merda. Merda. Merda. Vabbè, non è una sola. Siamo persone impegnate e mature. Aspetterò che mi proponga un altro giorno. Penso. Passa un’altra settimana, durante la quale ci sentiamo, in maniera sempre non troppo opprimente, e rimandiamo al sabato successivo. Il venerdì sera però, mi dice che non riesce proprio, perché ha da fare con la madre, e che sarebbe meglio rimandare a lunedì. Provo a insistere e gli dico che se vuole lo raggiungo io ai Castelli dopo cena. Ma lui preferisce di no, piove. Cosa? Ti dico che da Roma Nord me ne vengo ai Castelli e tu rifiuti perché PIOVE? Seguo ancora una volta il consiglio di Guy, freddo e distaccato. Ed evito le polemiche.


Rimaniamo per il martedì successivo, da confermare, anche se so che dovrò lavorare, ma evito di dirglielo. Ho voglia di vederlo. Ho voglia di baciarlo. Ho voglia di stringermi a lui. Il martedì arriva, e lui si ricorda che il giorno dopo parte per la Sardegna per quattro giorni e che martedì deve assolutamente finire di sistemare le valigie e tutto quello che si deve portare. Che poi, che cazzo vai a fare in Sardegna a novembre? Boh. Nonostante io abbia quasi voglia di aprire il forno, accenderlo al massimo e ficcarci la testa dentro, mi rassegno e decido di attendere senza fare pressioni. Decido di essere presente, ma solo il minimo consentito e di aspettare il suo prossimo passo. Paradossalmente mi stupisce.


Durante la sua permanenza in Sardegna, ogni giorno si fa sentire via messaggio. Mi racconta le sue giornate, della bellezza di quel posto e del brutto tempo. Un po’ sorrido. Insomma chi di voi non gli avrebbe augurato almeno un po’ di pioggia? Al suo rientro, finalmente i tempi sono maturi. Mercoledì primo dicembre sente finalmente il bisogno di suggellare la nostra conoscenza con un incontro. Io non rifletto sulla data e dico di sì. Lui propone un cinese e di vedere assieme l’ultima puntata di Glee. Io ci sto. Anche se ero sicuro che avrei dovuto fare qualcos’altro il primo. Poco male, penso. Andremo a cena insieme e poi vedremo Glee. Un pazzescherrimo, dignitoso, primo appuntamento.


Continuiamo a sentirci nei giorni successivi, aggiungendo dettagli alla serata. Decido anche l’outfit. Insomma tutto è perfetto e preciso. Ma il dramma è sempre dietro l’angolo. Sempre. E solo il giorno prima ricordo, come se vivessi un incubo, che il primo in realtà io ho la fottuta cena di lavoro, con tutti i miei boss, alla quale non posso mancare visto che si sta seriamente parlando per una mia promozione. Merda. E adesso? Cosa straminchia faccio? Decido di essere sincero e gli dico che avevo dimenticato questo dettaglio. E che non posso rifiutare. Lui appare dispiaciuto, ma comprensivo. Anche se sottolinea che si tratta del quinto appuntamento che salta. Io gli faccio notare che è il primo che salta a causa mia. E che non mi scassase il cazzo. No?


Lui però, decide che ci vedremo lo stesso, il giorno successivo. Il giovedì. Che a me, penso, può comunque andar bene. Il primo dicembre arriva, e io vado alla fottuta cena di lavoro. Quando rientro a casa accendo il pc e lo trovo in linea. Lui mi dice che ha passato la serata a casa a fare la maglia. A me sembra strano. Penso subito che sia un modo di dire. Invece insiste, e dice che è stato tutta la sera a lavorare ai ferri ed ha quasi finito un maglione. Insomma, non posso crederci. Penso che sia tutto molto ironico, ma ciò nonostante non ci trovo nulla da ridere. Lui accende la cam e me lo trovo lì, con i ferri e il gomitolo alle prese davvero con una maglia. Sono senza parole. Può un ragazzo di ventisette anni passare una serata a fare la maglia?


Decido di sorvolare anche su questo dettaglio, e immagino un maglione con una renna ricamata da lui in persona come regalo di Natale. Penso che non sia il caso di soffermarmi troppo su questo dettaglio. E stanco lo saluto rimandandolo all’incontro del giorno successivo. “Ah si per domani sera forse salta tutto, non riesco ad incastrarti”. Cosa? Ma cosa dice? “Incastrarmi tra cosa?” chiedo fingendo poco interesse. Lui mi dice che il pomeriggio deve vedersi con il ragazzo di una sua amica per organizzarle una festa a sorpresa, e che poi andrà a cena dalla sorella per organizzare il compleanno del nipote di cinque anni. “Cosa sei una Birthday-Planner adesso???” penso tra me e me.


Ma non glielo dico. Insomma mi viene immediatamente la voglia di prenderlo a calci in culo. Gli chiedo come mai non me ne avesse parlato il giorno prima, visto che, ecco, sicuramente ne era al corrente. E gli chiedo se ci sia qualcosa che non va, visto che rimanda ogni sorta di appuntamento. Lui si sente in dovere di dirmi che beh, è colpa mia se non ci siamo visti perché avevo una cena di lavoro. E che lui si era lasciato tutto il giorno per me, e infatti era a casa a fare la maglia. Avvampo per i nervi con la voglia di strozzarlo con la sua stessa cazzo di lana. Dico che lui mi ha solato molte più volte, e che non mi sembrava giusto ora rinfacciarmi una cosa del genere visto che si trattava di lavoro.


Lui allora, avverte la necessità di sottolineare che non vuole giustificarsi con me. Che non ne ha bisogno, né la situazione lo prevede. Che mi può stare anche bene. Ma io gli faccio notare che non voglio giustificazioni, ma solo che ecco, poteva anche dirmelo che ora la sua occupazione preferita era organizzare compleanni. Da lì ne nasce una discussione che lui smorza con commenti tipo “non posso farci nulla”, “faremo un’altra volta” e “non mi sento di dirti altro”. Io passo allo sbrocco e gli dico immediatamente che per me può bastare così, e che non ho intenzione di perdere altro tempo con lui. E il Coetano Assente fa subito la mossa che avrebbe dovuto evitare. Acconsente senza battere ciglio.


Io, preso da istinti omicidi, decido di rendergli noto che la sua era tutta una finta, che mi aveva presa in giro e che non volevo più saperne nulla. Lui conviene con me, dice che secondo lui siamo incompatibili caratterialmente (non capisco come faccia a dirlo, visto che praticamente non mi conosce), e passo ad offline. Bene. Cazzo. Vaffanculo. Mi sento forte ed ho bisogno di affermare a gran voce la mia dignità. E lo faccio, mi prometto di sfancularlo. E forse è già accaduto. Mentre mi convinco di aver fatto la cosa migliore che potessi, per me stesso soprattutto, il giorno dopo lui riappare e ricomincia il gioco. “Ciao come stai?”


Devo andare avanti? No. Non credo ci sia bisogno. Vorrei solo capire però il senso di tutto ciò. E’ per questo che ora vi invito a rileggere la premessa, e a convenire con me che è difficile essere sinceri con gente che si comporta così. E che io, ciò nonostante, lo sono sempre stato. Ma il punto è un altro, ovvero che sostanzialmente il Coetaneo Assente dei Castelli è una persona sola. Tanto sola. Ma il fatto di solarmi, lo fa sentire meno solo. Perdendo di vista che in realtà le regole le fa da solo, e gioca pure da solo. Ovvero il cane che si morde la coda. Per cui, l’ho lasciato lì, a giocare da solo. E sì, ho fatto assolutissimamente bene. Lo so.


Ah, detto ciò, non so se ve ne siete accorti, ma è quasi Natale, e anche Annabelle si è vestita a festa. Enjoy 😉

Inorridiscoooooooo

Anche oggi in Italia, un piccolo uomo ha preso la parola per insultarci tutti. Non solo noi gay, ma anche le donne e le persone tutte. Diverse le reazioni scatenate, ovunque in tutto il mondo. Quella a cui mi sento più vicina è la dichiarazione di Julienne Moore. Sarebbe inutile riportare le parole della Carfagna o della Santachè. Bisognerebbe solo ignorarlo. E se fosse chiunque altro probabilmente lo faremmo tutti. Il problema è che lui è Il Presidente del Consiglio. E qualcuno lo avrà pur votato. Questa è l’Italia signori.
CHE ORRORE.

Dolcetto o poracciaggine???

Avete presente questo spigolo? E’ lo spigolo del mio letto Ikea. Troppo basso e troppo in mezzo ai piedi per non sbatterci gli spizzelli ogni giorno. Quasi ogni giorno. Perché ci sono giorni in cui lo spigolo lo vorrei prendere a testate. Giorni in cui non riesco a dare una sequenza logica ai miei pensieri. Giorni in cui mi sono chiesto realmente quali siano le mie necessità. E sono sicuro, che in qualche modo, finalmente io le abbia chiarite. A me stesso, ad Annabelle Bronstein e a chi di solito mi ascolta delirare. Ma il delirio è solo una costante che accompagna le mie giornate. Che si palesa nel momento in cui io, non riesco a comprendere davvero perché alcune persone siano così dannatamente irreali.


Andiamo per ordine. Ho finalmente capito che il Signor Bollore ha un amante. Un amante troppo figo per competervi. Questo non vuol dire che io non mi senta figo. Affatto. Io sono molto figo per quel che mi riguarda. Ma ahimè non sono un Mister Gay Italia, e non ho alcuna fascia che mi cinge il petto. Non ho neanche un muscolo tonico. Ma questo non fa di me un mister qualcosa. Di tonico e allenato spero sempre di avere il cervello. E forse è proprio grazie a questo cervello che ho capito come stavano le cose. E’ servito un altro venerdì sera al Mucca per capirlo. Era palese davanti ai miei occhi, e a quelli di tutta la sala commerciale. Ma non dispero. Forse ho dato ancora una volta importanza a chi non se lo merita.


Però complimenti, fanno proprio una bella coppia. Per fortuna che sono una persona sportiva. Nell’animo. Perché nonostante i miei buoni proposito la mia dieta non decolla. Anzi. Proprio non la sto facendo. E’ forse questo è un altro motivo per cui io non mi voglio bene. Un altro dettaglio degli ultimi venti giorni riguarda il coetaneo assente dei Castelli. Dopo le sue ultime sole avevo deciso di non sentirlo più. Poi però mi sono lasciato convincere dalla Barbara D’Urso che è in me è gli ho dato un’altra possibilità. Abbiamo ripreso a sentirci al telefono. A scambiarci messaggi. Anche questa volta io gli stavo credendo. Ero lì quasi quasi per affezionarmi alla sua voce. Alle sue battute. Alla sua intelligenza.


Ma il lupo perde il pelo. E infatti il vizio di solare era lì, dietro l’angolo, come i drammi. Così siamo passati da un aperitivo che non si è più fatto. Un film, che non abbiamo mai visto. E una cena che nessuno ha mai cucinato. Quando si prevedeva la quarta sola, ho deciso di darci io un taglio, con un sms. Lo so, non si fa. Ma non mi si danno neanche 18457 sole in una settimana. Ed eccolo solo per voi, dopo un giorno di latitanza da parte sua: “Mi avrebbe fatto piacere sentirti e vederti. Ovviamente non è accaduto. E non voglio sapere neanche perché. Volevo dirtelo però”. Secondo voi mi ha risposto? Ovvio che no. Silenzio. E il silenzio di solito è più eloquente e chiaro di ogni altro bel discorso. Però, ve lo dico, lo apprezzato. Molto molto.


E poi veniamo al sesso. Questo mese ho fatto tanto sesso. Ho visto tante persone. Ho rimorchiato molto su Grindr. Su Gayromeo e anche su Bear. Alla grandissima. Avrò visto almeno cinque persone. Tutti e cinque carini. Che si sono descritti come attivi o versatili. E che appena arrivati, bè, erano evidentemente molto più passivi di me. Questo va benissimo, perché praticamente questo mese io sono diventato attivo. Almeno mia madre sarà soddisfatta di questo. Ma tra i tanti incontri deludenti, uno e solo uno è stato esaltante. Il Prof. quello della troppia si è preso un caffè con me. O meglio caffè sta per facciamoci una scopata. Io ovviamente non ho detto di no.


Grazie al cielo, anche la Troppia è finita. Dopo due mesi si sono accorti che non era una cosa tanto fattibile. Ah però. Una buona notizia finalmente. Diciamo che non me ne poteva fregar di meno. Perché ecco con Il Prof. è sempre molto bello fare solo una cosa. Lui ci sa fare probabilmente solo in quello. Ma vabbè cavalla golosa e soddisfatta ad Halloween, la festa di mostri, quindi la mia festa, sono andato al Muccassassina. Adesso io farò in modo che qualcuno del Mucca legga questo post. Perché vorrei fargli delle domande e porre delle questioni che a mio avviso sono molto importanti.


Capisco bene che c’è un Europride da organizzare e ci vogliono li pippi. Ma perché al Mucca devono entrare gli etero? Perché chi ha una fottuta tessera del Mario Mieli deve fare un’oceanica fila di un’ora e mezza al limite della sopravvivenza e vedersi passare davanti una marea di etero arapatissimi, una marea di frociarole parioline, e una marea di trans? Tutti poi che ci passano davanti. Che passano davanti ai tesserati. Questo è sempre stato un mistero per me. E poi perché fa riempire un locale all’inverosimile? Sono tutti quesiti che mi pongo, e che hanno solo una fottutissima risposta. Soldi. Money. Pippi. Dindi. Manderò una mail alla Praitano. Sono curioso, di sentire la sua risposta, se mai ci sarà.


Per il resto, finalmente ad Halloween la sala del secondo piano del Mucca ci ha regalato delle soddisfazioni. La musica era finalmente godibile e ballabile con annesse movenze dannatamente pop che hanno commosso tutti i presenti. Insomma finalmente eravamo tutti: io, Ga, Guy, Ciù Ciù e marito e Mauri. Eravamo del mood giusto. Ma appena arrivato sul quel dancefloor. Appena ho iniziato a scatenarmi, io ho fiutato la Sua presenza. Non ci avevo pensato minimamente che poteva esserci anche lui. Lo avevo talmente dimenticato, che in maniera del tutto sorprendente si era palesato. Sto parlando della Polpetta.


Che per noi, d’ora in poi sarà l’Innominabile. Era lì, più bello di sempre che si scatenava felice con i suoi amici. Qui lo dico e qui lo nego. Era bellissimo. In un secondo mi si è bloccato tutto. Le movenze sono andate a farsi fottere (almeno loro), e il mio cervello si è fissato su di lui. L’unico che a oggi, dopo anni, riesce ancora a darmi un senso. Si perché un senso credo proprio di averlo perso ultimamente. Ritornato in me, come se nulla fosse ho ripreso a ballare. Ho ripreso a fare finta di niente. Anzi. Ho cominciato a fare la stupidah. Si perché quando un animo ferito come il mio, si rende conto che non c’è n’è e soprattutto di aver torto marcio, in quell’istante per sopravvivere alla vergogna devi fare la stupidah.


Insomma in qualche modo si dovrà pur salvare la faccia e andare avanti. Ho far finta di, almeno. Ho cercato di ignorare, ma non riesco proprio a ignorarlo. Insomma a me piace. E forse mi piacerà per sempre. Ma il punto è che il vero schifo l’ho fatto dopo. Uscito da quel posto troppo pieno di gente troppo fuori di testa. Per l’ennesima volta ho buttato dal finestrino della macchina quel minimo di dignità che avevo. Accompagnato a casa Guy, mentre tornavo a casa mia, ho tagliato per il quartiere dell’Innominabile. Come sempre. Il punto è che ho acceso Grindr e lui era lì on line. Pallino verde. Mentre superavamo i semafori la distanza tra di noi diminuiva. 4 km… 2 km… 1 km… Zero. Alla vista di quello zero ho messo le quattro frecce ed ho accostato.


Mi sono acceso una sigaretta, e spento la macchina. Ho abbassato la musica e ho fumato con calma. Con il telefono tra le mani, invaso da una speranza inverosimile fissavo il pallino verde sperando che vedendomi lì, vicino a lui, mi scrivesse. Ho pensato che avrebbe potuto farlo. Ho pensato che ci saremmo potuti fare una chiacchierata rivelatrice e chiarificatrice. Ho pensato che forse avrei potuto rimettere a poste le cose, scusarmi e magari ricominciare da zero. Purtroppo dopo 5 minuti mi sembrava chiaro che tutto ero inutile. Quello che stavo facendo non aveva molto senso. E soprattutto stavo solo sognando ad occhi aperti. Perché lui, non c’era per me. Evidentemente.

Chiariti questi dettagli, questa mattina andare a sbattere contro lo spigolo del letto ha un non so che di giusto. Credo di averlo fatto quasi volutamente. Sono cocciuto. Però ecco, credo di aver segnato un nuovo limite di poracciagine con me stesso. Un nuovo mese è iniziato. Ed ora devo fare in modo che un nuovo me cominci a vivere. In maniera diversa. Insomma, c’è ne davvero bisogno. Soprattutto per me stesso. Non Annabelle Bronstein, lei no, quello vero intendo. Lei domani starà sicuramente meglio. Spigoli del letto permettendo.

Il Mucca, il Singor Bollore e il dramma. Insistentemente dietro l’angolo.

Sono sicuro che vi state tutti chiedendo che straminchia di fine io abbia fatto. Ok, forse un tantino esagero. Ma questo post l’ho sto pensando da quando sono uscito venerdì notte dal Mucca. L’inaugurazione. Vabbè, vi aspettate una recensione? Sarà breve. Mi piace as well. Mi piacciono i nuovi cessi (pazzescherrimi), mi piace il nuovo assetto mettiamo uno schermo piatto un po’ ovunque. Mi piace l’animazione. Mi piace il ritorno di Caramella, nota Drag. Le Zullallà, o qualcosa di molto simile. In complesso darei una piena sufficienza al nuovo Mucca, che finalmente ha una sua dignità. Ma ahimè sono state anche tante altre le cose che non mi sono per niente piaciute.



Prima di tutto, che fine ha fatto l’aria condizionata? Secondo. Perché in sala commerciale non si sente più la musica? Terzo, perché portare il prezzo a quindici fottutissime euro? Ma insomma cosa credono che noi i soldi li fabbrichiamo? Che sia chiaro, col culo ci facciamo davvero ben altro. E poi vabbè, il dramma, come al solito, dietro l’angolo e infatti a una certa bam!!!!! E’ saltato tutto. Via la musica (che poi andava e veniva) le luci, prima il buio, poi un po’ di più, poi un po’ di meno. Insomma devo seriamente pensare che istallare tutti quegli schermi abbiano davvero sovraccaricato la situazione. Userò invece una sola parola per descrivere la sigla di quest’anno: ORRENDIMERRIMA. Si.



Questo è quello che penso, e credetemi sono stato davvero buono. Tralasciando questi routinari e spigolosi dettagli, la blogger che è in me non può non aprirsi e raccontarvi la seconda parte della storia che ha appassionato tanti di voi su queste pagine. Ovvero, l’appassionante incontro con il Signor Bollore. Ve ne avevo parlato qui, raccontandovi tutti i succulenti dettagli. E da allora, nonostante io sia stato tre giorni in una località segreta dove lui stava passando le vacanze, e dove l’ho visto, senza però farmi vedere, non l’ho più visto. Né sentito. Ci mancherebbe altro che qualcuno mi telefoni. Abbiamo avuto uno scambio repentino di sms solo il giorno del suo compleanno. Anzi.


Io gli ho mandato il messaggio il giorno del suo compleanno. Lui mi ha risposto tipo tre giorni dopo, mandandomi su tutte le furie. Comunque. Finalmente venerdì avevo la possibilità di rivederlo, visto che lui è in qualche modo coinvolto lì al Mucca. Elusa la security, oramai non mi si avvicinano quasi più, pure loro, e salutato al volo la mia amica Rita Rusic, me lo sono trovato faccia a faccia. Ok. Devo ammetterlo. Non è vero che io e Rita siamo così amici poi, però lei mi ha risposto al saluto. Ok, no. Dovevo ammettere un’altra cosa. Devo ammettere che ecco avrei voluto saltargli addosso e prenderlo per i capelli e a parolacce, e anche dargli qualche ginocchiata tipo sulle palle. Avrei voluto.


Ma in realtà mi sono avvicinato ed ho sorriso e lo stretto senza neanche dargli il tempo di capire chi ero. Per lo meno, lo suppongo io. Gli ho chiesto come stava, e lui ha risposto subito tutto bene. Ma io non lo ascoltavo neanche. Infatti non avevo capito cosa avesse minimamente detto, per cui ho ripreso a parlare. “Io sto bene, e tu come stai?”. Allora mi ha ridetto alzando la voce “Io sto bene, tutto ok!”. Ecco, adesso pensa pure che sono una cretina. Certo che io riesco sempre a fare un’ottima impressione a tutti. Dopo aver parlato del più e del meno, per almeno cinque minuti, e dopo essere stato messo al corrente che lui è afflitto, tutto il mio risentimento era quasi svanito.


Anche se, ecco, diciamo che non glielo avevo comunque dato a vedere. Ovviamente. Gli chiedo perché sia afflitto. Se era tutto ok, se tutti stavano bene. Ma lui non si è scucito affatto. “Ne riparleremo più in là” ha sentenziato. Mi sono affrettato a stringerlo e salutarlo e mi sono allontanato. D’altronde era lì per lavoro. E poi c’era un tipo, carino sulla ventina, barbetta e camicia a quadri che mi fissava. Ma vabbè, essere celebri a volte ha i suoi difetti, penso. In realtà però, nonostante l’approccio molto amichevole, il Signor Bollore mi è sembrato un po’ freddino. Troppo per come è lui. In realtà mi è cominciato ha rodere un po’ il culetto. Insomma, mi aspettavo un invito, una parola all’orecchio. Un commento al blog.


Nulla di tutto ciò. Appurato che mi scottavano le regali terga, e che anche Ga ha sentenziato che secondo lui, nonostante la conversazione, gli era parso felice di vedermi, era arrivato il momento di fumarci su una bella sigaretta. Così abbiamo raggiunto la frasca all’esterno. C’era però qualcosa che non mi tornava affatto. Rimugino sul suo essere afflitto. E sul perché. Ripenso a quanto sia stato freddo, e anche vago. E mentre aspiro avidamente la mia Marlboro Light mi si palesa davanti un suo caro amico. Vistosamente ubriaco. Decido di giocare sporco. E di farlo immediatamente, senza troppi giri di parole, gli chiedo del Signor Bollore, e se aveva la più vaga idea del perché mai poteva essere afflitto.


“Auhauhuahuahuah. Auhuahuhauhauauhauau. Aauhauhauhuahuauauh” Ma che cazzo te ridi, penso. “Bè se quello è afflitto.” Decido di insistere “Ma si è per caso lasciato col ragazzo?”. Ehm, si, è fidanzato. Mi pare di avervelo già scritto. “Ma no. Figurati, se quello lascia il ragazzo. Non lo so perché ti ha detto così, ma so di per certo che il suo amante è qui stasera, ed è proprio lì dove sta lui.” Ma che carino allora gli ha parlato di me? Penso pervaso da un moto di inaspettato di inebriante allegria al limite di una movenza dannatamente pop e una coreografia contagiosa. Quando continua il discorso “Ma si, un ragazzo sulla ventina, ha la barbetta, e la camicia a quadri. E’ proprio lì dietro di lui”.


COSA???? La gioia, le movenze pop e tutti i valalasss annessi svaniscono in un secondo. E io che pensavo che parlasse di me. Accenno un sorriso e con la scusa di ritrovare Ga mi allontano. Insomma non solo non mi caga neanche per sbaglio, in più devo sorbirmi anche l’amante ventenne. Non capisco come stracazzo è che debbano succedere tutte a me. Eccheccazzo. Il Signor Bollore dovrebbe essere a dir poco castrato, decido a sto punto di individuare con esattezza l’amante in questione. Avete sicuramente presente quando vi dico che il dramma è sempre dietro l’angolo. Non sbaglio. Quel dramma era palese e davanti i miei occhi da molto prima. Da quando avevo già parlato con lui. L’amante in questione era proprio il ragazzo che poco prima mi fissava.



Ma che orrore. Ma dico io, si può essere più stronzi? Passo e sorvolo sul fidanzato. Mi passi pure che gli metti le corna, se lo fai con me. Ma anche l’amante ventenne bono? Effettivamente questo giovane se ne stava qui che lo fissava, e sembrava proprio me tipo una ventina di minuti prima. Io e lui avevamo lo stesso sguardo per il Signor Bollore. Istintivamente decido di stare buono. Andiamo andare lì e massacrarlo di botte non aveva alcun senso. Tutt’al più massacro Bollore. Mi sembra più sensato. Nel momento in cui prendo forza e coraggio, (tutto merito di un drink offertomi e scolato in 4 secondi netti), vado per raggiungerlo ma ecco arrivare l’esemplare di donna più temuto da un omosessuale, (dopo una lesbica naturalmente): la sua Grace Adler cicciona.



Adesso, ognuno di noi ha la sua Grace Adler. Quella di Bollore è cicciona. Una cicciona eterosessuale che se lo vuole fare. E’ follemente innamorata di lui, ma lui ovviamente è gay. Lo travolge con la sua prorompente immagine e lui quasi non mi vede. Anzi, ne sono certo, non mi vede proprio. Decido di lasciar perdere. Decido che in fondo non mi merita. Decido che io merito decisamente di più di un Bollore, passato a ghiacciolo, che non mi cerca e per di più oltre al fidanzato devo mandare giù pure l’amante? E poi la sua Grace Adler? Nononono. Non sono capace di affrontare tutte queste cose in un colpo solo. Ancora in pensiero sul da farsi, il dramma si propone. Ovvero il Mucca va in tilt e salta tutto.


Decidiamo di saltare anche io e Ga. E di abbandonare la serata. Decido che devo assolutamente decidere che fare. Insomma, sono proprio indirizzato verso un mega, enorme e glitterato VAFFANCULO. Anche se non mi lascio troppo prendere da una decisione. Insomma, perché non c’è uno con le palle che oltre a mostrartele è capace di dirti che le cose stanno così? Anzi, lo stimerei molto di più se fosse single. Come ci si può fidare di uno del genere? Io di sicuro non mi ci fido. Affatto. Decido che devo fare qualcosa, anche se non so bene cosa, io e Ga però, incontrati altri amici al benzinaio vicino al Mucca, concludiamo la serata con un defilé fino alla macchina. Nonostante tutto, facciamo sempre la nostra porca figura. Si.

Quando ammetti il problema, stai già guarendo


Quando arriva settembre si crea un meccanismo mentale secondo il quale bisogna perdere peso, andare in palestra e rimettersi in forma. Merda, ma che senso ha? Posso accettare che un discorso del genere mi venga fatto a gennaio. Ok. Anno nuovo, vita nuova. Ci posso anche credere. Ma perché a settembre? Non ha molto senso. Se a settembre i miei avi migravano verso la montagna per la transumanza, perché io dovrei andare in palestra? Esiste una connessione mentale? E poi perché a settembre tutto dovrebbe ricominciare da capo. Di nuovo? Anzi. Ad essere sinceri sono anche ingrassato un po’. Lo so. Ma sono giusto un paio di chili. Tre, per l’esattezza. Almeno, credo. Spero.


Se consideriamo che sono stato in ferie per un mese, bè tre chili non sono niente. Se consideriamo soprattutto che per un mese ha cucinato solo ed esclusivamente mia madre non sono niente. E voi, vostro malgrado, non conoscete Giuliana. Ma qualche giorno fa, appena tornato a Roma dalle vacanze ho rivisto il mio trombamico numero uno. Ovvero Dickhead. Non è un caso che si chiami così. Non per che sia una testa di cazzo. E’ che è solo un enorme grosso pene attaccato ad un uomo. E non viceversa, che sia chiaro. Dopo avercela spassata alla grande, e averne fatte di ogni, mi da una pacca sul culo e mi dice, parole testuali: “Il tuo culo mi fa impazzire. Guardalo come sta su. E’ pazzesco”.


Pausa. Che poeta, penso. Però, almeno, per la soddisfazione avrei anche potuto ballare e danzare tutta la discografia delle Spice e metterla su YouTube. Ma Dickhead non si è limitato a un complimento. Affatto. Ha continuato a parlare. “Certo che se andassi in palestra, saresti un bono da paura”. Si alza e se ne va in bagno. Pausa. Decisamente drammatica. Mi accendo una sigaretta, nonostante in casa sua ci sia assoluto divieto assoluto. Torna poco dopo, mi guarda serio, e chiede: “Ma cosa stai facendo?”. “Scusa, dovevo fumare”, mi giustifico. In realtà mi era salito un nervoso tale che se non fumavo lo prendevo a calci. Così rassodavo il suo, di culo. E sti cazzi le sue regolette del cazzo.


Aspiro l’ultimo tiro e spengo la sigaretta. Mi scuso, e insisto: “Scusa, quindi sono un cesso a pedali con un culo pazzesco?”. Lui mi guarda, e finalmente realizza la cappellata detta qualche minuto prima. Subito cerca di metterci una pezza. “Ma no, mica sei un cesso. Affatto. Piccolo lo sai che mi fai impazzire, e come scopo con te non scopo nessuno”. Piccolo? Ti sembro piccolo? Ho 27 anni. E tutt’al più tu sei quello grande. Vabbè è tipo un metro e novanta ed ha 38 anni. E sappiatelo odio quelli che ti dicono piccolo. Piccolo un cazzo. E poi tu mi scopi? Fino a prova contraria quell’affare enorme, duro e pazzesco (mi duole ammetterlo, anzi, forse mi duole anche altro se ci penso) lo faccio sparire io.


Per cui, tutt’al più sono io che ti scopo. Visto che la fatica la faccio tutta io, ma questi sono solo dettagli. Mi alzo di scatto, raccolgo i miei vestiti e faccio per andarmene. “E su adesso che fai? Non dirmi che te la sei presa?” mi chiede stupito. Certo che me ne vado, vorrei urlargli nelle orecchie. Invece, mi affretto a dire “No, non me la sono presa, però non sei stato né carino né spiritoso. Insomma è tanto che ci vediamo, mi conosci. E sai che queste cose mi fanno innervosire. Se io ti dicessi che sei carino, ma per avere 38 anni non sei al massimo della tua forma? Cosa mi risponderesti?”. E sono stato gentile. Dovevo parlargli delle sue enormi maniglie dell’amore. Credetemi, enormi. Bingo. Colpito e affondato.


Finito di vestirmi mi sono avvicinato per salutarlo, “Ciao. Buona serata” e gli ho dato un bacetto. Lui mi fissa, serio, mi stringe in un abbraccio e mi sussurra all’orecchio “Scusa, non volevo offenderti”. Ok. Annuisco, mi stacco e faccio per uscire. “Dimmi che non finisce così?” dice infine. Un attimo. Fermi tutti. Cosa dovrebbe finire? E’ iniziato qualcosa? Ci siamo mai visti, chessò, per passeggiare in un parco? Chiacchierare? Andare al cinema? E’ iniziato qualcosa? E se si, cosa di grazia? Ci vediamo sempre e solo o da me o da lui per trombare. E questo è un rapporto? Una relazione? Non mi sembra. Sto per sbottare in un mega sbrocco. Ma poi mi blocco. Contegno.


Abbozzo un sorrisetto, e dico sicuro: “Non lo so, sentiamoci però”. E addio. In metro ci ripenso a quello che mi ha detto, e concludo che forse ho un po’ esagerato, ma mi andava così. Insomma sono pieno di insicurezze già di mio, me le devi far venire anche mentre trombiamo? Di solito ad una bugia preferisco sempre una verità. Anche se scomoda. Ma andiamo non mi pare proprio di essere un cazzo di cesso a pedali. Affatto. Ho i miei difetti, come tutti. Ma non penso di non essere giusto così come sono. Mi metto a leggere per distogliere l’attenzione da questo scazzo giornaliero, e quando torno a casa mi peso. Giusto per curiosità. Ok, non ho motivazioni per farlo, ma lo faccio. Va bene?


Con sorpresa scopro di pesare due chili in più di quello che ero. Pensavo tre, almeno. Ma che cazzo, solo Mel B perde perso scopando con il marito? Ok. Decido che è arrivato il momento di smetterla di abusare e di dipendere dal cibo e di dedicarmi ad un’alimentazione sana, corretta e senza più zozzerie. Basta alcool, nutella e tutte le schifezze che mi circondano. Sarà difficile. Lo so. Che sia chiaro, non per Dickhead. Assolutamente no. Ho anzi deciso che non lo vedrò più. Per me stesso, perché so quanto valgo, e so anche che riuscirò ad avere anche un aspetto decente all’esterno. Anzi. Devo. Si, ecco. Anche se però, mi piacerebbe che un giorno arrivasse qualcuno e mi volesse così, come sono. Utopia?

La Troppia. Ovvero quando la coppia scoppia.



Due settimane fa circa ero a colloquio telefonico con il
Prof. Di lui ve ne ho già parlato in diversi post. Mi telefonava evidentemente perché credeva che io avessi bisogno di una sana scopata. Ma si sbagliava. Parlando del più e del meno, invece mi racconta del suo ultimo state of mind. Ovvero mi introduce alla sua nuova teoria. Devo assolutamente premettere che da quando mi sono accettato come adepto della ceppa, ovvero da quando ho diciannove anni, ne ho sentite di cose assurde. Ma questa vince in assoluto su tutte. Devo altresì premettere che il Prof. è fidanzatissimo da non so quanto, ha persino sposato il suo compagno in Spagna, ed entrambi hanno l’hobby del sesso a tre, e della coppia aperta.

Lui, entusiasta, mi dice che ha un nuovo compagno. Gli chiedo allora come mai avesse lasciato suo marito. Lui mi sorprende e mi dice che non lo ha lasciato affatto. Anzi. Mi racconta che nello specifico il suo compagno c’è sempre, ma ne hanno introdotto un terzo nella coppia. Credo di non aver capito il senso. In dubbio se prendere uno spazzolino e ficcarmelo in gola fino a vomitare anche quel briciolo di dignità che mi è rimasta, o ficcare la testa nel forno e accendere a manetta, gli chiedo di spiegarsi meglio. Insomma, un terzo nella coppia? Che senso ha? Lui comincia il suo racconto con novizia di particolari, un entusiasmo inaspettato e persino della soddisfazione.

“Praticamente – esordisce – Io e mio marito eravamo altamente annoiati dal solito sesso a tre con il primo che passava. Eravamo stanchi di dover sempre cercare una persona diversa, che magari non entrava in sintonia con noi. Per cui, abbiamo deciso di trovare una terza persona, fissa, che entrasse nella nostra coppia, in modo stabile. Sai è così difficile ultimamente organizzare cose a tre. E noi ci siamo un po’ stancati di fare sesso singoli (l’oggetto della sua telefonata, ovviamente) e allora abbiamo conosciuto questo ragazzo sulla trentina, sposato, con un figlio. Ci siamo visti, ed abbiamo formato una TROPPIA, cioè una coppia a tre”.

Avete presente quando sentite una cosa e non la capite. Anzi. Non vi sembra vero che qualcuno abbia detto quelle parole. Mi sentivo esattamente così. Già loro come coppia, non erano affatto il mio ideale. Staranno insieme da meno di dieci anni e si sono potuti mettere tipo 2589 volte le corna. Ma a parte questo. Che posso anche comprendere. Come si può arrivare ad avere una terza persona in una coppia. Oltre che improbabile non ha alcun senso. “Hey, ci sei? Sei in linea?” sento richiamarmi dall’altro capo della cornetta mentre riflettevo sulle idiozie di quest’uomo. “Si ci sono. Ma scusa, stai parlando seriamente? No perché a me sembra una cosa davvero impossibile”, dico.

“Ecco. Sapevo che dovevi fare l’ottuso. Insomma la coppia oggi giorno non basta. Non è sufficiente. A volte ci vuole qualcosa in più. Bisogna riuscire ad andare oltre le etichette. E poi scusa. Che male c’è? L’amore come lo puoi dividere in due, lo puoi dividere anche a tre. Secondo noi si può. E poi tu non sai quanto è caruccio. Pensa che è anche molto geloso, sia di me che di mio marito. E poi oltre a fare sesso facciamo le cose che fanno tutte le coppie, chessò andiamo a cena fuori, andiamo al cinema. Andiamo anche al pub a bere una cosa. Insomma tutto come se fossimo in due. Ma la cosa belle è che siamo in tre. Ci amiamo in tre. E’ una figata, fidati”.


Ok. Prendo questo telefono e lo butto fuori dalla finestra. Ma si possono dire tutte queste grandi cazzate in una sola telefonata? Si può arrivare a dire che può esistere una coppia a tre? Una Troppia per l’appunto come dice il Prof.? Insomma si può essere così superficiali o anzi, finti? Finto che al punto di soddisfare una libidinosa fantasia sessuale si possa affermare che può esistere un legame sentimentale a tre? Andiamo, io non sono mica una
sura arretrata. Io ho sempre fatto, quando mi si è presentata l’occasione dell’ottimo sesso a tre. E non sono il tipo che giudica male chi lo fa. Anzi. Posso capire che nella coppia ci possa essere un momento in cui bisogna ravvivare la situazione e prendere in considerazione quest’eventualità.

Poi, se si è d’accordo, non ci vedo nulla di male. Ma dal sesso, perché di questo si tratta, ad arrivare a dire, che ti sei creato una storia d’amore a tre, tra l’altro con un uomo sposato con una donna, e con una figlio, piccolo. Ma andiamo. Che basi ha questa storia? Su quali principi mi parli d’amore? E quella poverina della moglie? Incredulo a quello che le mie orecchie avevano sentito, e ancora più incredulo per tutti i pensieri che ne sono scaturiti, decido di dirgli una cosa semplice. Non troppo complicata: “Prof. ma tu sei completamente folle. Tra tutte le stronzate con cui ti sei riempito la bocca in questi anni, per giustificare quanto sei porco, questa è la peggiore. Sei scorretto, per me!”.

“Ma perché mi devi sempre mortificare così? Hey ci sei?” Silenzio. Ma cosa straminchia devi rispondere a un essere umano di trent’anni, gay, fidanzato, sposato all’estero con il suo compagno, maiale all’invero simile, che ne fa di ogni, con chiunque, che ti parla di amore allargato. E lui, fa la troppia con due persone, ed io neanche riesco a trovarne mezzo per me. Ma siamo fuori? “Prof. io non ti voglio mortificare. Io ti sto soltanto spiegando che facevi meglio a telefonarmi e dirmi che vi eravate scopati uno bono da morì. Sposato, con un figlio. E basta. Facevi più bella figura. Perché confondere amore e sesso? Credimi, di certo io non ti giudico affatto. Anche a me piace il sesso. E tanto”.

Dall’altra parte silenzio. “Ohi Prof. ci sei?” chiedo. Poco dopo, lui mi risponde. “Vabbè sapevo che mi dovevi offendere. Ciao”. E mi chiude il telefono in faccia. Capite. Lui mi chiude il telefono in faccia. Lui si organizza la troppia, mi telefona, mi rompe il cazzo, però poi sono io che lo offendo, sono io che lo mortifico. Sono io che non capisco un cazzo. Sono io che sogno ad occhi aperti un uomo, uno, solo per me. Che scopi solo con me. Ecco. Poi però telefona a me. Il punto è che il Prof. la dovrebbe piantare. Credo che la cosa peggiore di noi gay, sia credere troppo spesso in quello che diciamo. Si. E io penso che a volte c’è bisogno di credere in qualcosa. Insomma, fate un po’ voi. Io adesso c’ho voglia di Mc Donald’s.

Sesso da fiction. Anche se poco fiction.



Dunque, dunque. Qualche tempo fa, mentre vi narravo del Signor Bollore, non ho potuto fare a meno di introdurvi un nuovo e devastante omone che entrato nella mia esistenza. E non solo. Mi sono finalmente preso il tempo giusto per rielaborare nella mia mente tutto quello che è successo, ed ora metterlo nero su bianco e darlo in pasto ai posteri. Io e Doug Ross (citazione altamente colta), ci siamo conosciuti tramite un amico in comune. Io e questo suo amico chattavamo da tempo, e da tempo l’argomento principe riguardava sulla possibilità di incontrarci per una sana scopata. Dopo molto tempo però né io e né tanto meno lui avevamo ancora concretizzato l’incontro perché sostanzialmente non ci andava.


E non chiedetemi il perché. In una giornata particolarmente noiosa, però, mentre aprile ci regalava l’ennesimo giorno di pioggia battente, in cui io avevo sostituito la Bronstein mobile con la canoa di servizio, ecco che mi arriva la richiesta di aggiungere ai miei contatti Doug Ross. Ok, l’accetto. Un po’ scettico a dire il vero. Ma che diamine, non posso chiudere le porte. E anche il resto. Penso tra me e me. E così comincio a chattare con questo fantomatico personaggio, che non solo mi adora, ma intende approfittare spudoratamente delle mie regali terga. Nonostante però lui viva a Milano. Dettagli penso. Sempre e solo dettagli. Che adoro tralasciare, ma di fondamentale importanza, a volte.


Nel caso specifico, forse, un po’ di più, visto che vivo a Roma. Ma tant’è. Da aprile il tempo vola, e arriviamo a luglio. Abbiamo chattato tantissime volte in questi mesi. Ci siamo visti in cam. Tutto. Abbiamo intrapreso argomentazioni anche molto serie, come la voglia di trovare una relazione stabile. Convivere. Altre meno. Come il sesso. Il cyber-sex (che a me non soddisfa per niente), il dirrrty talking giusto per e chiacchiere persino su quanto ci farebbe piacere fare una scopata a tre con Fabrizio Corona. Non chiedetene il motivo. Non lo so, ma dopo che l’ho visto in Videocracy, a me Corona ha cominciato a fare sangue a manetta. Fino a che, dopo la totale delusione per il Signor Bollore, il mio msn trilla.


E trilla sesso. Da tutti i pixel. Lui esordisce baldanzoso. “Sono a Roma. Devo vederti”. Io ero a casa, solo, a convivere con il caldo soffocante di luglio e tipo 1874 zanzare che si cibavano inesorabilmente del mio corpo. “Ok”. Digito senza riflettere. “Vieni.” E batto invio, ancora più avido, e voglioso. Nell’attesa di pregustarmi Lui, arriva dopo circa venti minuti, e lo accolgo in shorts visto che ho fatto giusto in tempo a farmi una doccia. Sulla porta di casa mi perdo immediatamente nei suoi occhi azzurrissimi, e comincio a svalvolare un pochetto. Gli offro un succo all’arancia come antipasto. Ma lui decide inesorabilmente di ficcarmi la sua enorme, lunghissima lingua in bocca. Io quasi soffoco, ma mi piace.


A me mi non si dice penso. Ma sticazzi, va. Mi abbraccia, mi stringe e mi bacia benissimo. Le sue grandi braccia, cingono la mia grande vita. E si appropriano indebitamente delle mie chiappe. Io, sotto lo shorts non avevo nulla. Noto il suo ghigno godurioso, e mi si avvinghia sussurrandomi nell’orecchio “Ti voglio”. Io me ne compiaccio, e lo guardo senza proferir parola. Adoro la suspense in momenti del genere. Tanto con la mossa dell’intimo assente lo avevo già fatto mio. Mi prende, e mi alza fino ad appoggiarmi sul bancone da bar che domina la mia cucina. O sarebbe meglio dire il mio angolo cottura, che rende di più. E comincia a farmi un mega succhiotto sul collo, mentre si libera dei suoi vestiti rimanendo in slip.


Slip che sembrano quasi la sagra della salsiccia. E non fatemi spiegare perché. Decido che non devo ancora cedere, e che voglio assolutamente dell’altro petting, appassionante, deciso e soprattutto che d’ora in poi non potrò fare a meno della sua possente lingua. Insomma io non so davvero se la lingua è direttamente proporzionale alla grandezza del corpo. Ma qui stiamo parlando di un omone di un metro e novanta. Cioè se il pisello era almeno venticinque centimetri, la lingua doveva essere almeno chessò, un metro? Una roba che mi ha fatto impazzire. E poi, signori, sarò scontato, ma le mani? Vogliamo parlare di questi enormi manoni di mezzo metro che mi toccavano ovunque? Io volevo morire, lì.


Ma più che morire, era arrivato il momento di passare in camera da letto. Dove ho finalmente notato il suo enorme tatuaggio sul polpaccio sinistro. Non so che diavolo di roba cinese era. Ma con sto polpaccio muscolosissimo non potevo fare a meno di inginocchiarmi e leccarglielo. E così, in un tripudio di sensi, e voglie, e lingue e caldo devastante la mia lingua è partita proprio da lì, per salire, poco a poco e raggiungere il suo enorme, esaustivo e molto duro pene. Che stava tipo per rompere la molla dello slip. Di lì a poco, si passò ad un intervista, molto personale, ovviamente, e lunga che mi ha soddisfatto molto, e che lui ha apostrofato con le parole “Tu sei un maestro!”.


Robe che mia madre sarebbe davvero soddisfatta di me. Ma tipo dopo venti minuti, avevo voglia di vedere di nuovo all’opera la sua lingua, e così, l’ho provocato. Gli ho chiesto se la sapeva usare anche per fare altro. Ovviamente, figuratevi se glielo dovevo dire. Con le sue manone Doug mi ha preso le regali terga e le ha avvicinate a se, facendomi finalmente capire che si, esiste un cazzo di essere umano che sa fare dell’ottimo rimming. E in maniera del tutto instancabile. Per circa dieci minuti sono stato lì lì per aprire la finestra e buttarmi nel giardino di fronte a nuotare nudo nell’erba, felice. Ovviamente, l’ho lasciato continuare, fino a che mi ha avvicinato di nuovo a se per una nuova mega pomiciata.


Durata circa ottantasette minuti. In cui io ho sperato vivamente che tipo in qualche modo potessi rimanere in cinta di lui, così da incastrarlo per sempre. Ma evidentemente era impossibile. Lui, Doug Ross, ne voleva dal mio deretano. E lo voleva tutto per se. Io già avevo il terrore. Insomma quella roba lì, così enorme, così vogliosa e anche un tantinello aggressiva non la vedevo affatto entrare in armonia con il mio io di cui sopra. Per cui, eseguiti i passaggi importantissimi di inserzione del profilattico, e successiva lubrificazione di tutti gli attori posti in essere nell’atto, zac, Doug mi ha fatto capire che ne aveva di bendonde. E che ecco, se lo poteva permettere.


I successivi sei minuti e trentasette secondo sono stati i più lunghi della mia esistenza. Io oramai sembravo una gravida pronta a sputare un feto dalla bocca, sudata all’inverosimile con le doppie punte e i capelli cotonati. Indeciso se urlare e ballare Waka Waka, la Macarena e un successo a caso di Heater Parisi, mi sono riservato di pensare a qualsiasi cosa mi facesse stare meglio all’istante. Ovvero una borsa di Prada, un caffè con Victoria Beckham a Londra, l’iphone quattro, un pc nuovo. Nulla. Io stavo bene, ma avevo solo un grande fottutissimo dolore. Deciso che ne avevo abbastanza ho stoppato Doug e gli ho detto di lasciarmi respirare, visto che di lì a poco forse sarei potuto anche svenire.


Lui se ne ovviamente un pochetto risentito. Però nonostante sia un tipo abbastanza focoso, e anche molto autoritario è uscito ed ha assolutamente ascoltato la mia necessità. Per me, poteva anche bastare. Non ero venuto, ma avevo già la necessità di fumare una sigaretta. Lui dopo tre secondi di pausa in cui ha tolto il profilattico, ha ricominciato a baciarmi ovunque. Io ero in totale balia di lui, quando in me ha fatto capolino il pensiero che io, quel viso, l’ho avevo già visto. Dal fruttivendolo? Ferramenta? Veterinario? No. Ospedale. Era un medico. Poi penso. Mmmmmm. Nooooo. Ma questo è il dottore di Terapia D’Urgenza!!!! Decido che dovevo scoprirlo subito. Immediatamente.


“Scusa, devo andare un secondo in bagno, mi devo dare una rinfrescata” dico senza troppi pensieri. Manco fossi una vecchia che sta all’opera a vedere la Carmen di Puccini. Vado in bagno e con l’iphone trovo su google le foto del cast, e BINGOOOO! Eccolo il mio Doug Ross nelle foto di scena, ancora più bonerrimo di come l’ho lasciato io sotto le mie lenzuola. Soddisfatto e fiero ritorno da lui, che nel frattempo ha preso ha masturbarsi con una certa violenza. Bè di li a poco immaginate tutti come sia potuta finire. No? E devo ammettere che non è stato affatto male. Anzi. Il Doug ci sa fare e anche molto. Finito il momento sessodefuresta, io mi fumo finalmente la mia sigaretta, e lui fa lo stesso.


Decido che devo sapere di più. Doug ad ogni mia domanda dribbla e rimette al centro la palla. Rimane vago e non entra affatto in nessun dettaglio. Fino a che si scuce, e mi racconta che vive a Milano, e che fa il montatore di fiction. Destino crudele, penso. Io parto diretto, “Ma non è che fai pure qualche fiction?” mi sento domandare manco un grillo parlante di merda. Lui nega. Ma leggo agitazione nei suoi occhi. E non capisco perché. Divento più dettagliato, ma lui nega ancora. E più visibilmente agitato. Mi chiede se può usare la toilette, e in meno di dieci minuti è già fuori che fugge a gambe levate. Ci scambiamo numeri, e ci dedichiamo all’ultima pomiciata.


Io rimango sempre più convinto che sia quel dottore li. Lui nega e stranega ogni suo tipo di coinvolgimento nel mondo delle fiction. Io che ovviamente non ci credo, lo vedo rivestirsi e salutarmi di gran lena, manco dovesse andare a un meeting del fan club ufficiale di Laura Pausini. Io rimango, estasiato ma un po’ disturbato dal suo fuggi fuggi. Qualche tempo dopo (metà agosto) su msn mi comunica che vuole rivedermi. Io digito lo stesso, anche se quel mega arnese mi devasta solo a pensarci. E chi gliela fa. Rimandiamo tutto a settembre, quando io sarò tornato e lui starà per ripartire. Ma come tutti sapete, settembre è arrivato, ma io sono ancora qui, in Abruzzo. E spero vivamente che lui rimanga ancora un po’ a Roma. Perché a me, un medico a fianco, ci sta benissimo. Meglio se di fiction. No?


Ennamo, va va.

Lo scottato dalle relazioni e il coetaneo assente. Altri due esemplari.

Avete presente quando il vostro unico problema è quello di cercare di entrare nella testa delle persone per capire il perché di certe azioni che vi appaiono inspiegabili? Ebbene al momento io mi trovo assolutamente in questo stato. Lasciata Roma, lunedì scorso, sono tornato a Chieti, mia città natia, dove mi sono catapultato in una guerra innescata da un cassonetto dell’immondizia. Ebbene si. Padri di famiglia, donne in carriera e ottuagenari in prima fila per decidere il posto in cui il cassonetto di cui sopra deve stare, nella via di casa mia appena messa a nuovo. Insomma roba che scotta. E ognuno usa i mezzi che può. Uno di quei drammi che ti fanno accapponare la pelle. O le palle.


Anzi le palle te le frantumano proprio. Oopss. Comunque in questo clima di guerriglia il mio unico atteggiamento è stato di ignorare in tutti i modi i moti decisionali che si creavano attorno a questo dramma. E mi sono immediatamente ricordato di quanto ami stare a Roma, dove un problema del genere non mi sarebbe neanche minimamente giunto alle orecchie. Insomma i miei vicini di casa teatini dal primo mattino a tarda sera sono sempre in riunione con i loro congiunti per spiare e captare le mosse del nemico ed attuare la propria strategia. Roba da far saltare le extension ai capelli a Britney. Semmai ce ne fosse ancora bisogno.


E mentre ero lì mi è tornato in testa che ecco il Pisello Odoroso necessitava di un tassello mancante. A seguito del mio ultimo post, in molti sia qui che su twitter mi avete detto la vostra e consigliato sul da farsi. Però mi sono reso conto che non avevate ancora ben chiaro tutto l’affair. In molti mi avete consigliato di interessare le mie attenzioni a gente single, e più fattibile, come se io non lo facessi. Come se io in realtà passassi le giornate a invaghirmi solo di etero sposati o omosessuali impegnati. No signorine. Non è così. Però i single che bussano alla mia porto sono pieni di tic, e problematiche, che io di certo non posso risolvere. Non sono una crocerossina. Ecchecazzo.


Candidato #1 Lo scottato dalle relazioni

Lo scottato dalle relazioni è un ragazzo molto carino. Ha un bel fisico, fa due lavori, precari entrambi, ed ha poco più di trent’anni. Lui non si ferma all’involucro, affatto, non giudica le persone, vive e lascia vivere. Chattiamo da circa quattro mesi, e prima di allora era uscito un paio di volte con il mio coinquilino che di lui disse: “è carino, è molto serio, forse un po’ noioso!”. Io non volevo credergli, così quando il mio coinquilino ha ripreso il primo volo per Pescara solo andata è stato lui stesso a consigliarmi di vederlo. Insomma è pur sempre una persona seria. Ok, mi sono detto. Tanto non ho niente da perdere. Diverse le serate in cui ci abbiam dato giù di chiacchiere su msn.




Troppe per i miei gusti. Al punto che a una certa ho cominciato ad incalzare per un’uscita. Lui ovviamente oberato di lavoro com’era non è che mi ha considerato più di tanto. Anzi. Avevo come l’impressione che stesse prendendo tempo. Fino a quando, sabato scorso abbiamo avuto una conversazione rivelatrice. Lui mi ha chiesto la frequenza dei miei rapporti sessuali. Io mi sono sentito un po’ spiazzato davanti a quella domanda. Voglio dire, non mi vergogno affatto di dire che ho una vita sessuale normale. Anzi. Per me è anche poco. Ma perché uno ti deve giudicare da quanto sesso fai? Insomma io non lo farei mai. Assolutamente no.


Io sono stato al quanto diplomatico nella risposta, anche se mi ero un tantino infastidito. Gli ho detto che non avevo una condotta uniforme, insomma dipendeva da chi mi trovavo davanti. Di solito non ero intenzionato a fare sesso a tutti i costi, mi piaceva conoscere la persona, parlarci, capire che tipo avevo di fronte. Lo scottato dalle relazioni allora ha fatto una nuova domanda, ancora più precisa: “Ma tu incontri le persone a casa, oppure fuori?”. Ecco, il rinculo era dietro l’angolo. Lo sentivo arrivare. Mi stava per giudicare come la numero uno delle sgualdrine. Io ho risposto semplicemente che di solito mi incontravo a casa, per cena, un caffè o una birra, visto che ero molto pigro.




Bam. L’etichetta era arrivata. Subito lui ha chiarito che per il primo appuntamento non gradiva vederci da me, da lui non si poteva, vive con i suoi, e che anzi preferiva un giretto in centro. Abbiamo concordato l’incontro per la domenica mattina alle 11 a Piazzale Flaminio, lui sarebbe arrivato in bicicletta. Gli ho detto di si, non volevo che mi giudicasse ancora, e peggio. Ma appena ho detto di si volevo già mangiarmi i gomiti. Domenica mattina, alle 11 a Piazzale Flaminio. Insomma, cosa abbiamo 77 anni? Alle 11? E poi tu vieni in bicicletta? Io cosa devo fare? Ti devo correre dietro fino a Villa Borghese? Tesoro non sono mica una cicciona obesa. Non più, almeno.




Questa soluzione non mi ispirava affatto. Soprattutto perché io gli avevo proposto un pranzo da me, visto che ero solo e visto che il frigo era pieno di cibarie in scadenza. Insomma due buoni motivi per invitare a pranzo qualcuno, non credete? Non ero convinto, ma oramai avevo detto di si. E in qualche modo, in qualsiasi condizione domenica mattina mi sarei dovuto alzare all’alba per dare un senso al mio abbigliamento, alla mia faccia, avrei dovuto ricomporre tutto manco fossi stato Mr. Potato. O Mrs. Potato tutt’al più! Però sinceramente, io non sono Sporty Spice, e se primo appuntamento deve essere, bè, di certo non in bici. Ma tant’è.




Candidato #2 Il coetaneo assente dei Castelli

Il candidato numero due secondo me soffre di disturbi della personalità. Che sarebbe anche la persona adatta per starmi vicino. Io in fondo sono uno stalker maniaco compulsivo. Direi proprio una bella coppia. Mi ha messaggiato su romeo, e tra l’altro non aveva foto nel profilo. Odio chi non ha foto nel profilo. Tu mi vedi e io no. E mi scrivi. Gli ho chiesto immediatamente una prova fotografica. Mi sembrava giusto. Lui mi ha accontentato e mi ha anche dato il suo msn. Un ragazzo normale, non un bono, ma comunque carino. Alto quanto basta (180 cm) e con una leggera pancetta, come piace a me. Parlandoci ho scoperto che era anche molto simpatico.




Anzi sono rimasto piacevolmente stupito dalla sua verve, perché di solito sono io la buffona di turno, invece lui era molto spiritoso e acuto. Non male davvero. Lavora in una specie di call center e si occupa di nonhocapitoccheccosa. Giuro ci ho provato a capirlo. Me lo ha spiegato almeno quattro volte, e non l’ho capito, per cui non mi sembrava il caso di chiederglielo una quinta. Ci siamo sentiti per ben due settimane assiduamente, e da msn siamo passati al telefono in un balzo. Avevamo fissato una cena per sabato sera (scorso, sempre) e sempre per gli stessi motivi di cui sopra. Ho avuto sue notizie fino al pomeriggio di sabato.




Alle 16 è scomparso. Sparito. Senza una motivazione valida a mia avviso. Mi sono fatto il solito esamino di coscienza. Sarò stato affrettato? Precipitoso? Forse non lo dovevo invitare da me? Ma lui vive con i suoi. Mmmmmm. Non so. Non mi do una spiegazione. E giuro che io sono stato al quanto vago, nel senso che ho aspettato che mi cercasse sempre prima lui. Gli ho mandato tre sms, per cercare di capire di che morte dovevo morire. Ma probabilmente lui era morto davvero. Non una risposta. Non un cenno di vita. Neanche su msn. Niente di niente. Un assordante silenzio, che mi ha dato una sola certezza. Forse non dovevo incontrarlo, affatto.


A questa sua assenza sono seguite quattro mie telefonate che non hanno trovato risposta alcuna. Ho pensato che forse gli era caduto il telefono nel water. A me una volta è successo davvero. Oppure che gli si era rotto il tasto verde per la risposta. Può accadere. Andiamo a chi non è mai successo almeno una volta. Allora ho provato a cercare di capire quantomeno se era vivo, tramite altri svariati sms. Nulla. Niente di niente. E’ passata una settimana, e l’altro ieri finalmente mi ha considerato. L’ultimo mio messaggio era chiaro e semplice. Gli chiedevo se avevo fatto qualcosa di male. La sua risposta ancora più chiara. Tu non c’entri niente.



Per concludere questo ennesimo infinito post che manco un’enciclica della Signora di Roma, viene spontaneo pormi delle domande. Ho qualcosa di sbagliato? Sono davvero un cesso orrendo che non merita considerazione alcuna? Sono una povera sgualdrinella di paese trapiantata a Roma che non merita un cesso d’uomo? Cosa sono? E perché erro sempre? Quel famoso sabato poi le cose sono precipitate ancora di più. E in peggio. Mi sono fatto tre toast al prosciutto cotto per cena, che hanno innescato una reazione metabolica inaspettata. Risultato: fino alle sei del mattino a vomitare. Per cui anche l’appuntamento della domenica mattina è saltato con il candidato #1.


Insomma mi sembra chiaro che i rapporti sono difficili. Ma cosa li rende così difficili? Perché tutto è talmente complicato? Mi dico che forse questi siano esempi troppo borderline, e che forse l’impossibile attrae sempre di più, e tanto. Ma non posso neanche ritenermi l’amante del Signor Bollore. Da quella mia telefonata a temperatura meno 18 non si è fatto più vivo, neanche per un insulto, e questo dovrà pur dire qualcosa? Io poi mi sono imposto assolutamente di non scrivergli né tanto meno telefonargli. E allora? Allora la risposta è una. Ed è sempre la stessa, ovvero nessuno dei tre campioni in esami sono il +1 giusto.


Tutti questi pensieri poi, confluiscono nella mia vita qui, in Abruzzo. Tornato per una settimana a casa, mi rendo conto che anche gli amici di sempre hanno diversi problemi, nella gestione dei loro rapporti. Mi viene in mente la mia amica Mari, con un uomo gelosissimo, persino di me. E lui lo sa che ho le chiappe chiacchierate. Jules, altra amica storica, invece vive sempre la sua difficile condizione di amante a distanza, di un uomo che per quel che ne so potrebbe anche essere sposato. E Kati? Con un uomo che non la soddisfa come vorrebbe. Anche dall’altra parte del cielo le cose non vanno per il verso giusto. Allora il mio occhio critico e intuitivo come un Motorola V3 mi suggerisce che forse dipende tutto da noi.


E dal culo. Non parlo di chiappe chiacchierate ora. Ma del gran culo che ci vuole. Bisogna trovare la persona giusta, al momento giusto. E quando la si incontra non bisogna lasciarsela scappare. Altrimenti si diventa patetici. E io sono il primo. Sono patetico quando mi aspetto una chiamata del Signor Bollore, e lascio a casa il telefono con il numero Vodafone. Ovvero l’unico numero che ha. Sono patetico quando mi impongo di fare le cose per bene, con il candidato #1 scottato dal passato, o con il candidato #2 assente per definizione, o defezione. Bo. Continuo a non capire. E forse non lo capirò mai. E’ per questo allora, che Bollore va più che bene.


E sarà sicuramente sbagliato anche così. Ma tant’è. Il mio povero, piccolo e pigro neurone adesso si dedica soltanto alle vacanze. Lunedì torno a Roma, martedì me ne vado con Ga e Guy a Berlino, e appena tornerò, partirò per un weekend con Jules. Destinazione il grande nord. Lontano, freddo e poco appropriato al momento. Abbiamo deciso che andremo a cercare i nostri fantasmi, per esorcizzarli. E chiudere. Chiudere perché forse è meglio mettere un punto, e andare a capo. D’altronde a settembre tutto ricomincerà da capo. E forse, io potrei anche incontrare quel +1 speciale. O per lo meno, giusto per me. D’altronde, la speranza è l’ultima a morire. Sempre. Anzi, sempre?

E comunque, buon ferragosto. A tutti.

Roma Pride 2010





Ed eccoci giunti al RomaPride2010. Oggi infatti a partire dalle 16,30 da Piramide prenderà via il pride romano. Pride che nasce sotto il segno delle guerre tra associazioni. Pride che personalmente non mi sento mi rappresenti fino in fino. Pride che sembra più l’ennesima trovata per far entrare i soldi nelle casse dei furbetti. Il Pride di quest’anno debutterà con un bacio collettivo, e seguirà questo percorso: Piazza di Porta San Paolo, Via Piramide Cestia, Viale Aventino Piazza di Porta Capena, Via di San Gregorio Via Celio, Piazzale del Colosseo, Via dei Fori Imperiali, Piazza Venezia (angolo Piazza Madonna di Loreto).



Un percorso diverso dalle precedenti edizioni, che secondo minimizza un po’ la manifestazione. Ma vabbè, i problemi sono altri e forse molto più gravi pure. In un contesto dove le associazioni lasciano troppo spazio ai loro leader che invece che preoccuparsi di andare d’accordo per raggiungere degli obiettivi comuni si fanno terreno bruciato a vicende per obiettivi più che personali. E pensare che a Roma c’è anche l’afa. Ma l’aria dei gay è ancora più pesante a mio avviso. Una comunità mortificata completamente da uno spot ingrato, che a ben poco a che fare con il mondo gay. Anzi.



Se fossi come il ragazzo dello spot di questo Pride probabilmente oggi me ne andrei a fare shopping. Ma per i motivi di cui sopra, ed altri che non sto qui troppo a spiegarvi probabilmente, contrariamente a quanto finora dichiarato io ci sarò. Ho avuto modo nei giorni scorsi di incontrare alcuni ragazzi e ragazze del comitato organizzativo che battevano il Coming alla ricerca di consensi e ricordare l’appuntamento di oggi. Con loro mi sono espresso senza troppi giri di parole, chiedendo loro come mai, con quale faccia andavano in giro a promuovere una manifestazione in cui in pochissimi al momento si sentono di appartenere.



Loro erano preparati alle mie critiche, in molti, mi hanno detto, si sono lamentati per gli stessi motivi. Ho detto loro di quanto mi dia fastidio che non ci sia unione tra le associazioni. Ho chiesto loro di quello spot, malefico ed orrendo che hanno avuto il coraggio di approvare, e perché soprattutto, loro sono rimasti calmi, e hanno lasciato spazio alle parole. Per lo spot hanno scelto un target, l’uomo medio per l’esatezza. E quello è sembrato il miglor modo per comunicare un pride. In maniera semplice, diretta ed ironica. Mi può anche stare bene. Ma perché condirlo di stereotipi, di vuotezza e soprattutto dov’è l’ironia? A me non fa ridere affatto.



Mi hanno detto che loro sono volontari. Che non è semplice organizzare tutto, soprattutto quando ci sono pochi fondi. E poi la svolta nel loro discorso che mi sapeva troppo di “noi non c’entriamo nulla… però”. Hanno parlato di diritti, di necessità per fare qualcosa, di esprimere la nostra condizione. Di chiedere una legge contro l’omofobia adeguata alla grande ondata di violenza che ultimamente sta colpendo l’Italia, ma anche e soprattutto Roma. E forse gli ho voluto credere. Perché in fondo hanno ragione. In fondo anche io voglio queste cose. E le sento davvero come delle enormi necessità.



Diciamo che sono ancora in fase decisionale. Ed oggi, in qualche modo prenderò una decisione. Prima voglio lasciarvi con le parole di Simone, l’ultimo ragazzo in ordine cronologico, che ha subito un’aggressione, e anche un mio amico per l’esatezza: “Sabato 3 luglio – afferma in una nota Simone – sarò presente al Pride di Roma – è importante esserci per rivendicare i nostri diritti, dal matrimonio alla legge contro l’omofobia. Negli ultimi mesi si sono verificati troppi episodi di violenza: dobbiamo essere in piazza per reagire e dimostrare che non ci nascondiamo.



Al movimento e alle associazioni lesbiche, gay e trans rivolgo un appello: siate uniti, noi vi chiediamo soltanto questo. Le divisioni di queste settimane sono incomprensibili rispetto a una manifestazione che appartiene a tutti, che non ha colore politico e che serve a dire no alla discriminazione. Chi crede in questi valori deve essere al Pride. Per questo – aggiunge Simone – mi unisco all’appello di Vladimir Luxuria, chiedendo alle associazioni di pensare al bene della comunità lavorando per far sì che il Pride sia un momento di unità e lasciando le discussioni ad altri momenti”. (tratto da RomaPride2010).



Tutta roba che trovo alquanto giusta. Ripeto sono più si che no, ma mi riservo il diritto di decidere entro le 15,00. Il “nostro” sindaco Alemanno non ci sarà. Come noto lui non approva i matrimoni omosessuale, per cui resterà a casa. Oh, ovviamente, una buona cosa visto che ce lo siamo tolti dalle balle. Considerando che inizia con un mega bacio e matrimoni celebrati proprio al via della sfilata. Insomma tanta roba al fuoco. Adesso il quadro forse vi è più chiaro. Avete chiaro la situazione odierna e quello che ci attende. Fatemi sapere cosa farete, voi leggetemi su twitter, così se fa prima.



E qualsiasi sia il vostro credo politico, la vostra voglia di andare o meno, la necessità di gettare le basi per un futuro, buon pride. Buon Pride a tutti voi. E siate felici. In fondo siamo gay, mica delle sfigate orrende? NO?







Per tutte le info il sito ufficiale di Roma Pride 2010